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A caccia del vero Diablo III

A caccia del vero Diablo III

Decidere quando cominciare a scrivere questa recensione è stato difficile quasi quanto scriverla. Diablo III, l’attesissimo seguito del gioco che da circa dodici anni intrattiene moltissimi appassionati e terzo capitolo della saga che ha, a tutti gli effetti, creato un genere, è un gioco particolare e atipico. Lo è perché, al contrario di molti altri, migliora col tempo, come un buon whisky invecchiato, e fermarmi per mettere nero su bianco un giudizio mi ha messo una certa inquietudine addosso, temendo che andando avanti il gioco avrebbe continuato a migliorare. Diablo III inizia lentamente, in maniera quasi noiosa (ho scritto quasi, calmi), e viene da chiedersi come faccia a tenerti incollato allo schermo per il primo paio d’ore. Inebriato dalla furiosa droga del clic sul tasto sinistro del mouse, mi rendevo conto che mancava qualcosa e non riuscivo a capire cosa di preciso, ma nemmeno a smettere di giocare. Poi è scattato qualcosa, intorno al livello 12 o giù di lì, quando il mio personaggio ha cominciato ad avere qualche abilità e qualche runa in più da gestire (approfondirò questo aspetto più avanti), e in quel momento mi sono reso conto che Diablo III aveva un potenziale di divertimento enorme.

Ambientato una ventina d’anni dopo gli eventi di del predecessore, che hanno portato alla distruzione di Tristam, Diablo III ripropone la familiare telecamera in 3D isometrico e le meccaniche di gioco basate sul clic del tasto del mouse per muoversi e per attaccare che sono alla base di questo genere. Le inquadrature della telecamera, limitate a quella standard e a una in zoom utile giusto per scattare foto, potrebbero sembrare anacronistiche al giorno d’oggi, ma si smette di farci caso molto in fretta, così come alla realizzazione tecnica tutto sommato sorpassata. Le cinque classi disponibili non sono molte a una prima occhiata, ma offrono stili di gioco diversi, vari e in grado di soddisfare i gusti di tutti i giocatori grazie al nuovo sistema di sviluppo dei personaggi che è, senza mezza termini, una delle trovate più indovinate nel campo dei giochi di ruolo in questi ultimi anni.

Gli sviluppatori hanno deciso di mandare in pensione il classico sistema di crescita ad albero e mai scelta fu più indovinata: al suo posto ora c’è un meccanismo che dà al giocatore la possibilità di scegliere sei abilità attive tra circa una trentina disponibili e tre passive tra una ventina. Quelle attive sono suddivise in altrettante categorie e permettono di dotare il personaggio con l’arsenale adatto a cavarsi d’impaccio in ogni occasione, con un misto di attacchi a bersaglio singolo o ad area e di mosse difensive e di controllo da adattare alle proprie preferenze. Come se non bastasse, ogni abilità attiva ha cinque rune che ne modificano le caratteristiche, per esempio aumentandone il danno a scapito della portata o aggiungendo un effetto curativo, cosa che dona al gioco un ulteriore, immenso livello di personalizzazione del nostro eroe. Ogni livello guadagnato è un’occasione per sperimentare con quella che in gergo chiamiamo “build”, vale a dire l’insieme di abilità e rune scelte per il personaggio. Sì, ed è questa la vera intuizione, così ovvia da farmi dire “Ma possibile che non ci avesse mai pensato nessuno?”, perché è possibile modificare le abilità e le rune in qualsiasi momento, ovunque ci si trovi. Niente più costi per cambiare le abilità scelte, niente requisiti minimi per indossare certi pezzi di equipaggiamento (l’assegnazione dei punti addizionali a caratteristiche come Forza e Vitalità è automatica, scelta gradita anche questa): noi giocatori siamo finalmente liberi dalle limitazioni forzate imposte dagli sviluppatori e possiamo divertirci a sperimentare ed esplorare il lungo e in largo il sistema di gioco. Inoltre, spuntando l'opzione "Modalità elettiva" nel menu, avremo una libertà di personalizzazione ancora maggiore e sarà possibile assegnare ai sei comandi una qualsiasi delle abilità attive, quale che sia la loro categoria.

