Outcast

View Original

Rayman Origins e dieci anni di ceffoni senza braccia | Racconti dall'ospizio

Ricordo molto bene Rayman Origins e il contesto in cui uscì. In particolare, i Mario all’epoca non è che se la passassero benissimo, con la serie New che, per quanto comunque di ampio successo, non sembrava accontentare tutti i fan del globo. Personalmente, New Super Mario Bros Wii mi piacque non poco, in particolar modo le sezioni finali, dove il level design di Nintendo mostrava i soliti affilatissimi artigli, ma devo ammettere che il primo per DS non è che mi sconfinferò molto e l’episodio per 3DS, per la sua natura super peculiare, faceva un po’ storia a sé.

Insomma, il caro vecchio Mario tornava spesso a scorrazzare in due dimensioni ma c’erano diversi brontoloni che lo davano per spacciato, morto, poco ispirato.

E quando Rayman Origins uscì un po’ ovunque - io lo provai appunto su Wii - ebbero altre frecce al loro arco.

Giocai tutta l’avventura con Goblox. Rigiocherei tutta l’avventura con Globox.

Ora, siamo onesti: Rayman Origins era una bomba. Bellissimo da vedere, prendeva molte cose in prestito dal citato New Super Mario Bros Wii (in particolare la vocazione al multiplayer) ma le condiva con un look ispiratissimo, una marea abnorme di sbloccabili - questa in realtà mutuata dal fantastico Rayman 3 - e tantissimi livelli decisamente ben confezionati, in grado di dare soddisfazioni un po’ a tutti.

Esplorazione sopraffina e segreti nascosti in luoghi sfidanti? Presenti.

Architettura dei livelli in grado di ingrifare anche chi invece preferisce correre come un forsennato fino alla fine? Presente.

Citazioni e situazioni da slapstick comedy? Pure loro.

Livelli acquatici finalmente belli? Sì, presenti pure loro. Insomma, che gli vuoi dire a sto gioco, oh!

Insomma, Rayman Origins rilanciava la melanzana di Ubisoft (che a leggerla oggi può far sorridere qualcuno e triggerare il buon DeLu) che per troppi anni era stata la spalla più seriosa degli irriverenti Rabbids. Conquistando un po’ tutti, anche grazie a una varietà sia di scenari che di livelli, che intervallano l’azione classica a piccoli ma intensi momenti da “shoot em up”, con i beniamini a fluttuare nel cielo e prendere a calci, cazzotti, sberle e qualunque tipo di attacco per farsi largo tra sgangherati avversari. E forse era un po’ quella la vera cifra vincente di Rayman Origins: l’essere un platform serissimo, non troppo frustrante, con un look e un mood invece scanzonati e soprattutto autoironici, con un pizzico di spirito iconoclasta in grado di intrigare non solo i numerosi nuovi arrivati giunti sul scintillante nuovo carro vincente dei platform “tripla A”, ma anche chi si è dedicato alle avventure del figlio più noto di Michel Ancel fin dai suoi albori.

Alcuni livelli sono davvero pazzeschi per scelte cromatiche e ispirazione generale.


E nonostante, come già accennato, a me tutto sommato divertissero anche i Mario considerati “deboli” da chi millantava di intendersene davvero di platform e comunque mi trastullassi amabilmente con tutta la wave di platform indie dell’epoca, venni attratto pure io dalle sirene di Rayman Origins, portando dentro mio fratello per tutta la durata dell’avventura. Con lui ho poi affrontato su Wii U anche il sequel, quel Rayman Legends, che secondo me è anche meglio di Origins. Ma forse perché ci sono i livelli “musicali”, con tanto di stage a tema Black Betty che resta uno dei miei momenti preferiti dei giochi di piattaforme di tutti i tempi.

Insomma, lode a Rayman Origins. Sei invecchiato benissimo. Credo. Non so. Ma senza te non ci sarebbe stato il livello a tema Black Betty, quindi grazie tantissimo.