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Guerre Stellaris

Ieri sera ho vinto la mia prima partita seria a Stellaris.

Dico “seria” perché la mia vittoria precedente è arrivata un po’ su rotaie.

Vi racconto brevemente dell’impero dei Pupini, una hive mind fungoide amichevole ma dall’aspetto ripugnante, il che ha creato qualche problema relazionale durante i primi incontri con altre specie spaziali. I Pupini abitavano (abitano, li ho abbandonati dopo aver vinto ma loro stanno ancora lì, da qualche parte della galassia: che bello sarebbe reincontrarli in futuro con un altro impero?) in una piccola galassia a spirale, condivisa con altri quattro imperi – ops, tre, uno di questi ha alzato un po’ troppo la testa e abbiamo dovuto assimilarlo. Tre imperi, dicevo, tutti federati a creare una grande armoniosa comunità galattica che ha respinto ogni crisi, compresa quella volta che tutte le intelligenze artificiali dell’universo si sono ribellate spinte da un misterioso segnale per nulla ispirato a Battlestar Galactica.

Avrei voluto costellare il pezzo di screenshot della mia ultima campagna ma mi sono dimenticato di farlo, quindi beccatevi un po’ di immagini stock.

Il bello di Stellaris è che è praticamente impossibile giocarci senza uscirne con una, dieci, cento storie di questo tipo: la semplice quantità di roba che succede nel corso di una campagna garantisce che almeno alcuni di questi spunti si coaguleranno in una qualche forma di narrativa che trasforma un gioco di menu e gestione di sistemi in un generatore di epica galattica. Confortato dal successo dei Pupini ho deciso di scialacquare un po’ di denaro e fare incetta di DLC narrativi, quelli che moltiplicano il contenuto autorializzato per riempire tutti quei buchi che inevitabilmente si creano in ogni campagna tra un avvenimento e l’altro, e che se chiedete a me sono una delle cose migliori di Stellaris e in generale dei 4X: la soddisfazione di automatizzare quello che serve, incrociare le braccia e godersi il proprio impero che cresce autonomamente è impareggiabile. Mi piace ogni tanto non aver niente da fare se non vagare per il mio impero a controllare che vada tutto bene; a quanto pare però non piace a tutti, e il risultato dopo sette anni di vita del gioco sono questi pacchetti di storielle la cui probabilità di comparire è sparpagliata nell’arco dell’intera campagna, così da avere sempre qualcosa di nuovo e fresco a cui pensare. Come detto non sono un fan, ma non ci vuole nulla a disattivarli, se dovessi scoprire che non mi piacciono.

Lasciate quindi che vi parli delle Scimmiette Felici dell’Impero di Monkeyia, una specie xenofila, amichevolissima e pure molto attraente che ha deciso di esplorare le stelle con lo scopo di fare amicizia con tutta la galassia. (un giorno, lo giuro, farò anch’io l’impero di spazionazisti xenofobi che a quanto pare è la scelta di riferimento del 90% del fandom di Stellaris, un’informazione sulla quale non mi farò ulteriori domande) Nate sul pianeta di Elos, che letto al contrario è “Sole”, anzi “solE”, perché sono arguto e perché volevo fare Il pianeta delle scimmie, le Scimmiette Felici hanno deciso di conquistare le stelle sotto la guida illuminata di Re Luigi. Quando le prime astronavi primate hanno preso il volo e abbandonato l’atmosfera di Elos, hanno immediatamente scoperto di trovarsi in uno degli angoli più remoti di una grossa galassia a spirale.

