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Tie-in vincenti: Batman Arkham

Tie-in vincenti: Batman Arkham

Il quadro dei tie-in che hanno formato la mia cultura videoludica non è mai stato di primissimo piano. Per quanto storicamente ci fossero titoli con personaggi su licenza veramente ottimi, mi sono sempre “impegnato” a scansarli durante quella lunga e travagliata storia che è il mio rapporto con i videogame (solo in tempi relativamente recenti - oddio, ormai sedici anni fa - redento).

Quindi, possiamo dire che l’epoca d’oro dei tie-in io me la sono persa, o per lo meno, ho saputo che c’è stata solo quando era alle spalle. Un rammarico relativo, dato che titoli di qualità non hanno mai mancato di passarmi per le mani, ma quella vincente corrispondenza tra avere un personaggio “generico” che fa quella roba e “impersonare noto personaggio e relativa riproduzione ludica del suo agire” (che magari è la stessa roba ma comunque) ne passa un bel po’.

Non dimenticarti degli amici!!

Non che non ci avessero provato a portare su console relativamente moderne il fatal flow dei personaggi a fumetti, che anche prima dell’avvento del MCU potevano contare su una devota base di acquirenti, se non tra gli stessi ragazzini almeno i loro parenti che sfruttano la passeggera mania del momento per non ricadere nell’imbarazzo di non sapere cosa regalare a Natale. “A mio nipote piace l’uomo ragno”: giochi più utili a piazzare assist ai commessi dei negozi di videogiochi che altro.

Batman: Arkham Asylum arriva in un momento di relativa quiete cinematografica per l’uomo pipistrello. Nessun film troppo addosso a dettarne l’estetica e le tematiche significava avere una relativa libertà di movimento (e su questo concetto torneremo dopo), anche solo nel non modellare sulla figura malinconica di Christian Bale l’avatar del giocatore e riportare quindi Batman a una dimensione ideale, quasi iperuranica: non il Batman di un film o di uno specifico arco, non un momento preso di netto dalla sua carriera, un Batman che si muove come si muoverebbe il Batman di una delle tante serie limitate la cui qualità media molto alta ancora oggi caratterizza la produzione della DC Comics e che, per certi versi, me la fa preferire alla sua eterna concorrente.

IL Batman (cit.)

Il Batman di Arkham Asylum faceva quello che gli pareva e anzi, con il suo successo contribuì a creare una linea per un universo alternativa nel già affollato multiverso della DC. Filologicamente parlando ha un grande debito nei confronti della serie animata di inizio anni ’90 perché vede coinvolto come ideatore Paul Dini, che insieme a Bruce Timm ha contribuito a crearla. La scelta di far doppiare ai personaggi le voci storiche della serie animata ha fatto il resto.

Pur con questi elementi di strettissima congiunzione, serie animata e videogioco camminano parallelamente e perciò non si può definire la serie Arkham un tie-in della serie animata (se non altro per l’estetica discordante) quanto più che altro un tie-in dell’idea stessa di Batman che quella serie ha contribuito a creare forse molto più dei fumetti a lei coevi (nello stesso periodo in cui TAS usciva, Batman stava affrontando uno dei suoi periodi peggiori con Knightfall, per dire).

Anni ‘90, anni in cui dell’anatomia ci fregava il giusto.

Ma al di là del contenuto intellettuale, la serie Arkham rappresenta una delle più furbe messe in pratica del concetto alla base dei metroidvania; il manicomio di Arkham dove è ambientato il primo gioco non brilla per estensione: è un’isola con tre o quattro edifici riprodotti minuziosamente e, probabilmente, barando con i rapporti tra dimensioni interne ed esterne, ma a vincere sopra la coerenza è la densità del level design, che a seconda dei gadget a disposizione di Batman apre delle nuove strade senza lasciare spazi vuoti: un corridoio non è solo una transizione tra un’arena e un’altra, ma può nascondere un collezionabile mai come semplice vezzo completistico, ma motivato da un enigma dell’Enigmista; un riferimento ad un villain della gallery di nemici di Batman (sempre contestualizzato nell’ambiente e mai piazzato al di sopra di esso perché spicchi come una bandierina), o una serie di nastri con le sedute di terapia di altri personaggi legati al livello che si sta affrontando o le memorie del fondatore dell’istituto stesso. Insomma, camminare nel manicomio era comunque un’esperienza interessante, mai una distanza da colmare, anche un po’ a causa dell’andatura di base scelta per l’uomo pipistrello che misura e proporziona lo spazio di gioco.

