Racconti dall'ospizio #78: Sprite, follia creativa e voglia di sognare... lo sport digitale anni Ottanta!
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Sono nato negli anni Settanta – si, sono vecchio! – e da bambinetto mi sono avvicinato al mondo dei videogiochi proprio all'inizio degli Eighties. Con poche 100 lire, trascorrevo qualche oretta spensierata nella mia sala giochi di fiducia, con Pole Position e Zaxxon. Non ho avuto un ColecoVision o una console Atari, in quel periodo. Mi sono rifatto alla grande qualche anno dopo, con un fiammante Commodore 64, gentile omaggio di Babbo Natale (con tanto di renne!). E da quel momento la mia vita è diventata a 8-bit!
Gli anni Ottanta li ricordo come un periodo florido per chi - come il sottoscritto - ama in modo viscerale i videogiochi sportivi. E sì, perché non ve l'avevo ancora accennato, l'altra mia grande passione nella vita è lo sport in tutte le sue innumerevoli declinazioni. Quindi, “video games più sport” è sempre stata – e lo è tuttora! – la mia combo perfetta.
Pensare agli anni Ottanta mi porta alla memoria gli infiniti tornei a Kick Off su Amiga, gli innumerevoli gran premi vinti con Pit Stop II o le tonnellate di medaglie d'oro conquistate a Summer Games, senza dimenticare i joystick rotti per battere qualche record in Daley Thompson's Olympic Challenge senza Lucozade (il Gatorade d'oltremanica) o nel biathlon in Winter Games.
La prima cartuccia che mi è arrivata in assoluto è stata Tooth Invaders: i miei genitori dovevano aver preso troppo sul serio la pubblicità della Commodore di quel periodo! Per fortuna sono arrivati in soccorso i miei amici e su una cassetta a nastro magnetico mi avevano “registrato” una serie di chicche. Mentre il datasette (si chiamava così) caricava i giochi, spesso mi chiedevo chi fosse tale Andrew Spencer e come fosse riuscito a creare International Soccer e International Basketball, i primi due titoli sportivi che hanno “colorato” sul C64 i miei grigi pomeriggi da teen (Internet non esisteva ancora).
Spesso ci si lamenta se un gioco dell'ultima generazione non supporta i 4K o se non va online con un milione di modalità. Prima bastavano quattro sprite “sgraziati” su un schermo in bianco e nero, un paio di joystick (anche di pessima qualità) e il divertimento era assicurato. E per creare un videogioco non era necessario avere un budget milionario, né un team composto da trecento persone. Negli anni Ottanta vigeva la figura del “one man band”, un programmatore eclettico/versatile capace non solo di spremere la memoria risicata di un home computer, ma anche di crearne la grafica e gli effetti sonori. E pure il gameplay.
Che fosse un cabinato, Acorn Electron, BBC Micro, Commodore Vic-20, Commodore 64, Amstrad CPC, ZX Spectrum, Atari 7800, Apple II, MSX, NES, Amiga 500, Atari ST, Sega Master System, Mega Drive, GameBoy o un MS-DOS - probabilmente mi sono dimenticato di qualche altro home computer o console dell'epoca - non importava molto. La cosa importante era giocare e trovare quell'inclinazione perfetta per battere il record dell'amico nel salto in lungo a Track and Field (aka Hyper Olympic) o distruggere il tabellone con una poderosa schiacciata di Julius Erving nel famosissimo One on One: Dr. J vs. Larry Bird e osservare l'omino che ripuliva il parquet dai vetri.
Calcio, basket, formula 1, football americano, baseball, olimpiadi estive e invernali, boxe, karate, atletica leggera, golf, motociclismo, ciclismo e altre discipline sportive che non ricordo.. ho imparato ad apprezzare tutto questo grazie ai videogiochi.
Il calcio, per esempio, ha conosciuto un periodo d'oro verso la fine degli anni Ottanta. E non solo per la serie capolavoro di Dino Dini - Kick Off - ma anche per l'interessante Match Day (soprattutto il secondo capitolo), l'ottimo Emlyn Hughes International Soccer o il clamoroso MicroProse Soccer. L'innovativa visuale dall'alto proposta dalla software house statunitense, specializzata nel simulare qualsiasi cosa vi venisse in mente, non passò inosservata, in un periodo in cui i titoli calcistici erano solo a scorrimento orizzontale. La grafica di MicroProse Soccer era qualcosa di mai visto su un home computer a 8/16 bit di quegli anni, anche migliore rispetto a quella dello storico cabinato Kick and Run - Mexico ’86 di Taito!
