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Old! #43 – Dicembre 1993

Old! è esattamente quella stessa rubrica che da vent'anni vedete apparire su tonnellate di riviste o siti di videogiochi. Quella in cui si dice "cosa accadeva, nel mondo dei videogiochi, [inserire a piacere] anni fa?" Esatto, come su Retro Gamer. La facciamo anche noi, grazie a Wikipedia, pescando in giro un po' a caso, perché siamo vecchi nostalgici, perché è comoda per coprire il sabato e perché sì. Ogni settimana, anni Settanta, Ottanta, Novanta e Zero, o come si chiamano. A volte saremo brevissimi, a volte saremo lunghissimi, ogni singola volta si tratterà di una cosa fatta senza impegno, per divertirci assieme a chi legge, e anzi ci piacerebbe se le maestrine in ascolto venissero a dirci "oh, avete dimenticato [inserire a piacere]".

Episodio impegnativo, questa settimana, con tre giochini mica da ridere, tutti e tre episodi d'avvio di serie molto amate, anche se dalle diverse fortune. Si comincia ovviamente con Doom, il babbo di tutti gli sparatuttto in prima persona, uscito il 10 dicembre 1993. Attenzione: non il primo FPS della storia, lo so, però il babbo, nel senso che alla fin fine, se Doom non fosse stato il fenomeno che è stato, forse oggi gli FPS e, in generale, i giochi con visuale in prima persona non rappresenterebbero un buon 85% del mercato dei videogiochi. Percentuale sparata a caso, ovviamente.

Figlio spurio e brutale di Pac-Man (sul serio, parola di John Romero), Doom è forse il simbolo massimo di un modo di fare FPS oggi sparito nel nulla, ignoto anche alla maggior parte di quei giochi che sostengono di voler essere old school. Mi riferisco, chiaramente, al level design labirintico che caratterizza tanto il pargoletto dei due John e dei loro compagni, quanto praticamente qualsiasi altro gioco appartenente allo stesso genere uscito negli anni successivi. E sono tanti. Dopo Doom – e dopo tutto il suo circo di mod e total conversion, ne ricordo con amore una dedicata ad Aliens – arriveranno un seguito e, con molta calma, un terzo episodio, con un quarto di cui si chiacchiera da ormai troppo tempo e, nel mezzo, il figlioletto Quake, pure lui munito di svariati seguiti.

Non mi metto certo a raccontare qui di come sia nato il gioco, dato che c'è chi ci ha già pensato, in una maniera che non potrei certo replicare in quattro righe. Mi limito quindi a riflettere sul fatto che mi sembrano passati molto più di vent'anni, ma in effetti non è che vent'anni siano pochi: è più di metà della mia vita (per il momento). Comunque, chiudo sottoponendovi un filmato bello ruspante realizzato dalla gente di IGN US, con John Romero che si rigioca tutto il primo episodio di Doom chiacchierandone amorevolmente.

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Il 17 dicembre 1993 esce invece Gabriel Knight: Sins of the Fathers, uno fra i miei videogiochi preferiti in assoluto nella storia, TVTB BFF forever and ever, primo episodio di una tripletta d'avventure grafiche dalla bellezza commovente (nonché quello che s'è conservato meglio dei tre, perché gli altri hanno provato ad essere al passo coi tempi, usando gli attori uno e il 3D l'altro). Gabriel Knight è il figlioletto più famoso di Jane Jensen, nato durante il periodo di massimo splendore delle avventure grafiche Sierra On-Line, quando i game designer godevano di libertà totale nel firmare il proprio operato e la sintesi fra potenza narrativa, cura per la struttura enigmistica e voglia di avvicinarsi all'approccio più “amichevole” targato Lucasarts raggiunse forse il suo apice.

Jane Jensen, che si era fatta le ossa su altri titoli Sierra, collaborando per altro a King's Quest VI: Heir Today, Gone Tomorrow, vale a dire forse il miglior episodio della saga di Roberta Williams, firma con il primo Gabriel Knight un capolavoro di struttura enigmistica, capacità evocativa, atmosfera e voglia di raccontare una storia capace di prendere vita grazie all'attenzione per i dettagli, i personaggi, le piccole cose e all'approfondimento storico/iconografico, che resterà poi sempre marchio di fabbrica della Jensen. Quando si era mai vista, nei videogiochi, una New Orleans così bella e seducente? Ve lo dico io: mai. A impreziosire il tutto, poi, ci pensa il doppiaggio, firmato da attori come Tim Curry e Mark Hamill, entrambi in forma smagliante. Il “mio” Gabriel Knight, in realtà, è muto, perché ne giocai la versione su floppy disk, ma insomma, ci siamo capiti.

Oggi, chiaramente, il gioco mostra i suoi anni sotto tanti punti di vista, ma giocato all'epoca era da colpo di fulmine immediato e, abbiate pazienza, fulminante. Detto questo, nel 2014 arriverà un remake, messo in piedi dallo studio Pinkerton Road di Jane Jensen stessa. Non so quanto essere ottimista, perché voglio troppo bene ai pixelloni della grafica originale, ma insomma, le prime immagini non sono malaccio.

A dicembre del 1993, infine, Virtua Fighter invade le sale giochi di tutto il mondo, compreso il New Rocky in Porta Venezia dove ero solito andare a trascorrere le mattinate di manifestazione e buttare via soldi a quintali. Parte della serie di giochi targati Virtua con cui Sega, in quegli anni, esplora il meraviglioso mondo della grafica tridimensionale, Virtua Fighter è il primo picchiaduro 3D a incontri della storia, o qualcosa del genere, e probabilmente è per il genere più o meno l'equivalente di Doom. O qualcosa del genere. Tecnico ma immediato, appassionante, spettacolare, Virtua Fighter, all'epoca, era un cazzotto in faccia, una roba davvero nuova e affascinante, cui sarebbe del resto arrivato a dar fastidio il rivale Tekken solo un anno dopo.

A oggi, la serie non gode più del riscontro di pubblico che raccoglieva all'epoca, ma nel frattempo si sono visti quattro seguiti e circa centomila conversioni. Il paradosso sta nel fatto che proprio Virtua Fighter, insieme a qualche altro titolo Sega, delineerà in maniera netta i problemi del Sega Saturn (per non parlare delle console precedenti, ancora in commercio e “titolari” di conversioni) nel gestire la grafica 3D, anche per colpa di un lavoro di conversione frettoloso. Andrà molto meglio con Virtua Fighter 2, decisamente riuscito nonostante gli inevitabili sacrifici sul piano della resa, ma si tornerà a penare con il terzo capitolo, convertito in maniera tutt'altro che eccellente su Dreamcast, nonostante in quel caso l'hardware non rappresenti certo un ostacolo. Ah, maledetta Sega!

Chiudiamo segnalando un paio di fatti relativi al mondo là fuori. A dicembre del 1993 esce una cofana di film che spaziano fra il carino, l'interessante e il filmone: Tre Colori: Film blu, Geronimo, Sei gradi di separazione, Schindler's List,Il rapporto Pelican, Batman: La maschera del fantasma, Tombstone, Buon compleanno Mr. Grape, Philadelphia, Nel nome del padre e chissà che altro mi sto scordando. E, beh, d'altra parte, oh, bisogna inseguire l'Oscar. Fra i diversi illustrissimi che ci lasciano in quello stesso mese, segnalo il mito Frank Zappa, che abbandona questa valle di lacrime il 4 dicembre 1993.