Arkham Asylum fu una rivoluzione ma ancora più danni fece il suo sequel, Arkham City.

Alla base c’è la stessa struttura metroidvania con la progressiva esplorazione delle aree di gioco in funzione dei gadget, ma applicata su una porzione di Gotham trasformata da Hugo Strange in una specie di getto cintato di mura dove i villain sono liberi di fare il bello e il cattivo tempo lontano dalla società civile. Una città nella città.

Uno può dire che arrivando da Arkham Asylum l’effetto wow si fosse esaurito eppure Arkham City per me fu fulminante, anche grazie ad uno spiccato gusto per l’esagerazione che usciva dalla relativa misura chiusa del manicomio per invadere spazi più ampi, sia dal punto di vista geografico che narrativo. Smarginava: non si limitava a far recitare personaggi in maniera coerente, ma riscriveva e tracciava una linea unica e propria per le avventure del cavaliere oscuro con svolte di trama anche importanti riguardo cosa fosse o non fosse legittimo mettere in scena, violando anche la regola principale dell’immortalità dei principali interpreti della storia.

Fu molto bello e col senno di poi è diventato non solo il mio Batman: Arkham preferito ma, legittimamente, rientra nella mia “top 5” legata a Xbox 360.

A farla da padrona chiaramente c’era Gotham, o meglio una porzione di Gotham ricostruita con coerenza ludica, pensata tenendo a mente cosa deve succedere al suo interno, una scelta che - anche pensandoci adesso - non è così scontanta, considerando che la tendenza per i giochi con protagonisti supereroi e potenziati di varia natura sono open world di stampo “sandbox” con una struttura aperta fondamentalmente vuota, e non parlo nemmeno dell’open world turistico che ha consolidato la posizione di Assassin’s Creed ai vertici della categoria, ma del sostanziale svuotamento di significato dello spazio ludico che in principio era Infamous, il playground dove i “poteri” sono messi al centro, e che adesso vede nello Spider-Man di Insomniac il suo principale esponente.

I cantieri di Kingpin, signora mia: ore ed ore passate a svuotare i cantieri di Kingpin…

Spider-man di Insomniac, ma che comunque prende di peso il combat system della serie Arkham, in originale, un delicato equilibrio di tempismo nel pigiare un bottone, schivare e contrattaccare, per trapiantarlo sull’arrampicamuri, con tanto di arsenale di gadget, forse l’elemento più spurio di tutti il pacchetto.

La Gotham di Arkham City non è uno spazio vuoto pieno di elementi scatolari, non la percorri velocemente volando, la planata è rigidamente controllata, nonostante una serie di trucchi ti permettano di accelerarla all’occorrenza.

Non uno spazio vuoto pieno di palazzi, ma scenari concatenati costruiti intorno a degli eventi di gioco. Dove prima c’erano i corridoi con gli enigmi è facile intercettare una delle missioni secondarie che riconducono ai vari villain che appaiono in gioco, sempre in un contesto controllato in netta antitesi con il sommergere il giocatore di segnalini sulla mappa o “to do list”, invitando piuttosto all’indagine su un determinato evento che porta a confrontarsi con il villain di una subquest.

La mia sub quest preferita.

Nelle sue declinazioni successivi questo intento è stato “deviato” non tanto in termini materiali quanto piuttosto nello spirito unitario dell’ambiente di gioco. Arkham Knight con l’introduzione della batmobile, grandemente richiesta dei fan (ma che a me sinceramente non ha entusiasmato) sposta la scala di rappresentazione urbana in termini proporzionalmente più grandi, alterando le distanze e per certi versi banalizzando il level design che non si rinnova quanto piuttosto si strecha senza necessariamente aumentare proporzionalmente la qualità.

Stiamo comunque parlando del terzo capitolo di uno dei tie-in migliori degli anni 2000 prodotto da uno degli studi più interessanti in forze a Warner bros. interactive, che conclude una storia, secondo me, anche in maniera coraggiosa ma che manca il bersaglio di perfezionare la sua formula, forse proprio perché già perfetta nei termini espressi degli altri titoli della serie.

La serie Batman Arkham è completamente giocabile tramite remastered sulle console di nuova generazione nonostante nessun aggiornamento in termini grafici o di performance, mentre siamo tutti in trepitante attesa per l’imminente release di Gotham Knights, dopo un lungo periodi di astinenza. Batman: Arkham Asylum e Batman: Arkham City sono inoltre disponibili in edizione limitata “GOTY” in box che associano ad ogni gioco un fumetto.

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