Personalmente, dei tiri a banana di MicroProse Soccer mi stufai ben presto (li ho ritrovati con gioia qualche anno più tardi in Sensible Soccer, dello stesso team di sviluppo), mentre del titolo di Audiogenic - con testimonial l'ex centrocampista inglese del Liverpool Emylin Hughes - non posso che ricordare meraviglie. A parte la grafica, che riprendeva lo storico International Soccer di Andrew Spencer, ricordo ancora i pallini per cambiare il ruolo e il modo di giocare dei calciatori e la possibilità di cambiare i nomi dei propri idoli pallonari. E da tifoso rossonero, mi ero ricreato il Milan degli olandesi guidato dal Profeta di Fusignano. E poi, Emylin Hughes su C64 era giocabilissimo e offriva una serie di soluzioni per segnare “inusuali” per quegli anni. Almeno fino all'avvento dell'amato/odiato (ma soprattutto buggatissimo) Kick Off della Anco, firmato dall'indimenticabile programmatore inglese Dino Dini.
Restando in ambito calcistico, non posso dimenticare di citare la serie Football Manager di Kevin Toms, la prima simulazione manageriale calcistica della storia. Con il secondo capitolo ci ho giocato per un'estate intera, anche se il calciomercato era fatto con nomi di fantasia e le simulazioni delle partite non valevano neanche un'unghia dell'attuale Football Manager di Sports Interactive. Con Player Manager, del sempre più “prezzemolino” Dino Dini, ho sperimentato le gioie e i dolori di un vero giocatore/allenatore durante le notte magiche di Italia '90. E come non ricordare, poi, i tornei estivi a Franco Baresi World Cup Kick Off...
Prendendo in prestito il titolo dello splendido libro di Jackie MacMullan Il basket eravamo noi (se lo acquistate su Amazon Italia tramite questo link, una piccola percentuale di quanto speso andrà a noi), negli anni Ottanta l'NBA voleva dire Celtics vs Lakers, Magic vs Larry o al massimo Dr J. E qui non si scappa: il primo gioiello firmato da una giovane e talentuosa Electronic Arts resta lo storico One on One: Dr. J vs. Larry Bird. Un titolo caratterizzato da una giocabilità sublime, con tiri da tre, schiacciate, stoppate e palle rubate, senza dimenticare i tabelloni distrutti. Cinque anni dopo, il gioco ha avuto un seguito meno conosciuto, con protagonista ancora una volta il mitico Larry Bird e un astro nascente della NBA di fine anni Ottanta, un tale Michael Jordan...
Da segnalare, poi, Double Dribble per NES e, soprattutto, Street Sports Basketball (la versione “calcistica” è meglio dimenticarla) della solita Epyx Games, la software house che caratterizzò quel decennio con le sue innumerevoli simulazioni sportive multi evento. Il vero capolavoro, però, arrivò solo a fine anni Ottanta con TV Sports: Basketball della scatenata Cinemaware: presentazione in stile TV, con interviste, cheerleader e tutto il carrozzone made in NBA. E poi statistiche, possibilità di disputare un campionato, playoff e finali. A parte il passaggio “automatizzato” a metà campo tra un canestro e l'altro, il gioco cestistico di Cinemaware era un concentrato di spettacolo, grazie alla potenza dell'Amiga. E sempre sul finire del decennio, ricordo un'altra perla di Electronic Arts (ai tempi di Trip Hawkins non erano ancora considerati l'Impero del Male), quel Lakers vs Celtics che su PC, e successivamente su Sega Mega Drive, ottenne un buon successo e molteplici seguiti.
Nonostante il boicottaggio delle Olimpiadi losangeline, Epyx Games se n'era uscita con Summer Games, il primo videogioco dedicato alla sopracitata manifestazione planetaria con tanto di tedoforo e braciere. Ho perso il conto di quante volte ho sentito l'inno nazionale americano o quello italiano mentre vincevo i 100 metri o facevo l'en plein nel tiro al piattello. Otto prove olimpiche per otto giocatori: uno dei miei giochi preferiti di tutti i tempi.
Il successo clamoroso permise a Epyx Games di realizzare un altro fortunato bis: Summer Games II. Impazzii a demolire record nelle prove di canottaggio e di kayak, e ancora di più con la scherma e il ciclismo. Insomma, altre otto graditissime prove sul braciere olimpico del mio fedelissimo C64! E poi arrivò Winter Games: e chi si aspettava di giocare pure con le olimpiadi invernali? Bob, biathlon o il pattinaggio in velocità: totale sette specialità olimpiche impreziosite da una grafica meravigliosa!
Ma il capolavoro assoluto di Epyx Games rimane senza dubbio California Games, una simulazione multi evento con gli sport più gettonati nella West Coast... La mitica footbag, con cui ho palleggiato per mesi, le onde che ho affrontato su una tavola da surf immaginando di essere The Big Kahuna o i trick realizzati su uno skateboard (all'epoca, Kelly Slater e Tony Hawk andavano al college)... Un vero e proprio capolavoro, che è stato convertito anche su console portatili come l'Atari Lynx (ve lo ricordate?). E poi California Games II (meglio il primo), World Games, con tanto di tuffi da una scogliera messicana e salto delle botti, tanto per gradire. C'era anche l'ottimo Alternative World Games, ma era sviluppato dalla britannica Gremlin Interactive. E ovviamente Konami, con una svagonata di Hyper Sport, Track and Field e compagnia bella.
