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Librodrome #99: Quanto sangue e sudore servono per avere dei pixel sullo schermo?

Librodrome #99: Quanto sangue e sudore servono per avere dei pixel sullo schermo?

Attenzione, in questa rubrica si parla di cultura. Niente di strepitoso, o che ci farà mai vincere il Pulitzer, ma è meglio avvertire, perché sappiamo che siete persone impressionabili. E tratteremo anche dei libri. Sì, quelle cose che all’Ikea utilizzano per rendere più accattivanti le Billy. E anche le Expedit.

Non ho mai scritto libri sui videogiochi come qualche altro mio esimio collega (vedi quell'Andrea Babich di cui sono stato fedele compagno di banco nella redazione di XMU, nonché abituale frequentatore di questo porto di mare), né ho mai avuto velleità filosofiche alla Bittanti - che frequentavo - sul significato intrinseco o sulla massificazione del prodotto videoludico. Ho sempre desiderato “solo” leggere le opere altrui e basta, specialmente quelle che svelavano gustosi retroscena, come i libri di David Kushner Masters of Doom e Wanted.

Blood, Sweat, and Pixels mi ha incuriosito sin dall'annuncio (io l'ho scoperto su Amazon), balzando in vetta nella mia personale classifica di libri da leggere. Un po' perché era scritto da Jason Schreier, redattore di Kotaku che ho conosciuto qualche secolo fa in un press tour di cui non ricordo molto (meglio soprassedere), un po' per l'argomento proposto: lo sviluppo dei videogiochi. Quindi, non solo “crunch time e disperazione collettiva” ma anche gustosi retroscena/aneddoti su alcuni fra i più grandi successi tripla A del decennio (Destiny, The Witcher 3 e Uncharted 4 solo per citarne alcuni). Dieci capitoli per dieci storie davvero interessanti, uguali per alcuni aspetti e completamente differenti per altri, con una gustosa chicca finale: Star Wars 1313, il gioco mai pubblicato da LucasArts.

Dopo aver letto le 280 pagine dell'opera di Schreier, mi sono sempre più convinto della bontà della mia scelta, di aver vestito i panni di giornalista impallinato piuttosto che quelli di workaholic sviluppatore. Che i team fossero costretti a lunghi periodi “crunch time” era cosa risaputa nell'ambiente, così come le peripezie condite da psicodrammi collettivi per arrivare al fatidico "day one”, per fare contento il proprio distributore e non pagare penali milionarie. Leggendo Blood, Sweat, and Pixels se ne ha un'ulteriore conferma: si ha quasi la percezione che in certi frangenti intervengano forze mistiche ad aiutare quei poveri programmatori impegnati a completare quello stramaledetto videogioco.

Non entro nello specifico per evitare fastidiose spoilerate, ma in ogni capitolo è possibile provare il dramma - più o meno grande - vissuto a un certo punto dello sviluppo da ogni team. Da Uncharted 4 fino a Destiny, senza dimenticare Halo Wars o The Witcher 3, la strada per arrivare al day one è sempre tumultuosa e irta di difficoltà. E in qualche caso, il cammino intrapreso si è rivelato senza via d'uscita, come è successo all'atteso Star Wars 1313 di LucasArts, scomparso dai radar del mondo videoludico qualche anno fa avvistato nel triangolo delle Bermuda.

Dalle guerre di potere all'interno di Naughty Dog al motore grafico “cannato” da Bioware per Dragon Age: Inquisition, fino al complicato rapporto tra Bungie ed Ensemble Studios per Halo Wars e senza dimenticare lo sviluppo infinito e i problemi di server di Diablo III, il buon Jason ha fatto un ottimo lavoro nel ricostruire quello che è successo con questi dieci titoloni.

Per realizzare Blood, Sweat, and Pixels, Schreier ha girato gli Stati Uniti da una costa all'altra, intervistando un centinaio di persone che hanno lavorato su questi progetti, che non comprendevano solo titoli AAA ma anche giochi indie (Shovel Knight e Stardew Valley) e finanziati tramite Kickstarter (Pillars of Eternity).

Pur non raggiungendo la qualità narrativa del sopracitato David Kushner, l'espediente utilizzato da Jason Schreier per raccontare i dietro le quinte del mondo videoludico funziona alla grande e le quasi trecento pagine scorrono via veloci tutto d'un fiato. Merito dello stile adottato dal redattore di Kotaku e di un testo scritto in un inglese di facile comprensione. Avrei gradito un maggior approfondimento per quanto riguarda i personaggi e le loro motivazioni ma, trattandosi di dieci giochi, sarebbe probabilmente servito il triplo delle pagine. E mi piacerebbe un secondo volume, dedicato magari ad alcuni titoli del passato (voi quali vorreste vedere sviscerati?).

Il libro è disponibile sia in in edizione tascabile (quella che ho acquistato da inguaribile nostalgico), sia in quella per ebook: in entrambi i casi il prezzo è veramente competitivo.  Come al solito, se lo acquistate su Amazon passando dai nostri link, ci fate ricevere un piccola percentuale di quanto spendete, senza sovrapprezzi per voi. Potete farlo su Amazon Italia a questo indirizzo qui o su Amazon UK a quest'altro indirizzo qua.

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