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Racconti dall'ospizio #208: Cool Boarders 2 è Ridge Racer sulla neve

Racconti dall'ospizio #208: Cool Boarders 2 è Ridge Racer sulla neve

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Tra i tanti motivi per cui la cara vecchia PlayStation resta un feticcio importante per la mia adolescenza, c’è sicuramente quello di avermi fatto scoprire un mondo che fino alla fine degli anni Novanta era per me qualcosa di meramente folkloristico: quello degli sport “estremi”. Sin da piccolo, ho sempre avuto un problema di seria dipendenza dallo sport (guardato, praticato, immaginato), dove per sport intendo anche essere in casa a cavalcioni di uno sgabello, un casco giocattolo in testa, a inventarmi cronache della Superbike di Mackenzie alla conquista del cavatappi di Laguna Seca. Insomma, non ho mai disdegnato qualsiasi tipo di evento sportivo e, in questo, i videogiochi hanno sempre allargato i miei orizzonti, mostrandomi discipline che esulavano dal palinsesto televisivo italiano di quegli anni. Se, dunque, a febbraio dell’anno scorso, ho praticamente rinunciato a dormire per settimane, pur di seguire le imprese di Michela Moioli e Shaun White a Pyeongchang (e pure il curling, ma quella è un’altra storia, anche se sempre legata ai videogiochi), in gran parte è colpa della PlayStation.

Interludio

Durante la vacanze estive del 1996, causa febbrone brutto, i miei genitori e mia sorella convincono l’allora ragazzo di lei a prestarmi la PlayStation per “consolarmi”. Grave errore, visto che impazzisco completamente e li costringerò a comprare quella stessa console qualche mese dopo, ma la parte più curiosa del processo che ha fatto esplodere il mio cervello non è tanto l’ovvio amore per WipeOut o Tekken 2, quanto il fatto che passo tanto, troppo tempo a giocare alla demo di ESPN Extreme Games contenuta nel disco Demo1. Folgorato sulla via di Damasco, o forse dovrei dire sulle strade polverose della California, inizio ad essere affascinato da qualsiasi cosa riguardante pattini, skateboard, slittini da strada e quelle robe lì, e la scoperta dello snowboard è un po’ il passo successivo. Fatta sta che io, a undici anni, la neve manco so cosa sia, e quindi diciamo che mi accontento di giocarci con la PlayStation.

Fast Forward

È l’inverno del 1998 e a Nagano arriva, finalmente, lo snowboard alle Olimpiadi. Febbraio, dunque, diventa il mese in cui anche l’Europa scopre universalmente la bellezza dello snowboard, godendosi pure la vittoria di nove medaglie su dodici disponibili nella disciplina (l’argento del nostro Thomas Prugger sarà sempre nel nostro cuore), sradicando dall’immaginario americano l’idea di schiantarsi a tutta velocità su una tavola in un half-pipe o tra le porte di un gigante. La vendetta nordamericana arriverà poi ma, nel mentre, siamo un po’ tutti pervasi dalla novità di questo universo colorato e rock, che porta una nuova e scanzonata atmosfera nel villaggio olimpico. Non ho nessuna controprova, ma immagino sia per questo motivo che Sony decide di pubblicare Cool Boarders 2 nel vecchio continente proprio a febbraio, qualche mese dopo le versioni NTSC, contando anche sul fatto che il Track & Field invernale brandizzato coi cinque cerchi di Namco non sia esattamente un capolavoro (eppure, io lo ho amato moltissimo). Sbagliata o giusta che sia la mia intuizione, io sono lì al day one a comprare la mia copia del titolo di UEP Systems e sono pronto a lanciarmi a tutta velocità alla ricerca di trick da chiudere.

