Outcast

View Original

Old! #101 – Febbraio 2005

Old! è esattamente quella stessa rubrica che da vent'anni vedete apparire su tonnellate di riviste o siti di videogiochi. Quella in cui si dice "cosa accadeva, nel mondo dei videogiochi, [inserire a piacere] anni fa?" Esatto, come su Retro Gamer. La facciamo anche noi, grazie a Wikipedia, pescando in giro un po' a caso, perché siamo vecchi nostalgici, perché è comoda per coprire il sabato e perché sì. Ogni settimana, anni Settanta, Ottanta, Novanta e Zero, o come si chiamano. A volte saremo brevissimi, a volte saremo lunghissimi, ogni singola volta si tratterà di una cosa fatta senza impegno, per divertirci assieme a chi legge, e anzi ci piacerebbe se le maestrine in ascolto venissero a dirci "oh, avete dimenticato [inserire a piacere]".

Pare incredibile dirlo, o forse no, ma nel 2005, quattordici anni dopo il lancio in più o meno contemporanea mondiale del primo Sonic The Hedgehog, i giochi ancora subivano ritardi nel passaggio da un continente all'altro. A volte erano ritardi di un mesetto o qualche settimana, altre volte si aspettavano mesi, se non anni. Un decennio dopo, al di là di qualche eccezione, capita quasi solo con le giapponesate più fuori di cozza e con qualche gioco Nintendo. Son passi avanti, dai. Ad ogni modo, nel caso specifico, io non mi lamento: senza i ritardi, questo episodio di Old! sarebbe un mastodonte ingestibile.

Comunque, basta divagare: il 3 febbraio 2005 si manifesta in Europa, su Xbox e solo su Xbox, Oddworld: Stranger's Wrath, quarto appuntamento con la serie creata da Lorne Lanning che, a causa del flop, chiude sostanzialmente qui il suo percorso. Rispetto alle precedenti uscite, il gioco cambia brutalmente prospettiva, presentandosi come sparatutto in prima persona (ma in terza persona nelle fasi di viaggio) e con un protagonista inedito. Bel mix di gioco d'azione e avventura, con meccaniche stealth ed elementi da gioco di ruolo ad accompagnare una narrazione intrigante, Oddworld: Stranger's Wrath diventa abbastanza velocemente un cult, amatissimo dalla critica e dai suoi fan ma, come detto, non in grado di piazzare grandi numeri. Secondo Lanning, la colpa delle scarse vendite è da imputarsi alla pressoché inesistente spinta da parte di Microsoft sul piano del marketing, ma tant'è, va così e ciao ciao: la prevista conversione PlayStation 2 viene abortita e il gioco tornerà a manifestarsi diversi anni dopo tramite riedizioni su diversi formati.

Il giorno dopo arriva in Europa (prima che nel resto del mondo, forse a causa dell'ambientazione) Shadow of Rome, un altra avventurona action targata Capcom che, una volta tanto, abbandona horror e fantascienza per raccontarci dell'antica Roma. La storia si focalizza su Agrippa, soldato figlio dell'uomo accusato di aver ucciso Giulio Cesare, e Ottaviano, che cerca di riscattarne il nome provando la sua innocenza. Nell'alternanza fra i due personaggi, il gioco propone da un lato fasi di combattimento in stile God of War e divagazioni sulle bighe, dall'altro una sorta di approccio stealth con qualche semplice puzzle da risolvere. Il mix è rozzo, ma il gioco sfrutta in maniera dignitosa il suo potenziale e si rivela divertente e ben congegnato, oltre che supportato da un motore grafico di spessore. Purtroppo, Shadow of Rome non incontra il successo sperato, soprattutto presso il pubblico occidentale per il quale sarebbe stato in teorica concepito, e il previsto seguito viene mandato al macero in favore di un altro progetto dalle ambizioni "d'esportazione" simili, a cui andrà decisamente meglio: Dead Rising.