Questo dal punto di vista tattico mi ha fatto tirare immediatamente un sospiro di sollievo: uno dei miei problemi con i 4X, e uno dei motivi per cui mi forzo a impararli, è che ho la fobia del micromanagement; il problema è che è il genere di fobia che poi ha un peso negativo anche nella mia vita di tutti i giorni, e ho deciso che i giochi di strategia, e in generale i giochi nei quali succedono mille cose contemporaneamente tutte sotto la mia responsabilità, sono un modo per allenare certe skill nelle quali sono carente senza fare troppi danni. Per cui: un vicolo cieco alle spalle e tutto il resto della galassia davanti a noi Scimmiette Felici. Avevo un piano ambizioso che prevedeva di risalire l’intera spirale fino a raggiungere il centro, e da lì continuare l’espansione sull’altro braccio.

Ovviamente è andato tutto a ramengo non appena ho scoperto che uno dei miei vicini era un Impero Caduto, che all’atto pratico significa un impero di fine gioco in una galassia di bambini. Caduto, però, e quindi molle, decadente e soprattutto passivo: sono lì, non rompono il cazzo a nessuno a meno che non li stuzzichi, oppure a meno che, come ho scoperto più tardi a mie spese, non cominci a diventare troppo grosso e a mettere a rischio la loro seppur solo potenziale supremazia. Abbiamo comunque avuto un ottimo rapporto per lungo tempo, eh! Addirittura a un certo punto ho ritrovato un loro antico artefatto e gliel’ho restituito, e per ringraziarmi mi hanno gentilmente concesso un paio di loro pianeti in dono, con nomi magniloquenti e promettenti tipo EMERALD SANCTUARY.

Forse questa l’ho già messa?

Impero Caduto a parte, le Scimmiette Felici hanno esplorato a lungo e con gusto la galassia,  e allungato le loro dolci manine fin nei suoi angoli più remoti. Con i DLC attivi la fase di esplorazione si fa molto più ricca, e mette in luce tutti i pregi ma anche i difetti di Stellaris. I pregi sono innanzitutto che è effettivamente divertente avere più roba da fare, che in molti casi è low effort (prendi una Science Ship, mandala in quel sistema, investiga/scava) ma sempre accompagnata da grande personalità: ci sono tantissime parole, il genere di parole che servono per far sì che “il pianeta XYZ ora produce tre unità di cibo in più” non sia solo un bonus ma abbia una storia alle spalle. Spesso poi queste storielline ti lasciano in dono qualcosa di unico, le Scimmiette Felici per esempio controllavano tra le altre cose un drago spaziale nato da un uovo schiusosi grazie agli sforzi dei nostri spazioscienziati. E più si procede con la campagna più compaiono storielline complicate, multifase, che ti spingono a saltellare in giro per la galassia e a imbarcarti in missioni lunghe decenni: la mia preferita è stata fare amicizia con delle entità senzienti ma gassose, che ho scarrozzato in giro per l’universo e ho anche aiutato a realizzare il sogno della rivoluzione proletaria gassosa.

Il problema è che, per quanto complesse e tentacolari, tutte queste storielle sono discrete, esistono in un vuoto che le piazza casualmente in giro per la galassia ma non contribuiscono direttamente a plasmarla su una scala più ampia. Mi rendo conto che quello che sto dicendo è sostanzialmente impossibile da realizzare, che l’unico formato possibile per quello che di fatto è un sandbox senza direzione se non “nel 20500 hai vinto o hai perso” sia questo: far coesistere, senza far mai davvero incontrare, i due strati, quello narrativo che si svolge a un livello più granulare e quello strategico che invece abbraccia l’intera galassia. Diciamo che ciò che mi spiace è che le singole storielline non contribuiscano granché a caratterizzare l’impero che stai gestendo, al di là del fatto che magari quell’anomalia su quel pianeta l’ha reso particolarmente fertile e quindi va a finire che ci costruisci il doppio delle fattorie rispetto a quante avevi pianificato.