L’altro aspetto chiave di Diablo III è la sua integrazione online. Come ormai sa probabilmente anche il fruttivendolo in fondo alla mia via, Blizzard ha deciso di imporre ai giocatori di essere costantemente collegati ai server ufficiali del gioco. Questa scelta permette agli sviluppatori di controllare maggiormente il gioco e di evitare che si verifichino i fastidiosi casi di hacking e moltiplicazione degli oggetti che piagavano Diablo II (anche se ci sono già stati casi di intrusione e furto di account in questi giorni), ma obbliga i giocatori a essere collegati a Internet anche quando vogliono affrontare la campagna in solitario, limitando molto la nostra libertà. Questa non è altro che una forma di DRM, ma dà anche ai noi giocatori la possibilità di entrare e uscire in qualsiasi momento dalle partite dei nostri amici e altrettanto possono fare loro con noi, così da poterci aiutare per un boss particolarmente ostico, scambiare oggetti oppure ripulire allegramente in compagnia i tanti dungeon del gioco.

Ma è tutto rose, fiori, oro ed equipaggiamento leggendario? Beh, no. La generazione casuale delle statistiche dell’equipaggiamento potrebbe essere migliore, ho trovato che fin troppo spesso ci si ritrova con oggetti specializzati per certe classi che hanno caratteristiche completamente inutili, mentre la gestione dell’inventario è più una perdita di tempo che una vera sfida per il giocatore, dato che basta utilizzare l’incantesimo apposta per teletrasportarsi in città, svuotare la borsa e tornare esattamente dove eravamo rimasti. La storia non è niente di speciale e, nonostante cerchi in tutti i modi di essere drammatica e coinvolgente, l’ho trovata poco più di una scusa per massacrare senza pietà centinaia di mostri, o forse ero troppo rapito dalle meccaniche di gioco per riuscire a prestare la dovuta attenzione alla narrazione. Va detto, però, che le scene d’intermezzo in grafica computerizzata sono invece meravigliose e lasciano letteralmente a bocca aperta sia dal punto di vista tecnico che da quello artistico.

Come ho scritto all’inizio del pezzo, Diablo III dà il meglio di sé una volta completata la campagna a livello Normale, l’unico disponibile inizialmente (io ci ho messo poco meno di una trentina di ore, prendendomela molto con calma ed esplorando ogni angolo del mondo); a questo punto si sbloccherà il livello Incubo, da affrontare con il nostro personaggio con livello ed equipaggiamento conquistati fino a quel momento, e successivamente si sbloccheranno altri due livelli di difficoltà crescente. Mentre a livello Normale Diablo III è poco più che una passeggiata di salute, una sessione di allenamento durante la quale sono stati pochissimi i momenti capaci di mettermi in un minimo di difficoltà, a Incubo il gioco richiede un impegno decisamente superiore e una maggiore capacità di gestire le abilità del proprio personaggio. Non basta più buttarsi nel mezzo dei mostri e picchiare il più forte possibile tutto quello che capita a tiro, bisogna stare attenti a non farsi circondare e tenere sempre d’occhio eventuali mostri élite e miniboss che hanno nuovi incantesimi e fanno molto, ma molto più male di prima. A Incubo si ha la sensazione di giocare a un altro Diablo III, più interessante e gratificante e probabilmente quello vero e non la versione all’acqua di rose che abbiamo assaggiato al primo giro a Normale. L’aumentata difficoltà si sposa a meraviglia con il numero crescente di opzioni di personalizzazione del personaggio tra cui possiamo scegliere ed è una piccola, grande gioia videoludica modificare abilità e rune per vedere quale combinazione è più efficace e divertente.

È forse un peccato che il livello Normale sia per assurdo il peggio che Diablo III ha da offrire, e non vorrei che qualcuno facesse il madornale errore di metterlo da parte una volta completato il primo giro, perché così facendo si perderebbe un’esperienza di gioco che dona un piacere intenso e viscerale e che ti fa dire continuamente, anche alle tre del mattino, “Dai, ancora dieci minuti e poi smetto”. Per tutte le critiche che si possono muovere a Blizzard per la decisione di fare di Diablo III un gioco online, di aver riproposto meccaniche di gioco vecchie più di un decennio e per tutti i problemi che ancora affliggono il sistema di entrata sui server, dobbiamo anche lodare lo storico studio di sviluppo per aver realizzato ancora una volta un gioco curatissimo sotto tutti i punti di vista, un’esperienza di gioco inebriante e adrenalinica come poche. E se all’inizio qualcuno potrebbe pensare che forse avremmo potuto fare a meno di un altro Diablo nel 2012, basta sbloccare e provare il livello Incubo per capire quanto ci era mancato questo gioco.

Ho giocato a Diablo III in versione PC, usando una copia acquistata di tasca mia su uno dei tanti negozi online inglesi, sia da solo che in compagnia di amici (tra cui anche qualche nostro lettore). Fortunatamente non ho avuto troppi problemi ad accedere al gioco in questi giorni.

VOTO: 9

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