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Yooka-Laylee è letteralmente fuori dal tempo

Yooka-Laylee è letteralmente fuori dal tempo

Nintendo e Rare si sono tanto amate, sembravano una coppia solida e inaffondabile, uno di quei sodalizi destinati a perdurare nel tempo. Il rapporto si incrinò nel 2001, proprio in concomitanza con il settimo anno, quello della fatidica crisi. Galeotta fu Microsoft, che rilevò logo e proprietà intellettuali dello sviluppatore anglosassone, compreso l'intero universo di Banjo-Kazooie. Pubblicato nel 1998, è stato il massimo esponente dei “collectathon”, i platform basati sull'accumulazione compulsiva di bonus e feticci vari. Un sottogenere declinato all'eccesso in Donkey Kong 64, una discarica di bucce di banana, bollini colorati, tappi di bottiglia e mille altre storture di una malsana caccia al tesoro. Da lì il declino della formula, inesorabile e repentino.

Oggi Rare è un guscio vuoto, conta più esuli che addetti ai lavori. Nel 2012, diversi elementi di spicco si sono riuniti sotto il vessillo di Playtonic Games, realtà che a stretto giro di social svelò di essere al lavoro sull'erede spirituale di Banjo-Kazooie. Il progetto fece capolino tre anni più tardi su Kickstarter, raccogliendo oltre due milioni di sterline, a fronte di un budget per la sussistenza stimato in appena 175.000. Oggi che lo sviluppo è concluso, posso finalmente giudicare Yooka-Laylee per ciò che è, senza farmi influenzare in alcun modo dall'amarcord.

Playtonic Games recita a soggetto, seguendo il solito canovaccio: Yooka e Laylee sono due animali antropomorfi complementari, dalla personalità diametralmente opposta. Il verde lucertolone ha un'anima candida, mentre la sua controparte – una linguacciuta femmina di pipistrello dal nasone a patata – vive di sarcasmo. A loro si contrappone Capital B, un fuco in doppio petto che sembra uscito da Milano 2; poco più di un cattivo da operetta, vuol ridurre il mondo alla stupidità, come se non ce ne fosse già abbastanza. Solo un tomo magico lo separa dall'obiettivo, ma il fato vuole che le pagine del libro siano volate via, per incastrarsi fra le pieghe di cinque universi del fantastico. E qui entra in gioco il dinamico duo.

Yooka-Laylee vive di ricordi e si nutre di déjà-vu, in un continuo riciclo di fatti e situazioni. Non ha estro: è solo il frutto di un blando ciclostile, è un raggiro da imbonitori, un vano tentativo di rendere presentabile una struttura ludica arcaica e superata. L'inganno scatta dopo un prologo a dir poco insostenibile, un tremendo spiegone con annesso tutorial, figlio di un didascalismo precotto e riscaldato alla bisogna. Si aprono così le porte del primo mondo, in apparenza dalle dimensioni ragguardevoli. In verità è solo un pigro collage, una fusione malriuscita di elementi gettati alla rinfusa e per nulla caratterizzati. È un abisso di nera mediocrità, un buio che tutto avvolge, senza mai offrire un punto di riferimento. Con il passare dei minuti si realizza che l'orizzonte non è poi così vasto: le aree sono circoscritte, vuote e prive di vita. I livelli inizialmente sono incompleti, mancano all'appello interi frammenti, da sbloccare a suon di pagine. I vani che si aggiungono non sortiscono alcun effetto, se non quello di appesantire l'insieme, rendendolo ancor più pachidermico. Partendo dal tempio azteco, si procede fra lo scontato e il risaputo, cavalcando tutti i luoghi comuni del genere. Il massimo del minimo è il quarto mondo, un terrificante e avvilente casinò ricoperto d'oro, un mausoleo di noia e sconforto.

Il carisma non passa per un paio di occhietti buttati a casaccio.

Il carisma non passa per un paio di occhietti buttati a casaccio.

Al netto dell'inesistente caratterizzazione, c'è un gioco che non ci prova nemmeno a sfiorare la modernità: tutto è identico a quanto già visto nel 1998, nemmeno il tempo si fosse fermato. L'accumulazione di bonus e simili resta il cuore pulsante dell'azione, che si dipana fra mosse da comprare – perché in principio il duo non ha le ali ai piedi – e quest che scivolano senza alcun sussulto. Yooka-Laylee è il trionfo dell'apatia, l'indifferenza di un titolo che procede per inerzia, cibandosi del suo passato. Il solo amarcord non basta a colmarne le storture, difetti a dir poco inaccettabili. Playtonic Games si limita alla stucchevole piaggeria, strizzando l'occhio ai nostalgici con mille e più riferimenti, citazioni a dir poco forzate. Agli ex Rare manca il coraggio di guardarsi in faccia e ammettere che sì, gli anni sotto l'egida Nintendo sono stati formidabili, ma non torneranno mai più. È ora di chiudere questo capitolo e farsene una ragione, una volta per tutte.

Yooka-Laylee è il Blues Brothers 2000 dei platform, un titolo ruffiano che vive all'ombra di un passato glorioso, celebrandolo senza alcun entusiasmo. È un gioco di una banalità sconcertante, che si trascina stancamente, senza mai alzare la testa. Nel mondo videoludico c'è spazio per l'amarcord, basta metterci il cuore: il recente Thimbleweed Park ne è la prova tangibile. Yooka-Laylee è il contraltare, un mostro orrendo e purulento, nato dal sonno del controllo creativo.

Ho giocato a Yooka-Laylee grazie a un codice fornitomi da Team 17, che ne cura pubblicazione e distribuzione. Il test è stato condotto su un PC dotato di processore AMD FX 8320, 8 GB di RAM e una scheda video AMD Radeon R9 270X, perfettamente a suo agio nel far girare il gioco a qualità video Ultra. Prima di stilare la recensione, ho accumulato 14 ore di gioco. Ritengo che l'utilizzo di un joypad - io mi sono affidato a quello dell'Xbox 360 - sia a dir poco indispensabile.

 

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