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Hard West è il racconto della mia frontiera

Hard West è il racconto della mia frontiera

Il mio rapporto con il western, in generale, non è mai stato facile. Non sono mai stato un fan di cowboy e indiani, nonostante diverse foto della mia infanzia potrebbero testimoniare il contrario (ma immagino che, a pochi anni di vita, il travestimento di Carnevale fosse scelto dai miei genitori) e conservi un bellissimo ricordo del Chicco Rodeo, il cavallo a dondolo più figo del mondo. Ecco, diciamo che l’immagine di me in groppa al bianco destriero di plastica, con tanto di rivoltella rossa e dorata nella fondina, è il picco della mia passione per il western fino al liceo, nonché un’immagine di cui penso mio padre possa andare ancora fiero, perché a casa mia la frontiera ce l’ha portata lui, o meglio, ci ha provato in tutti i modi. I fumetti di Tex, le raccolte di Skorpio, settordicimila cassette di genere, i lunghi sabato pomeriggio di Rete 4, ma niente, non ha mai attecchito, forse anche per mancanza di strumenti per analizzare qualcosa che, di base, mi attirava molto meno del calcio e della F1, passioni che invece condividiamo da sempre. Il primo richiamo dalla frontiera l’ho sentito però grazie a un videogioco, ovviamente stra-giocato da mio padre, quel Desperados che portava nel Far West le meccaniche tattiche (che poi, a conti fatti, erano quasi dei puzzle) di Commandos. Un amore fugace, che mi ha fatto apprezzare per la prima volta i colori e i suoni del West.

Il secondo momento, che poi mi ha condotto felicemente a vivere una tregua con il genere (e che mi ha permesso di amare Red Dead Redemption, a conti fatti) è stato quando all’università ho finalmente studiato il genere per l’esame di storia del cinema, appropriandomi di una serie di nozioni che, pur evidenti, non avevo mai collegato a quel tipo di racconto. Per esempio, da dove arriva lo schema di inquadrature dei rigori del calcio, se non da quello dei duelli dei film western? (Tipo, pensate al primo piano di Totti contro l’Australia ai mondiali 2006 prima dell’esecuzione). Detto ciò, a conti fatti, ho capito che della frontiera mi piace l’idea, mi piacciono i temi e mi piace anche l’estetica, ma molto spesso non le storie. So che di questo voi ve ne fregate il giusto, però, questi 2K di testo mi servono per dirvi che a far sbocciare definitivamente l’amore per il selvaggio West, ancor prima di Westworld, nel 2015, fu CreativeForge Games con Hard West.

Il gioco d’esordio dello studio polacco, che magari conoscete per il recente Phantom Doctrine (che da Hard West recupera un po’ di cosine) è artigianale, corto di budget e tendenzialmente non essenziale se avete XCOM 2 in libreria, eppure, il suo essere cucito a mano su un’idea tutta sua di West lo rende un piccolo gioiellino. Se, infatti, concettualmente è un weird west à la Deadlands, c’è in realtà quasi uno sguardo cthulhiano nel modo di raccontare la frontiera. Restano i temi, i cliché e lo stile da racconto da saloon, ma il vibe è completamente diverso, e, sarà che viene sempre dalla Polonia, mi ha ricordato il modo cinico e macabro con cui Sapkowski prima e CD Projekt Red poi hanno rivisitato alcuni stilemi tipici dell’immaginario classico in The Witcher. Tra l’altro, con le avventure ludiche dello strigo, Hard West condivide il compositore, il bravissimo e impronunciabilissimo Marcin Przybyłowicz, per cui sì, c’è una certa aria di famiglia.

Se, insomma, l’ambientazione è di quelle che ti prendono subito bene, il gameplay recupera allo stesso modo elementi già visti altrove, creando uno strano ibrido tra i vari tattici alla XCOM o Jagged Alliance e titoli molto diversi come Convoy o The Banner Saga. Sia chiaro, il fulcro del gioco restano le battaglie, ma il modo in cui avanza la narrazione ricorda chiaramente la ricercatezza dell’ultima generazione di titoli indipendenti. Le tre campagne (due di base, più quella bonus del DLC) sono composte da capitoli diversi e compongono un grande scacchiere fatto di storielle della buona notte, con tanto di morale apocalittica, raccontate dalla Morte in persona. D’altronde, il destino beffardo e la fortuna sono i due cardini delle vicende, piene di malintesi, colpi di scena e uno strato di malinconica disillusione. Man mano che si va avanti, alcune scelte impattano sullo sviluppo dei personaggi, sulle loro abilità e sugli incastri narrativi, determinando, al solito, più che le vicende in sé, l’ottica tramite cui vengono percepite, oltre che uno dei finali disponibili. 