(un pensiero che faccio spesso in questi giorni, durante le fasi iniziali della costruzione di un impero quando hai solo un paio di Enterprise che stanno esplorando il tuo vicinato galattico, è quanto sarebbe carina una serie basata sull’IP e che racconta il viaggio di una singola science ship che esplora sistemi solari prima vicini e via via più lontani, il tutto nel nome della scienza. Gli eventi dei singoli episodi già esistono, sono scritti, basterebbe vabbe’ non voglio divagare)

PEW PEW PEW

È anche vero però che Stellaris funzionerebbe anche se tutte queste storielline non esistessero, perché inevitabilmente le scelte strategiche e di ottimizzazione si scontrano con la realtà dei fatti e la presenza di altri imperi, e questa frizione è quella che dà origine alla vera epica del gioco, a quelle esperienze che poi racconti agli amici con tono entusiasta cercando di convincerli a unirsi al culto. E sono storie non pre-scritte e piazzate a caso in giro per la galassia, ma che emergono dall’interazione tra il miliardo di sistemi complessi che governano la simulazione, e richiedono da parte di chi gioca una partecipazione attiva, una voglia di dare un senso ai numerini della matrice per trasformarli in mitologia.

Per esempio: le Scimmiette Felici hanno facilmente fatto amicizia con l’intero universo – tranne che con i Priki’Ti’Ki, dei buffi e tenerissimi gechi con gli occhioni che hanno la simpatica caratteristica di essere dei “fanatical purifiers”, cioè gente che non ha alcuna intenzione di imbarcarsi in sbatte tipo la diplomazia o la cosmopolitica ed è interessata solo a spazzare via dalla galassia tutte le specie senzienti che non siano la loro. I Priki’Ti’Ki hanno passato i trecento e rotti anni di durata del mio impero a rompere il cazzo ai miei amici dall’altro capo della mappa. A un certo punto hanno guadagnato l’accesso a uno wormhole di vitale importanza strategica, proprio nel cuore del territorio dei miei amici più sfigati, e connesso direttamente al cuore del mio impero.

È lì che le Scimmiette Felici hanno dimostrato al resto della galassia che felici sì, ma non ci dovete cagare il cazzo. Di default Stellaris parte nell’anno 2200 e termina nel 2500; ora del 2350, dei Priki’Ti’Ki non rimaneva più alcuna traccia, e l’impero delle Scimmiette Felici si era allargato fino ad abbracciare tre quarti di galassia.

Ora, dovete sapere che un’altra cosa sulla quale i giocatori di Stellaris hanno rotto tantissimo le scatole fino a che non sono stati accontentati è che il gioco, nella sua primissima versione, era divertente fino a tre quarti, poi diventava una palla mortale senza granché da fare se non aspettare la vittoria o provare a conquistare gli imperi altrui (un’operazione estremamente più complessa di quella che sembri, e anche dispendiosa in termini di denaro e influenza, con quest’ultima in particolare che è la currency più preziosa e rara del gioco). E quindi sono arrivate LE CRISI, ovviamente in caps. LE CRISI DI FINE GIOCO nello specifico: dal 2400 in avanti, e con una probabilità sempre maggiore anno dopo anno, nella campagna può manifestarsi una di tre CRISI, cioè situazioni di merdissima che coprono l’intera galassia e costringono tutti quanti a mollare quanto stessero facendo per dedicarsi a sconfiggerla o almeno provare a contenerla prima che si divori l’intero universo.

In pratica è come giocare con il doomsday clock sempre davanti agli occhi. Sai che hai trecento anni per costruire l’impero più imperiale di tutti, ma sai anche che ne hai duecento per arrivare preparato a quella che potrebbe essere la fine. Non lo dico per esagerare, eh: la mia prima partita di Stellaris in assoluto si è conclusa molto rapidamente con l’arrivo della CRISI, talmente più potente di me che ho messo il gioco alla massima velocità e mi sono goduto lo spettacolo di questa pandemia galattica di alieni a forma di occhio. Le Scimmiette Felici, che sono previdenti, hanno passato quei duecento anni a rinforzarsi, a costruire una flotta degna di questo nome, a diventare spaziogrossissime insomma. Senza distrarsi dal loro vero obiettivo, ovviamente, cioè diventare amiche dell’intera galassia! Pensate che a un certo punto abbiamo scoperto che in un sistema vicino a Elos, chiamato dal gioco “Sol”, si trovava un pianeta abitato da una popolazione antropoide allo stadio primitivo, la cui evoluzione culturale abbiamo potuto osservare a lungo e da vicino. A un certo punto hanno scoperto il volo spaziale pure loro, e sono diventati miei vassalli! Ho così potuto terraformare l’altro pianeta del sistema Sol, chiamarlo Il Pianeta Delle Scimmie (visto!) e popolarlo di questi buffi cosi chiamati “umani”.

