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Miraggio transoceanico estivo

Miraggio transoceanico estivo

In questi giorni si sta svolgendo la Game Developers Conference 2021, quella vera, non quella specie di anteprima che c'è stata mesi fa e non quella cosa inevitabilmente un po' arrangiata che si è vista l'anno scorso, quando la pandemia ha messo i bastoni fra le ruote di tutto ciò che poteva esserci di programmato, dal weekend fuori porta all'evento cinematografico a, boh, restare in vita. No, questa volta è un evento preparato coi tempi giusti e organizzato per essere davvero, per la prima volta, una Game Developers Conference interamente online, con una valanga di talk, tavole rotonde e via dicendo, con svariati contesti per gli showcase e con diverse opportunità di collegamento fra persone e aziende. E, da quel che sto vedendo, mi sembra organizzata piuttosto bene. Ad accompagnarne l'avvio, è giunto anche il comunicato stampa in cui viene annunciato che l'anno prossimo tornerà l'edizione "fisica" della fiera, come sempre a marzo e a San Francisco. E mi sono trovato a ripensare alle cose di cui avevo già scritto un paio di mesi fa.

Che cosa conserverà, la GDC, di quanto fatto in questi due anni? Perché sì, certo, è importante che la Game Developers Conference continui ad esistere come punto di riferimento "in presenza", per tutto quello che un'organizzazione di quel tipo si porta dietro in termini di contatti, di networking, di presentazione di giochi e prodotti, di toccare, osservare, parlare in una maniera che la videoconferenza e gli altri strumenti online un po' compensano ma certo non possono (ancora?) sostituire fino in fondo. Senza contare che, immagino, la GDC porta tutta una serie di introiti e di "movimento" alla città di San Francisco a cui è difficile rinunciare a cuor leggero. Di contro, però, spero che si colga l'opportunità per conservare e anzi rilanciare la presenza online dell'evento, sfruttandola come seconda natura. Perché la GDC è e deve essere un qualcosa dalla portata internazionale, mondiale, ma allo stesso tempo non si può negare che, nel suo formato "tradizionale", sia in larga misura un evento locale, per svariati motivi, a cominciare dai costi. Cosa che poi è alla base del motivo per cui un Rami Ismail ha deciso di organizzare GameDev.World.

I pass di accesso per l'edizione di quest'anno, interamente online, costano 349, 899, 999 e 1.499 dollari, a seconda del livello di accesso che vuoi "sbloccare". E già questa è una barriera d'ingresso mica male, soprattutto se non sei un dipendente di un grosso publisher in spedizione spesata ma un indipendente che deve gestire da solo. Se a questi prezzi aggiungiamo una settimana di permanenza in una città molto costosa e il biglietto aereo per chi arriva da lontano, diventa veramente difficile. E questo senza contare altre possibili complicazioni, tipo quelle di chi ha la sfortuna di una nazionalità che costringe a procurarsi un visto per l'ingresso negli USA, pratica dal buon fine non necessariamente scontato. Questo genere di ostacoli, che venne così ben raccontato proprio alla GDC qualche anno fa, taglia fuori dall'evento una quantità enorme di persone, che invece alla GDC dovrebbe partecipare eccome, perché il pianeta intero dovrebbe avere accesso alle molteplici opportunità e ai tanti spunti che nascono in quel luogo e in quel momento, ma anche perché la GDC stessa ha moltissimo da guadagnarci, con una maggiore apertura territoriale. E se magari per molta gente anche solo il biglietto è inaccessibile, la quantità di persone che potrebbe e vorrebbe permetterselo ma si ferma all'ostacolo della trasferta e delle sue problematiche, non solo economiche, è, penso, gigantesca. Immagino che l'edizione di quest'anno darà all'organizzazione il polso di quanto questo possa essere vero e detterà almeno in parte le decisioni da prendere per ilfuturo, seppur nel timore (comprensibile ma secondo me non poi così centrato) che una forte presenza online possa abbattere i numeri di presenza "fisica". Perché, certo, se devi far quadrare i conti, quasi quasi tagli il viaggio e ti accontenti, ma se te la puoi permettere, quella settimana a San Francisco, secondo me te la fai. Io, di certo, proverò a tornare a farmela. Ma sempre io, se in futuro non dovessi potere e potessi accontentarmi di seguire l'evento online, sarei felicissimo.

Ah, a proposito: la seguirò, la seguiremo. Anche quest'anno vi racconteremo la GDC e ve la racconteremo coi nostri tempi, che è un giro di parole per dire che registreremo un podcast sul tema ma arriverà non prima della fine di agosto. Stiamo infatti entrando ufficialmente in pausa estiva. Lunedì abbiamo pubblicato l'ultimo podcast, non se ne vedranno più per almeno un mese e adesso iniziamo a rilassarci un po' anche con gli articoli. Continueranno ad arrivarne, eh, fra l'appuntamento fisso con Old!, qualche Racconto dall'ospizio a celebrare anniversari e altre cose estemporanee che potrebbero spuntare, ma diciamo che da adesso a settembre, e in particolare durante il mese di agosto, potrebbe capitare molto spesso di aprire Outcast e non trovare alcun contenuto "di giornata". Rilassiamoci un po' tutti, tiriamo il fiato a distanza di sicurezza anche se vaccinati e confidiamo che da settembre si riparta di slancio. Nel mentre, saluto con affetto un'annata outcastara a cui ho voluto bene, durante la quale abbiamo cambiato un sacco di cose, ristrutturando in maniera abbastanza netta l'assetto dei nostri podcast, snellendo e riorganizzando in vari modi come gestiamo quel che viene pubblicato sul sito, trovando – credo – una formula soddisfacente per ritmi, tipologia e quantità di uscite, lanciando novità – penso – riuscitissime come Retroutcast. Potrei chiacchierare a lungo di come queste cose abbiano o non abbiano funzionato e delle piccole soddisfazioni che mi hanno dato, ma ho scritto abbastanza, quindi boh, magari ne riparliamo a settembre. Per ora stacco e vi auguro una buona estate.

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