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Tetris Effect: We are all connected in this…

Tetris Effect: We are all connected in this…

Secondo esperimenti di laboratorio condotti nel 2000 su pazienti affetti da deficit nella memoria dichiarativa, dopo un’intensa sessione di gioco con Tetris, l’immagine mentale dei pezzi che cadono rimane impressa anche se i soggetti non ricordano di avere mai giocato. Il fenomeno è chiamato “effetto Tetris”. Un po’ come quando si osserva un oggetto incandescente: se si chiudono gli occhi, si continua a vedere l’immagine residua; nel caso dell’effetto Tetris, però, il fenomeno è molto più intenso. Dopo un’esposizione prolungata al gioco, si è infatti portati a ragionare involontariamente sui modi di impilare gli oggetti anche nel mondo reale, come se l’effetto Tetris coinvolgesse un tipo di memoria distinto da quello dichiarativo, analogo piuttosto a quello della memoria procedurale. Il consiglio? Mai giocare a Tetris prima di andare a letto.

La capacità di alterare gli stati mentali tramite il gioco (passando dall’euforia alla frustrazione, dal senso di trionfo alla delusione e viceversa) è la caratteristica che Nicole Lazzaro, nel modello 4Keys2fun, associa al Serious Fun. Nel suo approccio motivazionale al gioco, chi sceglie questo come fattore di divertimento lo fa per passare da uno stato mentale all’altro. Non è necessariamente interessato alla sfida (Hard Fun), all’esplorazione (Easy Fun) o alla competizione (People Fun) ma il gioco diventa quasi una forma di meditazione, in cui ci si focalizza sulle meccaniche per il piacere di riuscire a eseguirle, piuttosto che nell’eseguirle per conseguire uno specifico obiettivo di gioco. Questo concetto si sovrappone con quello di “flow”, il fenomeno che caratterizza le esperienze ottimali indagato da Mihaly Csíkszentmihályi negli anni Ottanta e oggi considerato uno dei pilastri dei game studies.

Tutto questo pippone per arrivare a dire cosa, di preciso?

Che Tetris Effect, l’ultimo lavoro di Tetsuya Mizuguchi (Rez, Lumines), è più di un gioco. È terapia.

Ormai è risaputo come l’idea di combinare la propria ricerca stilistica con Tetris, frullasse nella testa di Mizuguchi già da tempo, dando vita proprio a Lumines (non potendo ai tempi accedere alla licenza). Finalmente quell’ossessione si è materializzata, e per di più su una piattaforma che ne amplifica a dismisura l’effetto, PlayStation VR. E scindere questa esperienza ludica dal progetto Morpheus è come prendere una Maserati e girarla a GPL: si può fare, ma ci si perde il motivo esatto per cui la cosa esiste.

Di base, questo è il Tetris che conosciamo tutti da più di trent’anni. Il numero di pezzi è lo stesso, così come le dimensioni della griglia. E, anche in realtà virtuale, suddetta griglia rimane ancorata al centro dello schermo. Tetris è Tetris: nel suo piccolo (anche se piccolo è relativo) ha la stessa perfezione del gioco degli scacchi, o di Risiko, o del calcio. Quello che fa la differenza è l’Effect, ovvero tutto quello che hanno aggiunto Mizuguchi & Co. Mentre si gioca, gli effetti visivi e sonori avvolgono l’utente trasportandolo in una dimensione onirica, mentre il tatto viene sollecitato da ogni singola operazione. Accendete un bastoncino di incenso e succhiate una caramella e questa diventa l’esperienza ludica sensoriale più ricca e intensa di sempre. Mentre si eliminano le righe dallo schermo, il sistema di feedback incalza il giocatore: è un’esperienza che non si può spiegare, per comprenderla appieno va per forza vissuta.

Protagonista assoluta è la musica, che non si limita a commentare la nostra performance ma diventa la performance stessa, come in Rez. Ogni singolo livello, infatti, è un brano musicale che si compone mentre ordiniamo i blocchi che cadono dall’alto e la loro velocità si adatta proprio ai cambi di tempo della colonna sonora. Questa si dipana tra i 27 livelli della modalità Journey, dando vita a un concept album visivo e tattile, un Viaggio dell’Eroe musicale, un Pierino e il Lupo (Prokofiev) dell’era digitale.

Quello per cui si paga non è Tetris, quindi, ma un’esperienza musicale completamente nuova, che fonde ascolto, visione ed esecuzione e che usa Tetris come strumento. E per goderne, occorre esservi completamente immersi.

Quindi poco importa se manca una versione a due giocatori, perché in Tetris Effect non si gioca per competere, si gioca per accedere a una nuova dimensione interna, per annullare se stessi come creature consapevoli e abbandonarsi al piacere (semplice e stimolante) di cancellare righe dallo schermo, lasciando un’ombra persistente nelle nostre immagini mentali che continua a pulsare a tempo di musica. Un antistress con pochi eguali fuori dal campo della chimica.

E la nuova meccanica "Zone", in cui i giocatori possono rallentare il tempo per impilare i tetramini con maggiore calma, cancellando le righe dal fondo dello schermo una volta terminato l’effetto, va proprio in questa direzione: coccolare il giocatore e metterlo a proprio agio piuttosto che incalzarlo per farlo desistere (anche se alcuni livelli possono sembrare davvero ostici).

Quindi sì: Tetris Effect è un capolavoro; è un titolo imprescindibile se si ha PSVR ed è ben più di un gioco. È una cosa che vi farà sentire meglio. Da subito.

Lasciatevi guarire dall’effetto Tetris.

Ho giocato a Tetris Effect su PlayStation VR grazie a un codice per il download ricevuto dallo sviluppatore. Il gioco è disponibile solo tramite download su PlayStation 4.

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