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Joss Whedon, Autore e Salvatore della Patria

Joss Whedon, Autore e Salvatore della Patria

L'altro giorno guardavo Wonder Woman e pensavo a Joss Whedon.

Non a Joss Whedon vestito da Wonder Woman, né ero lì a domandarmi chi fosse più attraente tra i due. No, guardavo Wonder Woman, pensavo all'universo DC e a quello Marvel, a come anche i Guardiani della galassia dopo due film abbiano un po' stufato, alle cose bruttissime che la gente che ha visto Man of Steel e Batman v Superman dice di Man of Steel e Batman v Superman, a questa guerra galattica tra due colossi del fumetto con durata programmata ventennale, a questa cosa a chi crea la serie TV più ambiziosa e intricata della storia del cinema, a Suicide Squad e a Thor 2, a Edgar Wright Autore che viene pisciato da Marvel in favore di Peyton Reed Esecutore, a David Ayer Autore che diventa David Ayer Uomo Depresso Sotto Psicofarmaci per colpa di Jared Leto... a tutto, insomma, quello che è il contorno che accompagna ogni considerazione su quelli che a conti fatti dovrebbero essere film di gente che si mena.

E pensavo a Joss Whedon, ex campione di una delle due parti in causa ora diventato il salvatore dei rivali con una mossa-Bonucci che dovrebbe, in teoria, rimettere in riga Justice League e certificare definitivamente la riduzione se non l'annullamento delle distanze tra "quelli che fanno i film che fanno ridere" (= quelli che stanno vincendo) e "quelli che fanno i film grimdark" (= quelli che le stanno prendendo di santa ragione).

Guardate l'uomo come gronda cose formali.

Ci pensavo perché mi è stato chiesto con mia grande soddisfazione fisica di partecipare alla Cover Story di Outcast su Justice League. E chi cazzo sono io, a parte uno che ogni tanto scrive delle robe sul cinema, per parlare di Justice League? Trentacinque anni di rincorsa a ignorare i fumetti e i prodotti tratti da fumetti dovrebbero mettermi al sicuro, non sono la persona giusta, metti che vado al cinema a vedere il film con Batman Superman Wonder Woman, Aquaman Flash e Cyborg e mi viene un dubbio e poi scopro che se solo avessi letto l'albo 65 dell'edizione del '65 di Batman 65 avrei già la risposta al mio dubbio e quindi sono stronzo perché non sono informato? La gente che s'infuriava con Peter Jackson perché non ha capito nulla de Il signore degli anelli (solo un esempio: io) non è nulla a confronto, è una brezza, un refolo, non un uragano. E poi: siamo sicuri che mi interessi davvero questa ultra-storia, questo piano quinquennale? La vita è troppo corta per andare a vedere Justice League al cinema.

E quindi pensavo a Joss Whedon, al whedonismo e al fatto che se so cos'è una INFINITY STONE è solo grazie a lui e al suo ruolo di facilitatore e traghettatore di persone normali verso il magico mondo del comprare un numero in edizione limitata ancora imbustato e non toglierlo mai dalla plastichina.

Immaginatevi questo posto, e Joss Whedon è il suo Caronte.

Joss Whedon Autore e Amico della Gente Giusta appartiene in teoria alla genìa di quei quaranta-cinquantenni che sono cresciuti quando leggere fumetti e giocare a Dungeons and Dragons era ancora motivo sufficiente per essere riempiti di botte dalle persone normali e non avvicinarsi mai neanche per scherzo alle labbra di un'altra persona con nessuna parte del tuo corpo. È un appassionato vero, basta leggere o ascoltare le sue interviste, di tutta quella roba che ora viene taggata nei siti di costume più o meno generalisti come "cultura nerd" o qualcosa di simile. Ha scritto anche dei fumetti, cosa che credo contribuisca in maniera decisiva al suo street cred.