Ma comunque, le mazzate. Sono uno dei pilastri, una delle quattro X del genere e sono rarissimi i giochi simili che non ti obbligano a interagire con il sistema di combattimento almeno a un livello superficiale. È il motivo per cui bingio più facilmente Cities: Skylines che Europa Universalis, e per cui sono un così grande fan di Civ VI, nel quale è possibile (e neanche particolarmente difficile) vincere una partita senza mai cagarsi l’esercito. Non è che non mi piaccia spostare carroarmatini su una mappa o combattere a turni per il controllo della galassia, è il discorso precedente sul micromanaging, che nel caso delle guerre stellari di Stellaris arriva al punto che se vuoi sopravvivere a certe CRISI devi metterti a manipolare le singole astronavi e fittarle con l’equipaggiamento corretto, crearti flotte ad hoc con tattiche studiate a seconda di chi hai di fronte…

Per fortuna Stellaris è divertente anche se giocato a difficoltà approcciabile (ci sono sette livelli, io gioco al quarto), il che riduce in parte l’analità della faccenda. E soprattutto la guerra è solo uno dei mille sistemi del gioco, e in quanto tale è relativamente complesso, sì, ma gestibile anche da una mente semplice come la mia. Qui arriviamo a un’altra di quelle cose che il fan medio di Stellaris odia e che io invece apprezzo: il modo migliore per vincere qualsiasi cosa in questo gioco è riempirsi di doomstacks. Il doomstack è un concetto che io trovo bellissimo: non importa quanto la tua flotta sia tatticamente perfetta e assemblata con estrema cura fino all’ultimo motore posteriore dell’ultima stronzissima corvetta,  se la tua flotta vale 50k e la mia ne vale 100k ti schiaccio sotto il mio spaziotallone senza sudare, e rido mentre guardo la tua intera famiglia venire vaporizzata dai miei giganteschi e metaforici spaziofalli laser.

DOOMSTACK

Nonostante la loro primatesca simpatia, Re Luigi XVI e le Scimmiette Felici hanno quindi riempito il loro impero di doomstacks, just in case. Ed è qui che è successa una di quelle cose alle quali accennavo prima parlando di storielline, quelle catastrofi emergenti che poi sono quelle che danno il suo vero carattere a Stellaris, che raccontano le vere storie che rendono ogni campagna diversa dalle altre. È successo cioè che la CRISI è scoppiata prestissimo, nell’anno 2405, a dicembre. E che sempre nell’anno 2405, a novembre, l’Impero Caduto degli Stronzi Maledetti ha deciso che ne aveva avuto abbastanza della mia mammiferesca arroganza, e ha dichiarato guerra a me, a tutta la mia Federazione e pure a tutta la mia famiglia già che c’era.

Mi sono ritrovato così, io che ho il panico della microgestione, con diciassette diverse armate gigantesche da manovrare e sparpagliare in giro per la galassia così da tenere a bada contemporaneamente la minaccia Stronza Maledetta e i nuovi arrivati, la CRISI, anche questa volta manifestatasi sotto forma di Cylon di Battlestar Galactica. E per non farsi mancare nulla, un anno dopo le Scimmiette Felici sono state elette a capo della Federazione stessa: ecco che all’improvviso, oltre ai miei quasi venti doomstacks, mi sono trovato a dover controllare un numero imprecisato di astronavine federali, costruite da chissà chi, distribuite chissà dove. È qui che ho imparato un’altra grandissima lezione di vita, o quantomeno utile a vincere le partite a Stellaris.