Cool Boarders 2 resta, ancora oggi, uno fra i titoli di snowboard migliori di sempre, non tanto per realizzazione in sé quanto per concetto. È ovvio che accanto a classici del genere di tutti i tempi, come 1080° Snowboarding e Amped (sì, SSX non l’ho messo di proposito /flame), oppure a titoli attuali come Infinite Air o anche lo stesso Steep, sembri arrivare da una galassia estremamente arretrata, eppure giocandoci ancora adesso si colgono delle intuizioni brillanti, al limite del geniale. Fra tutte, quella di unire in maniera indissolubile la ricerca del trick e della velocità senza l’ausilio di barre speciali o cose iper spettacolari, ma semplicemente stabilendo delle meccaniche di necessità reciproca. Per dire, se nella campagna ogni evento è composto da un tandem di Big Air + Downhill, in cui la prima funge da qualifica (fondamentale per avere chance di vittoria) alla seconda, nel fantasmagorico multiplayer in split-screen, c’è una modalità in cui il vincitore è decretato in base a un punteggio che tiene conto del tempo di discese e dei trick chiusi. La necessità di essere veloci e dominare un sistema di evoluzioni leggermente ostico rende sensata la presenza di tre tipologie di tavola (All-Around, Freestyle e Alpine) e di personaggi con statistiche diverse. Il quadro di Cool Boarders 2 è quindi quello del classico luogo comune easy to learn, hard to master, in cui la curva di difficoltà è ben supportata da un sistema sorprendentemente ricco e profondo e da un course design vario e mai banale. I nove stage della campagna sono abbastanza impegnativi da garantire una sfida per un bel po’ (soprattutto lo gara dello stage 9), e per i più indomiti c’è anche l’half-pipe, reso ancora più complesso dal sistema di evoluzioni non immediatissimo. È chiaro, però, che il multiplayer locale resta su un altro livello di bellezza.

L’unicità di Cool Boarders 2 è anche dovuta alla sua natura nipponica, perché l’approccio di UEP Systems non mira tanto a riprodurre lo stile e il mondo dei rider veri, quanto più a restituire la velocità e la rapidità dell’azione. Ha lo stesso feeling di Ridge Racer, si gioca come un racing game e i personaggi, più che dal cancelletto di partenza di un evento FIS, sembrano arrivare da un picchiaduro. Anche il sistema di trick, ancorato a combo anti-intuitive, ha il suo fascino, e per quanto si scontri con una fisica non perfetta, incapace di permettere al giocatore di controllare la rotazione in maniera fluida e precisa, ha un approccio razionale. Associare i dorsali alle tipologie di grab & twist ha molto senso, soprattutto in un’epoca dai controlli esclusivamente digitali. Anche in questo caso, la sensazione è quella di imparare le mosse, non di simulare l’azione degli atleti, e va bene così, soprattutto per un pubblico che ne sa sicuramente più di picchiaduro che di tail grab. Cool Boarders 2 è un racing arcade ispirato allo snowboard, nel quale ci si lancia a velocità folli in gare che a tratti sembrano uscite da un Mario Kart a caso, ma dove gli elementi distintivi della disciplina a cui si ispira sono sfruttati per dare ricchezza all’esperienza: la presenza di nevi di consistenza diversa implica sezioni di guida molto impegnative e, in generale, diventa impossibile vincere senza avere piena padronanza della situazione. Adrenalinico, divertente ed equilibrato, il gioco pubblicato da Sony (poi acquisito con il marchio storico 989 Studios e affidato agli americani Idol Minds, che gli daranno una svolta più “sportiva”) apre nel migliore dei modi le porte dello snowboard al pubblico di massa, regalando una stagione invernale divertente come mai lo era stata in precedenza.

Cool Boarders 2 e la battaglia persa contro la corretta tipografia. Problema abbastanza comune a tutte le UI dell’epoca.

A casa mia, si inserisce nella routine di gioco postprandiale di fine millennio, che vede me e mia sorella impegnati in sfide all’ultimo trick, e si piazza per gradimento accanto a Tekken e Crash Team Racing. Non mi sorprende, perché paradossalmente si tratta della miglior unione possibile di quei mondi, di quell’approccio e quel tipo di intrattenimento. Anche ripreso in mano adesso, nonostante un’interfaccia obsoleta, quasi oscena, fatta di tipica estetica confusa anni Novanta, e una grafica poligonale squadrata e invecchiata malissimo, conserva una velocità e un ritmo invidiabili, nonché lo stesso sincero appeal, un po’ grezzo ma efficace. Oltre alla versione su PlayStation Classic, potete comprarlo a pochi spicci (4,99 €) sullo store di Sony e giocarci su PlayStation 3, PlayStation Vita e PSP. Se potete, però, recuperate la versione americana, perché ha una colonna sonora decisamente migliore, fatta di rock e punk, invece della generica house e hip-hop di quella europea.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a PlayStation Classic e alla prima PlayStation, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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