Ha anche passato tutta la sua carriera a scrivere storie di supereroi, travestendole da altro per convincere a godersele anche chi dei supereroi normalmente se ne frega. Joss Whedon è il più grande facilitatore e costruttore di ponti tra un certo tipo di cultura e intrattenimento e una certa e numerosa fetta di pubblico potenzialmente interessata e interessante ma, per i motivi più vari, ancora fuori dai giochi. La sua intera carriera è costruita intorno a un dogma: le storie che racconta sono per tutti, e il suo compito in quanto narratore è azzerare le distanze tra la fonte (diretta o indiretta) e il pubblico.

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Ha cominciato con Buffy, curiosamente ancora oggi la sua opera migliore e più completa. Buffy l'ammazzavampiri è una serie TV di supereroi, con una protagonista con tutti i crismi (è un'eletta, deve fare pace con i suoi poteri, deve trovare il modo di conciliare la sua vita quotidiana con questo fatto che ogni due giorni deve salvare il mondo), una struttura narrativa perfettamente ripetibile in qualsiasi contesto, una caterva di McGuffin magici che spuntano da ogni dove. È anche una roba horror con i mostri, un triangolo amoroso che anticipa tutta una serie di cose che conoscete benissimo anche se non vorreste, un romanzo di formazione a più voci, nonché uno spazio di costante sperimentazione e infrazione delle regole. Un rosario di influenze innestate su fondamenta prese di peso da Spider-Man (S05E05, di fronte alla domanda «Da dove vengono i tuoi poteri?» la risposta di Buffy è «... Radioactive spider bite... ?») e così inestricabilmente legate e messe al servizio dei personaggi e dei loro problemi che può anche capitare di non rendersi conto di essere di fronte a un fumetto Marvel mischiato alle storie di mostri Universal, finché non si scopre che dopo la settima stagione ne sono uscite altre tre sotto forma di libro con i disegni e le nuvolette. 

Quello che voglio dire è che il talento più grande di Joss Whedon è la sua capacità di raccontare storie – personali ma raramente originali – senza distrarti raccontandoti a cosa si è ispirato per scriverle.

Angel, lo spin-off di Buffy, è Jessica Jones con i vampiri e i mostri. Firefly/Serenity è il film dedicato ad Han Solo che aspettiamo da anni e che si può vendere a chi se ne frega di Star Wars perché pesca anche dal western, dalla fantascienza di frontiera, da Cowboy Bebop e da Robin HoodQuella casa nel bosco, che è un film di Joss Whedon in tutto tranne che nel nome sui titoli di testa, è l'horror mainstream più commestibile dai tempi di Scream, perché 

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C'è, in ogni opera di Whedon, una voglia matta di tirare in mezzo, di spogliare del loro esclusivismo una serie di linguaggi che a un osservatore esterno sembrano spesso ombelicali e incartati in loro stessi in nome di un elitismo che nasce da un'attenzione maniacale al dettaglio e alla continuità e che funge da barriera di ammissione. O da muro per tenere fuori gli infedeli, vedetela come volete. Che non vuol dire necessariamente (lo dico per prevenire ogni legittima obiezione) che l'appassionato di fumetti – o di fantascienza, o di horror – sia costituzionalmente portato al disprezzo verso i non appassionati e felice nella sua bolla di gente che la pensa come lui, solo che la percezione da fuori è spesso - se non sempre - questa qui.

Whedon lo sa ed è triste, perché sono convinto che se avesse un numero infinito di copie dei suoi fumetti preferiti, le distribuirebbe a chiunque, in ogni angolo del mondo, con evidenziate in rosso fosforescente le pagine che contengono quelli che lui ritiene essere i Messaggi Importanti, le Cose da Discutere.