All’atto pratico, il gameplay di Hard West è diviso in due fasi: alla prima è affidata la grande narrazione e si svolge su una plancia in stile boardgame. In questi momenti, il gioco si veste un po’ da light RPG, con vicende e missioni da completare attraverso una serie di scelte multiple nei vari luoghi della mappa mentre siamo impegnati nella gestione delle risorse e di alcuni elementi peculiari che variano di capitolo in capitolo. Può capitare di dover sfruttare le miniere per accumulare oro, darsi al commercio puro oppure alla scienza, con la ricerca di progetti di diverso tipo. Insomma, ogni capitolo fa storia a sé, ma il tutto serve sempre a prepararsi agli scontri armati, che rappresentano il vero cuore di Hard West. Sul campo di battaglia, il gioco polacco funziona in maniera molto simile al già citato XCOM, con un sistema a turni che basa tutto sulle statistiche dei personaggi, delle armi e la gestione di due punti azione per ogni membro della nostra “posse”. Ogni battaglia si svolge in scenari ben precisi, tutti curati minuziosamente dal punto di vista del design ma, per evidenti ragioni di ristrettezze di budget, non estremamente vari riguardo architetture ed elementi di interazione, che si limitano a coperture naturali, oggetti da trasformare in ripari ed elementi da sfruttare per il ricochet, ovvero lo sparo con sponda.

Nonostante la linearità di scenari e gameplay, il sistema di gioco funziona a meraviglia e i combattimenti sono divertenti, a volte complicati, eppure sempre godibili, mentre a brillare in maniera scintillante è il sistema di abilità dei personaggi, gestibile attraverso un set di carte da poker, da combinare secondo le regole del gioco per ottenere bonus. Come dicevo, però, c’è un’altra meccanica che mette in simbiosi lo stile narrativo e il gameplay, e si tratta della fortuna: ogni volta che l’avversario ci manca, infatti, il nostro livello di fortuna scende, mentre, al contrario, nel caso in cui venissimo feriti, il nostro credito con la sorte aumenta proporzionalmente. Lo scarto tra i due valori si trasforma in un tesoretto da utilizzare per attivare abilità speciali e, di fatto, rappresenta un elemento da tenere sempre in considerazione nel corso dei capitoli.

Il vero problema di Hard West, a conti fatti, è soltanto dovuto al budget limitato con cui è stato sviluppato. La sua natura estremamente artigianale, fatta di variazioni studiate appositamente per singolo capitolo ed elementi che provano ad essere unici, di fatto, costituisce il suo merito più grande ma anche il suo principale difetto. Mi riferisco soprattutto all’ambizione con cui sono proposte alcune idee brillanti in termini di design, a cui non corrisponde sempre il funzionamento sperato, soprattutto per ciò che concerne la progressione dei personaggi (che si resetta incomprensibilmente di capitolo in capitolo, anche quando controlliamo parte della stessa posse) e l’impalcatura light RPG, a volte un po’ confusa. È vero che le varie patch uscite nel corso del primo anno, fino all’espansione (ottima), hanno sistemato un po’ di cose, ma è altresì evidente che Hard West si tratta di un titolo d’esordio un po’ acerbo, dove cuore, ambizione e volontà sovrastano una tecnica da affinare. Paradossalmente ci sono troppe idee, per un gioco che in 10/12 ore racconta abbondantemente tutto quello che deve dire, ma è proprio la sua originale imperfezione a renderlo unico ed estremamente piacevole da completare. E poi, con la sua atmosfera che sembra nata da uno strano incontro alcolico tra John Ford e Robert Wiene, ha avuto il merito di farmi sentire finalmente a casa nel vecchio West, o almeno in una sua versione sbilenca, strana, indimenticabile.

Questo articolo fa parte della Cover Story più veloce del West, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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