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La prima stagione di Runaways è una bella sorpresa

Runaways nacque nel 2003 come serie a fumetti inserita nella linea Tsunami di Marvel Comics, ideata per provare ad accalappiare gli amanti dei manga attraverso uno stile grafico che ammiccava verso l'oriente. Di quella linea non si salvò moltissimo ma certamente la creatura di  Brian K. Vaughan e Adrian Alphona è fra quelle ricordate con più affetto, grazie alla freschezza, alle idee azzeccate, alla scrittura brillante e, insomma, a un po' tutto ciò che caratterizza le opere dello scrittore americano. La premessa era semplice ma azzeccata: un fumetto Marvel ambientato a Los Angeles, quindi lontano da dove operano di solito i supereroi della casa delle idee, incentrato su delle figure adolescenti e su un'estremizzazione della classica storia di conflitto generazionale: sono assaliti dagli ormoni ma anche dalla scoperta di avere superpoteri o, comunque, caratteristiche fuori dal normale; l'inevitabile moto di ribellione nei confronti delle figure adulte viene "lievemente" acuito quando si rendono conto che i loro genitori sono supercriminali uniti in un culto omicida; vivono le classiche vicende da ragazzini, amorose e non, in questo contesto surreale. A seguito di un ciclo iniziale splendido, la serie si è via via persa ma si è comunque a lungo parlato di un possibile adattamento e l'anno scorso l'ha tirato fuori Hulu, con la versione italiana finalmente arrivata oggi su TIMVISION (e prevista per gennaio su Rai 4).

L'adattamento televisivo, curato da Josh Schwartz e Stephanie Savage ma a cui comunque Vaughan ha ampiamente collaborato, fa quello che qualsiasi buon adattamento dovrebbe fare: recupera i concetti di base per farci poi un po' quello che vuole. Rimane infatti l'idea degli adolescenti malmostosi che scoprono di essere più di quel che credevano e che beccano i genitori con le mani nella marmellata e rimane anche l'ambientazione "lontana" dall'attività normale dell'universo (qui cinematografico) Marvel, che ancora più dei fumetti concentra tutto su New York e dintorni. Come spesso accade con le serie TV Marvel, infatti, il mondo è quello e ogni tanto viene omaggiato da qualche cenno, ma fondamentalmente la storia si fa gli affari suoi. Che, insomma, è sempre un compromesso molto utile: non sei costretto a immergerti nella continuity ma parti dalla base di un mondo che ha visto dieci anni di essere volanti e divinità col martello, quindi puoi permetterti di raccontare cose surreali senza perdere tempo a spiegarle troppo.

Le deviazioni vere rispetto all'originale sono due, una prevedibile, l'altra meno ma, a mio parere, intelligente. Da un lato, è chiaro, nel momento in cui collochi la serie nell'universo cinematografico Marvel, abbassi il tiro del surreale, e infatti ci si ritrova con elementi supereroici un po' normalizzati, senza mutanti fra le scatole e così via. Dall'altro, con una scelta forse simile a quella di altri adattamenti da fumetto a serie TV (penso a Preacher The Walking Dead), le premesse sono state allungate al punto di trasformare in un'intera stagione quelle che in origine erano poche pagine. Il motivo? Dare corpo alle figure degli antagonisti. Nei fumetti, i genitori erano letteralmente supercriminali, con costumi e tutto quanto, ed erano macchiette per nulla caratterizzate, figuranti elevati a simbolo degli adulti che negli occhi degli adolescenti sono tutti sbagliati e inaffidabili. Qui, invece, al di là del fatto che per ragioni di contesto narrativo non sono i pazzi furiosi col mantello e i superpoteri, i genitori hanno ampio spazio nella narrazione e la prima stagione viene dedicata quasi per intero ad approfondire anche le loro figure e dare corpo al conflitto fra giovani e adulti. Poi magari la scrittura non è sempre all'altezza dell'ambizione, ma la scelta è vincente, anche perché trattata con intelligenza nella maniera malinconicamente credibile in cui ti mostra ragazzini che faticano ad accettare le malefatte dei genitori anche quando il rapporto va oltre il limite dell'abuso.

Al di là delle scelte di adattamento, comunque, Runaways è una serie davvero solida, seppur con una prima stagione dallo sviluppo molto tradizionale: ottima partenza, costruzione dai tempi un po' dilatati, crescendo finale notevole, ultimissima puntata valida ma che si sgonfia abbastanza e sostanzialmente ti conferma di aver seguito un lungo prologo, utile e interessante per creare delle basi ma in cui non è davvero successo molto di significativo per portare avanti la storia. La qualità, però, c'è e, se si apprezza lo spirito della serie, c'è parecchio da divertirsi, con un racconto fondamentalmente adolescenziale nel taglio, nell'approccio ai rapporti fra i personaggi e al conflitto generazionale, ma una scrittura solida, una buona cura estetica e una personalità molto marcata, grazie anche alle belle scelte di colonna sonora. Il cast funziona, fa piacere vedere Christian Troy e Spike ancora in forma e, se lo chiedete a me, Runaways è superiore a qualsiasi cosa sia venuta fuori dal sodalizio fra Marvel e Netflix dopo la prima stagione di Jessica Jones. Poi, certo, il metro di paragone è quello che è.

Io me lo sono visto in lingua originale ormai parecchio tempo fa, a cavallo fra la fine del 2017 e l’inizio del 2018. Come detto sopra, in Italia ci arriva oggi su TIMVISION, dove verrà pubblicato a cadenza settimanale, con due episodi ogni giovedì, ed è prevista anche la trasmissione su Rai 4 a gennaio.