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Avengers è, almeno in questo senso, il suo capolavoro. È un film imperfetto, e tanto peggiorato quanti sono gli anni passati dalla sua uscita. Ancora oggi soffre di una sceneggiatura piena di buchi e supercazzole nella quale il Fanservice e lo Spiegone convivono faticosamente, e fanno più volte a botte dure per stabilire chi comandi. È anche un mezzo miracolo, un'opera da 666 fantastiliardi di incassi che ha messo d'accordo (alcuni) fan Marvel, la gente a cui dei fumetti interessa poco, gli appassionati di action pura che sono passati sopra ai pigiamini per godersi il combattimento finale, l'utenza di Tumblr che ha eletto Loki a sex symbol del millennio. Avengers funziona così bene perché è un film accogliente, riesce quasi ad esserlo nei confronti di chi non ha visto neanche i vari Iron Man e Thor che l'hanno preceduto; è rassicurantemente whedoniano nei ritmi, nell'umorismo e nella costruzione dei rapporti di forza tra personaggi, e si prende la responsabilità di condurre per mano i neofiti introducendo lentamente ma costantemente nuovi pezzi di informazione utili a capire cosa cazzo stia succedendo e perché dovremmo avere paura di una roba che si chiama Tesseract.

È anche, e purtroppo per Whedon è una considerazione che si applica a molte delle sue opere, facilmente decostruibile in una collezione di digeribilissimi meme, che assumono vita propria anche se estrapolati dal tessuto connettivo del film e che, sfuggiti di mano al suo stesso creatore, sono diventati la base per continuare a costruire personaggi e situazioni nei successivi film Marvel. Poco importa se senza l'altezza è impossibile calcolare l'area totale (?). È così per esempio che è nato Avengers: Age of Ultron, il film che ha convinto Whedon a mollare casa Marvel per dedicarsi ad altro.

Sopra: altro.

Quello che voglio dire è che le opere di Whedon sono talmente leggibili – perché ci tengono a esserlo – che è altrettanto facile convincersi di aver capito perché funzionano e di poter replicare il loro successo anche senza il tocco del creatore. Certo che a volte va bene: Guardiani della galassia, un film su cui la Marvel puntava il giusto, è stato affidato a uno della stessa genìa di Whedon e a cui è stata data una libertà rara di fronte a un budget consistente; porta dentro di sé i germi del whedonismo, è figlio di Avengers, ma è anche rielaborazione e personalizzazione di un certo modo di fare film di supereroi che solo un autore con una visione forte e la possibilità di fare circa il cazzo che vuole può permettersi. Altre – l'"umorismo" di Thor 2, il già citato Avengers: Age of Ultron – va malissimo, perché se c'è una cosa su cui Whedon è un raffinato intenditore è la differenza tra semplice e banale.

Il risultato di questa schizofrenia, di questo amore per il whedonismo prima ancora che per l'opera di Whedon, è sotto gli occhi di tutti e si chiama "la carriera di Joss Whedon", che è riuscito a farsi chiudere una serie da Fox, per poi tornare da Fox con un'altra idea e farsi cancellare pure quella, e che raramente viene ricordato tra i padri del moderno modo di fare serialità in TV nonostante, be', lo sia. Sarebbe triste che passasse alla storia come "Quello che ha aperto la strada ad altri". È per questo che pensavo a Whedon mentre guardavo Wonder Woman.

Lungi dall'essere un capolavoro, Wonder Woman è un onestissimo film di botte, parecchio piatto in termini cinematografici (a meno che non consideriate interessanti le scene di combattimento simil-300 con cui si apre) ma con poche sbavature. Va dritto al punto e conosce bene i suoi punti di forza, che si riassumono in: Gal Gadot. È una storia che fa ridere non perché necessariamente infarcita di battute ultradivertenti ma perché rispetta i tempi comici ed è in grado di riconoscere l'assurdità di una situazione quando ci si trova davanti, e reagire di conseguenza (il famigerato "non prendersi troppo sul serio"). È un film che lascia alla sua protagonista il compito di fare cinema e vive al suo servizio, che non si distrae mai a inseguire spunti, sottotrame o caratterizzazioni pleonastiche; sa quando usare l'umorismo e quando puntare sulla tragedia (per quanto il primo gli venga sempre meglio della seconda).