Come sempre, Reddit è una miniera. Grazie Reddit.

La mia fobia per l’organizzazione capillare che ti obbliga a gestire tantissime informazioni contemporaneamente interagisce benissimo con un’altra mia grande paura che è tipicamente un ostacolo quando gioco ai giochi di strategia: mi piace ottimizzare, efficientare, massimizzare, avere tutto perfettamente funzionante e nulla da tenere d’occhio o di cui preoccuparmi. È il motivo per cui adoro tutti i videogiochi che hanno uno hub, credo, ma questo è un discorso che magari approfondirò un’altra volta. Quando un impero in Stellaris diventa troppo grosso, pensare di gestirlo sempre tutto al massimo dell’efficienza è un’utopia, ci saranno sempre periodi di crisi (non CRISI) nei quali devi fermarti e ripensare alle tue scelte, ci sarà sempre quel pianeta sul quale il crimine è salito sopra il livello di guardia e ora è diventato Mos Eisley.

Figuratevi quando c’è una guerra in corso. Interi sistemi solari che cambiano continuamente di proprietario. La tua intera flotta impegnata a respingere un’offensiva particolarmente pericolosa, oppure a bombardare uno dei centri di riproduzione dei Cylon, e intanto i tuoi rivali Stronzi Maledetti che usano la loro Astronave Ammazzapianeti per cancellare dall’esistenza intere tue colonie. Pezzi di mappa stellare che cambiano colore, e probabilmente non torneranno più indietro. Il perfetto impero delle Scimmiette Felici trasformato in un gruviera, pieno di simbolini rossi, con sempre almeno tre invasioni planetarie in corso contemporaneamente. Ero convinto che i miei doomstacks bastassero per non soffrire troppo, e magari sarebbero anche bastati: non avevo però considerato la possibilità che l’Impero Romano Spaziale si potesse incazzare per questo. Ho dovuto quindi accettare la perdita, l’idea che se prima della guerra avevo settantotto pianeti e dopo la guerra cinquantatre mi è andata tutto sommato bene. Non puoi sempre tenere tutto sotto controllo nella vita, ci sono cose che devi accettare di poter perdere, e tra queste ci sono anche alcuni sistemi solari.

Una cosa carina che non vi ho detto è che ho anche incontrato un Orrore Dimensionale. Come detto, in una singola campagna di Stellaris succedono UN BOTTO DI COSE.

Alla fine ho comunque vinto, grazie soprattutto all’intoccabile doomstack da 150k che ha raso al suolo interi pianeti e riconquistato gran parte del territorio perduto e caduto in mano agli Stronzi Maledetti. Perché poi l’abbiamo vinta quella guerra, eh? Prima di risolvere la CRISI e nonostante gli altri imperi della Federazione stessero venendo spazzati via uno dopo l’altro dai Cylon. Mi hanno chiesto scusa loro, gli Stronzi Maledetti, sono venuti in ginocchio a chiedermi di fare la pace, che non volevano mica attaccarmi, è stato tutto un fraintendimento. Li ho lasciati confinati al solo sistema solare iniziale, con un paio di pianeti e poco altro, e sono andato a occuparmi della CRISI. Alla fine, nel mese di febbraio 2501, ho distrutto Caprica e vinto tutta la partita.

A quel punto sono andato avanti a giocare, ho dichiarato guerra agli Stronzi Maledetti e li ho definitivamente eliminati dalla galassia, bombardando i loro due stronzissimi pianeti con IL VAIOLO.

Un’altra cosa che ho imparato giocando a Stellaris è che prima poi ti trasformerà in una brutta persona.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata allo spazio, che trovate riassunta a questo indirizzo.