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Il primo OlliOlli non si scorda mai

Trovo sempre poco piacevoli i pezzi che cominciano con un paragrafo di humblebragging, e anche rivangare gli stessi aneddoti, tuttavia eccomi qui: anche a questo giro giopep mi ha chiesto se potevo scrivere qualcosa per un anniversario. Purtroppo non mi è ancora passata la patologia per cui, se qualcuno comincia una domanda con “ti ricordi…?” la mia risposta è sempre “no”, quindi ancora una volta mi sono trovato in difficoltà. “Ci provo, ma non prometto niente”. Se non fosse che, questa volta, non solo ricordassi il gioco, OlliOlli, ma ho anche avuto modo di parlarne, qualche giorno dopo, con uno dei ragazzi che hanno lavorato sul seguito, OlliOlli World. La vita, a volte, è strana.

OlliOlli, il primo OlliOlli di dieci (gasp) anni fa, è arrivato in un momento storico in cui i bambini stavano cominciando a dimenticarsi chi fosse Tony Hawk (da qui il titolo della mia recensione originale) e i videogiochi indie sembravano in grado di dimostrarci che i videogiochi non erano soltanto sparatutto marroni.

Oggi, dieci anni dopo, Tony Hawk è un boomer che crede negli NFT, Hideo Kojima è considerato uno sviluppatore indipendente nonostante (per dirla con Rami Ismail) faccia “piovere soldi per i first party, facendosi finanziare giochi tremendamente non-finanziabili”, e di OlliOlli è uscito un seguito, World, che per certi versi ha segnato la fine del sogno cominciato con il primo.

Intendiamoci, non è che World sia un gioco brutto, tutt’altro. Però è anche innegabile che dello spirito minimale di OlliOlli, di quel gameplay croccante e senza fronzoli, di quella dedizione e di quel gusto della ricompensa che ti sanno dare solo gli sport più esigenti sia rimasto poco. La bellezza di OlliOlli stava nel fatto che, con quel suo menu a tastoni e quel suo puntare dritto al cuore della disciplina, riusciva a coinvolgere da subito anche i meno avvezzi allo skating. Era come avere davanti una versione sulla tavola di un platform 2D: la missione era chiudere trick e salvare le caviglie, ogni tentativo andato a vuoto era un passo in più verso la riuscita di quella missione, e riuscire nella missione era la cosa più bella che potesse capitarti quel giorno.

La cosa probabilmente più pazzesca di OlliOlli era proprio che scelsero di rappresentare uno sport in cui la profondità è tutto con in un mondo bidimensionale, piatto, a scorrimento laterale… e funzionava alla grande. Anzi, arrivo a dire che la sensazione di chiusura dei trick di OlliOlli rimane ancora oggi la mia preferita di tutti i vari giochi di skate, snowboard e a base di trick che ho provato fino a qui, grazie a una fisicità e a una “croccantezza” senza pari. E sì, “croccantezza” viene sempre usato più come significante che come significato, ma per OlliOlli funziona davvero.

Dicevo: dieci anni dopo, di quella roba lì, è rimasto poco. Un po’ perché ha vinto il capitalismo i punti di riferimento sono saltati, e quello che credevamo vero nel 2013 non lo è necessariamente più nel 2023, un po’ perché l’ambizione ti porta sempre a crescere e a voler fare qualcosa di più. Soprattutto considerando che il gioco di partenza era già un miracolo di equilibrio, e riusciva a dosare le richieste più toste con una curva di apprendimento che era più sfidante che frustrante, dieci anni dopo ci siamo ritrovati con un seguito atteso che, tuttavia, è stato sviluppato dagli stessi che, nel giro di dieci anni, hanno avuto modo di allargare gli orizzonti, provato a mettere punti di atterraggio in livelli un po’ meno bidimensionali, e in generale hanno creduto che anche gli altri, là fuori, avessero continuato a giocare e ad allenarsi con OlliOlli, e quindi non avrebbero trovato World una roba da diventare matti verso la metà. Al contrario, il primo OlliOlli, che nel frattempo è uscito più o meno ovunque, è ancora, ehm, croccante come dieci anni fa, e riprenderlo in mano su Switch, su Deck o su PC fa da macchina del tempo. Anche quella storia che invecchiando si diventa meno bravi ai videogiochi tecnici, per un attimo, sembra una scusa da vecchi barbogi, ché noi sì siamo fighi davvero e sappiamo ancora giocare (poi invece devi inanellare tutto un livello senza fare un grind e ti accorgi che non sai più dove guardare, ma basta fare finta di niente).

Comincio a pensare che questo Racconto dell’ospizio sia sconclusionato e inconcludente ma, del resto, rispetto a dieci anni fa, la mia elasticità è rallentata da un mutuo e, in generale, dalla sciatica, che come immaginate non si sposa bene con l’andare in skateboard. Vorrei comunque chiudere con una nota positiva, ossia che nel giro di dieci anni le console portatili hanno fatto il giro e ora esiste Steam Deck, che se è perfetta per giocare a Elden Ring immaginate cosa può fare con OlliOlli. Magari, a forza di allenarmi, tra dieci anni riuscirò a superare Sketchside in OlliOlli World… che è comunque un’illusione più credibile di investire negli NFT.