Outcazzari

Sticazzi di Stadia

Sticazzi di Stadia

Ricordo ancora con affetto quando Google presentò Stadia alla GDC e io e il Talarico commentammo con entusiasmo. Agevolo documentazione video.

L’entusiasmo non era tanto per l’idea di Google che provava (si fa per dire) a diventare un colosso del videogioco, anche perché alla fine chissenefrega di Google, più per l’idea, il concetto di piattaforma totalmente agnostica e potenzialmente, in ottica futura, in grado di abbattere le barriere hardware. Tre anni dopo, è successa una discreta valanga di cose, fra cui indicherei come importanti “Game Pass se magna tutto” e “Google fa le cose a caso e senza crederci”. Volendo, ci sarebbe anche “E Amazon che fa?”, ma non divaghiamo troppo. Diciamo magari che se non riesci a importi quando hai una piattaforma dall’accesso così agile in un momento in cui il mercato dei videogiochi s’impenna e la gente non riesce a comprare console per indisponibilità, oh, ma di che stiamo parlando? E infatti, tre anni dopo, Google ha annunciato quella chiusura per Stadia che molti attendevano pazientemente fin dal 2019 ma praticamente tutti avevano capito che sarebbe arrivata da almeno un anno. Non a caso, la mia reazione da utente è ormai finita dalle parti dello sticazzi, seppur accompagnata dal dispiacere per tutti coloro che al progetto han creduto e/o lavorato e improvvisamente si ritrovano magari senza la piattaforma su cui stavano per pubblicare o senza un lavoro. E manco sono stati avvisati, cosa che ricorda tantissimo quando Microsoft decise di far sapere ai suoi partner della morte di Kinect tramite un comunicato stampa mandato alle riviste.

Ma, e torno al punto di partenza, l’entusiasmo rimane. Perché l’entusiasmo è per la tecnologia, per il concetto, per le opportunità. L’entusiasmo è per come, già nel 2019, a patto di avere per le mani una connessione adatta, l’esperienza con Stadia fosse a tratti impressionante. L’entusiasmo è per il concetto di piattaforma trasversale spinto da Microsoft che, l’anno scorso, mi ha permesso di iniziare Psychonauts 2 su Xbox, proseguire su PC e giocarmi in vacanza la parte finale tramite streaming su un laptop talmente alla canna del gas che l’ho poi sostituito con quello su cui sto scrivendo ora. L’entusiasmo è per qualcosa, il gioco in streaming, che è già fra noi, seppur in maniera magari timida, e che pian piano, attraverso il miglioramento di tutti quegli aspetti tecnologici su cui deve necessariamente poggiarsi, diventerà sempre più funzionale e importante. Ci aspetta un futuro di videogiochi solo tramite streaming? Non credo, anche se vai a sapere. Secondo me ci sarà sempre spazio per avere in casa un pezzo d’hardware da attaccare a uno schermo, perché certi tipi di gioco, di esperienze e di giocatori ne avranno sempre bisogno. Ma prima o poi arriverà un futuro in cui fare quello che ho fatto con Psychonauts 2 sarà possibile con qualsiasi gioco, a prescindere da chi e dove l’abbia pubblicato. Ma prima o poi arriverà un futuro in cui accendo la mia console, di qualsiasi marca, magari LG, e posso giocare alle cose installate in locale, certo, ma posso anche lanciare l’app di Nintendo, di Sony, di [inserire a piacere] per giocare in streaming alle loro cose che non girano sul mio hardware. Ma prima o poi arriverà un futuro in cui chiunque potrà accendere la TV e giocare a tutto passando solo per le app di streaming installate, abbonandosi o comprando (noleggiando!) i singoli giochi, esattamente come si fa per guardare un film o una serie TV. Un futuro in cui le barriere di accesso non saranno più hardware da centinaia di euro ma semplicemente l’acquisto di quello che ti interessa. E certo che potrai comunque acquistare la macchina da gioco con cui giocare in locale godendoti la miglior resa tecnologica possibile. Ma non sarà obbligatorio. Questa è l’idea a cui pensavamo dopo quell’annuncio di tre anni fa e questa è l’idea che è e rimane viva, nella quale continuo a sperare e credere.

Sticazzi di Stadia.

Stadia avrà davvero chiuso la porta in faccia a un gioco di Kojima? Vediamo se ce lo racconta nel suo mirabolante podcast!

La "stagione" 2022/2023 è ormai ampiamente iniziata e mi sembra giusto segnalare una cosa a chi ci segue regolarmente e si sta magari ponendo il dubbio. No, non abbiamo deciso di smetterla con le Cover Story ma sì, abbiamo deciso che non è obbligatorio farne ogni mese. Il criterio, con Outcast, è sempre quello di fare le cose che abbiamo voglia di fare, spinti dall'entusiasmo, senza sentirci obbligati. Meglio dedicare le energie a produrre contenuti che ci entusiasmano, rispetto a sprecarle dietro a contenuti che abbiamo il "dovere" di produrre. E arrivati al momento di discutere un possibile tema per la Cover Story di ottobre, era palese che di entusiasmo non ce ne fosse. Da adesso, quindi, valuteremo di volta in volta se farne e vedremo come va. Potrebbe significare che non vedremo più Cover Story qua sopra? Non penso, anche perché mi dispiacerebbe, ma vai a sapere.

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