Outcast

View Original

Trüberbrook: gotta light?

Col fatto che la storia di Trüberbrook prende il via nei pressi di una misteriosa stazione di benzina dispersa nel nulla, di notte e con tanto di musichetta sinistra, è davvero difficile non pensare a Twin Peaks: The Return.

In effetti, considerata la mole di citazioni lynchiane nella quale gli autori lo hanno inzuppato, è difficile non pensarci per tutto quanto il gioco: vuoi per la presenza della solita cittadina di provincia misteriosa, vuoi per un protagonista che spara le proprie considerazioni a un registratore a cassette rivolgendosi a una certa “Beverly”. Ma nonostante l’opera di Lynch sia la fonte più vistosa di questa avventura punta e clicca estremamente classica – ed estremamente derivativa - non è mica l’unica, ché Trüberbrook è praticamente un dizionario di riferimenti mistery/quantistici per nerd: da Lost a X-Files, passando per Ritorno al futuro e Stranger Things, c’è dentro davvero di tutto.

Tra l’altro, fateci caso: come diavolo è possibile che mi imbatta sempre nelle stesse tre o quattro tematiche? Colpa di giopep che mi gira i giochini a tema? Colpa degli autori che non vogliono mollare un certo immaginario? O è colpa mia, ché vaneggio? Boh.

Detto ciò, e al netto dei suddetti elementi, delle atmosfere e persino delle musiche in stile “Americana”, qualcosa di particolare Trüberbrook ce l’ha: è ambientato nella Germania dell’Ovest del 1967, in piena Guerra Fredda. Il che ha senso, considerato che dietro al gioco ci sono un publisher tedesco, Headup Games, e lo studio di sviluppo btf, con base a Colonia.

Nato sulla scorta di un collettivo studentesco, btf non bazzica solo i videogiochi ma opera anche su altri medi (tipo la TV). Questa vocazione interdisciplinare si riflette parecchio su Trüberbrook, sia a livello di scrittura che, soprattutto, per quanto concerne la direzione artistica.

L’impatto col gioco è estremamente gradevole alla vista, e questo perché tutti gli scenari e i modelli dei personaggi sono stati realizzati a mano fin nei minimi dettagli. Dopodiché, sono stati digitalizzati attraverso la tecnica della fotogrammetria e semplificati via rendering in tempo reale.

Sbattimenti pazzeschi per scene molto belle.

Al netto del considerevole impegno richiesto, questa scelta così particolare ha permesso agli artisti di gestire con estremo realismo l’illuminazione, le ombre, i colori e i riflessi, e in generale di mettere assieme un’atmosfera davvero unica.

La fotografia del gioco è strepitosa, mentre l’effetto finale recupera quel non so che di artigianale tipico di opere come Fantastic Mr. Fox o i corti di Wallace & Gromit. Anche i movimenti di macchina e la regia, per quanto semplici, riescono a dare un bel tono all’ambiente, così come il sonoro dinamico in stile iMUSE, il doppiaggio (presente sia in inglese che in tedesco) e le musiche. Tra l’altro, tanto per tornare alla fissa per Lynch, a un certo punto salta pure fuori un concertino, vedi te.

Non sarà fantastic, ma sicuramente è fox.

Insomma, Trüberbrook si presenta bene, a tratti addirittura ottimamente. Toh, se proprio gli vogliamo fare qualche pulce, non ho notato la medesima cura in tutti gli scenari e ho bisticciato con alcune scelte di character design. Problema mio, mi rendo conto.

Anche la trama, per quanto derivativa, è intrigante e regala pure un colpo di scena ben piazzato. Protagonista dell’ambaradan è il giovane fisico americano Hans Tannhauser, che suo malgrado viene costretto dalle circostanze a districarsi tra i misteri della cittadina tedesca di Trüberbrook. Dentro al bagaglio narrativo del gioco troviamo il solito repertorio di fisica quantistica, la metafisica, i personaggi bizzarri e i tipici cliché del genere mystery (che tendo a gradire, tra l’altro), con l’ambientazione europea e il taglio semiserio che rinfrescano un po’ tutto.

L'avventura inizia con delle impronte misteriose nella notte.

A non essere particolarmente fresche, invece, sono la struttura e le meccaniche, il cui debito verso le avventure LucasArts dei primi anni Novanta va un po’ oltre il semplice gusto per la citazione. Per contesto, siamo vicini a un Day of the Tentacle (e a Thimbleweed Park, conseguentemente), ma l’organizzazione generale del gioco di btw - compresi il ritmo, la distribuzione degli enigmi e persino la costruzione tematica dei capitoli - è praticamente la parafrasi di Monkey Island 2: LeChuck's Revenge.

La scelta di appoggiarsi così tanto allo stile di Gilbert e Grossman – e a un classico di quel calibro - si è rivelata un’arma a doppio taglio, dal momento che ha finito con l’evidenziare tutti i problemi di Trüberbrook, anziché esaltarne i lati positivi. Ed è un peccato, perché la maggior parte degli enigmi non è male e, anzi, propone al giocatore una sfida interessante. Peccato che alla lunga si sfilaccino, finendo con l’affaticare la storia, soprattutto durante una parte centrale eccessivamente prolissa™.

Qui siamo chiaramente in un momento Lost.

Oh, magari mi sarò rincoglionito io, ma che senso ha ripescare il ritmo, le prassi e soprattutto la fissa per la longevità delle avventure anni Novanta? Perché ficcare il dito in piaghe che già allora trovavo fastidiose ma ci si badava meno - ché non erano tempi di sintesi, quelli – ma oggi, signora mia?

Mentre giocavo a Trüberbrook, me lo sono domandato spesso, perché come ho detto il gioco parte bene. Poi, più o meno dalla metà in avanti, gli enigmi si fanno sempre meno coincisi, il backtraking sale e a risentirne sono la pazienza del giocatore e, peggio ancora, la scorrevolezza della storia. Il bello (o il brutto) è che in questa scelta di allungare il brodo non ci ho visto una particolare necessità di design o di ingaggio, men che meno narrativa, ma soltanto sussiego verso il passato. Anche perché i pezzi di puzzle si sparpaglieranno e tutto, OK, ma l’interfaccia è talmente didascalica che alla lunga favorisce l’incastro “casuale e inevitabile”, anziché premiare una logica asciutta.

Così, se lo chiedete a me, Trüberbrook costituisce una mezza occasione mancata; ha delle belle premesse, tiene il ritmo fino a metà e quindi si impantana. Poi, per carità, se cercate un’esperienza alla vecchia, buttatevici. Personalmente non ho più l’età per le cose che facevo a trent’anni, figuriamoci riprendere in mano quelle che facevo a quindici.

Ho giocato a Trüberbrook grazie a un codice review gentilmente fornito dal publisher, su un MacBook non proprio di primo pelo (e che ogni tanto arrancava). Ricordo che il gioco uscirà domani in versione PC e Mac - solo in via digitale, su Steam e su GOG - mentre il prossimo 17 aprile bagnerà le bocche di PlayStation 4, Switch e Xbox One.