In sostanza, mi è sembrato un film estremamente whedoniano nell'approccio, se non nella qualità del risultato finale. E sarebbe così strano immaginare che i signori DC possano aver proiettato a rotazione Avengers nei loro uffici prima di continuare i loro piani di conquista del mondo a colpi di Batman e Superman? Il fondo il whedonismo, questo meraviglioso atto di amore e rimasticazione e digestione e assimilazione e rielaborazione di tutta la cultura pop, è una forma mentis facile da assimilare e applicare altrove. E quando stai cercando di rilanciare un universo cinematografico fumettoso finora affossato dalla farraginosità dell'adattamento della fonte, forse, andare a pescare nel pozzo di quello che ci è riuscito prima di tutti non è una cattiva idea.

E infatti, quando il progetto Justice League ha rischiato di andare a puttane a causa di una brutta cosa successa a Zack Snyder e alla sua famiglia, DC ha fatto una JJ Abrams (sapete, no?, quello che da Star Trek è passato a Star Wars) e, invece di affidarsi a imitatori, ha assunto di corsa il cavallo originale. Poi sì, ovvio, chiaro, ci dicono che Whedon ha solo concluso l'opera, fatto un paio di reshoot, dato una ripassata allo script; piccolezze, un lavoro di frattaglie, la mano è sempre quella di Snyder. L'intervento del Nostro sarà invisibile, vedrete.

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Resta che, un'altra volta, c'era bisogno di qualcuno che sapesse raccontare universi complessi, caratterizzati con una ricchezza e precisione che vanno ben oltre la maniacalità, e che riuscisse a farlo senza perdere di vista il cuore di un bel film di supereroi: non il rispetto del canone o la fedeltà alla fonte, ma la capacità di spingere il pubblico a tifare per i supereroi e ad appassionarsi al loro destino (e incidentalmente a quello del mondo). E ancora una volta hanno chiamato Joss Whedon Salvatore della Patria, chiedendogli per favore di presentarsi alle 0800 con il suo Manuale su Come Fare un Film che la Gente Voglia Guardare. E sapete cos'ha detto Ben Affleck sulla questione?

Joss just brought to the movie what good directors bring, which is good taste. A sense of what’s gonna work in the story and what isn’t. An instinct for realism and for finding the humanity in the characters and the humanity in the conflict, then making it accessible and relevant. I think that’s one of the things he did so well with Avengers, frankly. He really defined the tone, and it felt like a lot of the movies after that sort of fell into that tone that he created. It was a very tricky dance where you have all these people who can do all these fantastic things that’s completely absurd on the face of it, and yet, a good storyteller like Joss brings us in, makes us identify with them, makes them seem real, and makes it interesting. A lot of guys know the comic books, a lot of people have that knowledge base. What Joss really has is talent.
— Ben Affleck

Cosa se ne deduce, dunque? Boh, personalmente una cosa semplicissima: ho voglia di vedere Justice League nonostante il mio completo disinteresse per tutto quel che riguarda Justice League a parte Gal Gadot (e vabbe', Batman, ma quello è un discorso laterale). Se non altro per vedere se Whedon si toglierà la soddisfazione di svelarci che il papà di Wonder Woman e quello di Flash si chiamano entrambi Colin e questa cosa risulterà decisiva per le sorti dell'umanità, e di farci pure un figurone rivelandocelo. So già che non sarà un film perfetto, come so già che probabilmente Joss Whedon non farà mai un film perfetto (persino Serenity, che a oggi è la sua migliore opera per il cinema, zoppicava decisamente nel corso del primo atto). So anche, però, che sarà un film che avrò voglia di vedere, e come me milioni di altri stronzi che con i fumetti c'entrano poco ma non sanno dire di no a personaggi ben scritti e botte ben girate.

Come diceva André Bazin nel suo Ahah pensi davvero che io abbia scritto questa roba?!, avercene.

Questo articolo fa parte della Cover Story "Justice League & Friends", che trovate riepilogata a questo indirizzo

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