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Robbie Williams su una Williams = Supreme

Anche se in realtà sembrava tantissimo una Ferrari 312.

Chi conosce la discografia dell’ex Take That, sa già dove si andrà a parare, quindi vorrei aprire le danze con una dichiarazione, a me Robert Peter “Robbie” Williams sta simpatico.

Mi ha sempre fatto quasi tenerezza il fatto che questo non bellissimo e certamente non intonatissimo manzo da boy band sia riuscito di pura arroganza a farsi una carriera da solista che ha letteralmente spaccato i botteghini a cavallo dei due millenni e, ciò nonostante, abbia continuato a portarsi dietro un complesso dell’impostore grosso come i furgoni portavalori che trasportavano gli incassi dei suoi tour.

Una patologica insicurezza raccontata in più di una canzone, che magari è una arguta trovata commerciale per accattivarsi le simpatie del pubblico e il senso materno di milioni di fan, ma che spiegherebbe quell’autoironia che tracima nel senso di sconfitta e desiderio di scomparire che troviamo in praticamente tutti i suoi video più “divertenti”: Millenium, Rock DJ e, ovviamente, Supreme.

Il video del quarto singolo dell’album Sing when you’re winning (il terzo era, guarda caso: Rock DJ), era il falso documentario Gentlemen Racers, che in un campionato di Formula 1 del 1969 vedeva John Young “Jackie” Stuart sulla sua Matra MS80 preparata dal genio assoluto di Ken Tyrrel, tallonato dalla meteora Bob Williams della “Williams Pistons” (Williams Motors non si poteva usare).

Tra ammucchiate alla partenza, vittorie in solitaria, basette foltissime e baffi rasati, pipe e cappelli inguardabili, in quattro minuti viene raccontata l’epica di quando i piloti di Formula 1 erano delle rockstar, simpatiche o scostanti ma pur sempre rockstar, impegnate a flirtare in pubblico con giovani modelle e belle ereditiere per le gioie dei paparazzi onnipresenti.

Cavalieri di ventura che sfrecciavano su centinaia di cavalli rischiando di spegnersi nel bagliore di un auto in fiamme se il personale a bordo pista non fosse stato abbastanza preparato o coraggiosamente incosciente dal tirarli fuori da una bottiglia di napalm su ruote, degna chiusura drammatica del secondo atto che prelude ad un climax nel terzo che, appunto, non ci sarà.

Il brevissimo “viaggio dell’eroe” si concluderà sconsolatamente a causa una diarrea traditrice.

Come ci racconta il cartiglio finale, Jackie Stewart vincerà tre titoli, Bob Williams si ritirerà e diventerà un famoso chitarrista blues e inventore della pipa senza tabacco, mentre la Formula 1 eroica, di baffetti e basette sorridenti contro facce tirate e gelide, continuerà la sua corsa, tra gare cariche di locura e altre soporifere già dal giro di ricognizione, fino più o meno al ritiro del Leone, per poi diventare un circo di precisetti telecomandati dalle scuderie.

Ma su questa cosa, impossibile fare un video divertente.

Questo articolo fa parte della Cover Story “Motori in pista”, che potete trovare riassunta qua.