Epyx Games mi ha fatto conoscere il mondo della WWF con Championship Wrestling e mi ha permesso di sfogare la mia passione per la F1 con la serie Pit Stop, ispirata al leggendario Pole Position. E sempre in tema motoristico, Accolade, con la serie Test Drive e con quella meraviglia di Grand Prix Circuit (si potevano guidare Ferrari, Williams e McLaren), mi aveva conquistato. Persino il vituperato Ferrari Formula One (Electronic Arts), dedicato alla scuderia di Maranello, non era affatto malaccio, mentre nella serie Revs di Firebird, basata sulla F3 britannica, si poteva già ammirare l'enorme talento di Geoff Crammond. Su Sega Mega Drive da ricordare, poi, l'interessante Super Monaco GP (il secondo episodio avrebbe avuto come testimonial Ayrton Senna), mentre nelle sale giochi imperversava l'iper realistico Winning Run di Namco. E poi non posso non menzionare la serie Out Run, Buggy Boy o Power Drift, anche se non sono dei titoli sportivi veri e propri.
Passando alle due ruote, Honda RVF di MicroStyle (un'altra etichetta della solita MicroProse) e The Cycles di Accolade si sono contesi per molti pomeriggi il mio tempo libero, mentre quando scappavo in sala giochi, Super Hang-On di un certo Yu Suzuki dettava legge!
Il football americano della NFL e il baseball delle MLB li ho cominciati ad apprezzare e a metabolizzare (come regole) solo grazie ai numerosi videogiochi che ho provato. Per il football, la vera illuminazione è arrivata come la serie TV Sports di Cinemaware: lì ho scoperto John Madden, non come ex allenatore ma come telecronista/intervistatore. Ho scroccato partite ad amici dotati di computer MS-DOS per provare Tom Landry Strategy Football o sul Sega Mega Drive per emulare le gesta del mio QB preferito di tutti i tempi, sua maestà Joe Montana. Per mazza e guantone, i ricordi vanno a Star League Baseball su C64, mentre lo sport l'ho cominciato ad apprezzare per davvero con la serie HardBall e con quella dedicata al mitico Earl Weaver.
Del golf in versione NES ho poco da raccontare, mentre di Leader Board di Access Software ricordo ancora quanti putt ho mancato! Un vero gioiello, che ha goduto di molteplici espansioni. Le diciotto buche virtuali andavano di moda, in quel decennio, e la sfida tra l'orso d'oro Jack Nicklaus e lo squalo bianco Greg Norman si era trasferita sui green degli home computer. Almeno fino all'arrivo della serie Links: The Challenge of Golf, un'altra grandiosa produzione di Access Software. E per chi non aveva il tempo di farsi diciotto buche, c'era sempre Zany Golf, un minigolf spettacolare e divertentissimo.
Anche il tennis era una disciplina sportiva gettonatissima negli anni Ottanta. Il merito è sicuramente da ascrivere al vecchio Pong, anche se di capolavori assoluti in questo periodo non me ne vengono in mente. Si è partiti dal solito Tennis per Atari 2600, NES, Intellivision, ColecoVision e compagnia bella, per arrivare agli interessanti International 3D Tennis di Palace Software e Great Court (o Pro Tennis Tour) della teutonica Blue Byte. Nel mezzo, i discreti Tie Break, Match Point e il superbo Tennis per GameBoy.
Meritano una citazione particolare i titoli dedicati al beach volley, come quello di Ocean Software per Amiga (bellissimo) e Kings of the Beach per MS-DOS. E che dire di Tour de France, per gli amanti del ciclismo, con Greg Lemond in copertina?
Punch-out! e Frank Bruno's Boxing erano la scelta ideale per i seguaci della boxe, mentre per chi sognava di emulare Bruce Lee c'erano Yie Ar Kung-Fu, Way of the Exploding Fist e International Karate/IK+. Restando in tema di mazzate, cito anche Microleague Wrestling, un gioco famoso più per le immagini digitalizzate di Hulk Hogan e degli altri fenomeni della WWF che per la giocabilità. Molto meglio ricordare lo strip poker con le immagini digitalizzate di Samantha Fox.
E, dulcis in fundo, chiudiamo in bellezza con Speedball, dei Bitmap Brothers, il titolo che forse meglio sintetizza la genialità e la creatività dei videogiochi degli anni Ottanta. Anche perché nel decennio successivo il mondo videoludico è completamente cambiato, perdendo quell'innocenza e quella follia creativa che tanto avevo apprezzato nei video game di quei meravigliosi anni... Ottanta!
Questo articolo fa parte della Cover Story "Stranger Things e gli anni Ottanta", che trovate riepilogata a questo indirizzo.