Sempre il 4 febbraio 2005 si manifesta in Europa Donkey Kong Jungle Beat, un gioco di piattaforme per GameCube, con protagonista il gorillone Nintendo, che si appoggia su un'idea particolarmente brillante: utilizzare i bonghi di Donkey Konga come sistema di controllo. Colpendo i due tamburi si direzionano i movimenti, pestandoli assieme si salta e con un battito di mani (fra loro o sul lato del controller) si spinge Donkey Kong a batterle anche lui, con conseguenze variabili a seconda del contesto. È possibile giocare anche con un controller tradizionale, ma insomma, si perde un po' il senso dell'operazione, per un gioco che comunque punta molto anche sullo "stile" della performance, proponendo vari modi in cui è possibile completare un livello al meglio.

Accolto da pareri un po' contrastanti, Donkey Kong Jungle Beat rimane un esperimento abbastanza isolato, anche se farà il suo ritorno con una versione New Play Control! su Wii, sfruttando la combinazione di Nunchuk e Wiimote per sopperire alla non compatibilità del controller originale con la nuova console Nintendo. Il gioco verrà anche omaggiato in Super Smash Bros. Brawl attraverso una mossa finale di Donkey Kong e un'arena a tema. E prima di lasciarvi a un video sull'argomento, vi segnalo che il 18 febbraio 2005 arriva su Xbox Dead or Alive Ultimate, una raccolta dei primi due episodi nella serie delle combattenti poppute, e nello stesso giorno si manifesta Mercenaries: Playground of Destruction, un gioco d'azione open world che vede dei mercenari impegnati a fermare l'esplosione di una guerra atomica in Corea del Nord. Altro che Seth Rogen e James Franco!

L'ultimo gioco di cui chiacchiero oggi è Second Sight: La bella avventura di Free Radical Design è in realtà uscita su console nel 2004, ma mi sono dimenticato di parlarne a tempo debito, ci sono parecchio affezionato e a febbraio 2005 si manifesta su PC. Colgo quindi al volo l'occasione. Sviluppato da un team di scappati (di casa) da Rare, Second Sight mostra le sue origini nello stile visivo molto vicino a quello di TimeSplitters, ma punta in realtà altrove, proponendo un gioco con molta poca azione e che, anzi, proprio nelle sue fasi più strettamente action trova il suo maggior punto debole.

Al centro del gioco c'è infatti un uomo dotato di poteri mentali che spingono soprattutto verso la manipolazione dei nemici, l'approccio stealth e la risoluzione di enigmi. In un certo senso lo si può considerare come il fratello più riflessivo di Psi-Ops, che infatti è un gioco certamente più riuscito sul piano dell'azione. Ma Second Sight ha dalla sua un design degli ambienti e delle missioni particolarmente ingegnoso e molto libero in termini di approccio (pur col "paletto" dell'invito ad evitare gli scontri), un'atmosfera invidiabile e una narrazione di gran livello, nonostante il cliché di partenza del protagonista colpito da amnesia. Il gioco non convince proprio tutti quanti e non incontra gran successo di pubblico, ma diventa velocemente un cult, finisce in tante liste di imperdibili sottovalutati e, per quanto mi riguarda, sta serenissimo fra i titoloni nascosti di quella generazione là.

Ancora rattristato per l'insuccesso di Second Sight (non è vero, non me ne frega niente, l'importante è che ci abbia giocato io e, anzi, meglio così: non ci siamo dovuti sucare dei seguiti), concludo questo episodio di Old! All'insegna della depressione, menzionando la chiusura di Troika Games. Fondato il primo aprile del 1998 da una banda di fuggiti da Interplay, con quel califfo di Tim Cain a guidarli, lo studio californiano, durante la sua breve vita, ci ha regalato tre giochi largamente imperfetti, ricchi di problemi tecnici e polarizzanti, ma in cui – assieme alla difficoltà nel gestire i progetti – risulta evidente il talento e la voglia di pensare fuori dagli schemi dei designer a cui del resto dobbiamo i primi due Fallout.

La chiusura dello studio arriva a seguito del tentativo fallito di assicurarsi i diritti per la realizzazione proprio di Fallout 3, che come ben sappiamo finirà invece nelle mani di Bethesda. E i tre membri fondatori? Tim Cain trascorrerà i sei anni successivi presso Carbine Studios, per poi spostarsi in Obsidian Entertainment e mettersi al lavoro sul promettentissimo Pillars of Eternity. Leonard Boyarsky verrà assunto in Blizzard Entertainment per lavorare sulla storia e sugli elementi GdR di Diablo III. Jason D. Anderson tornerà in Interplay, per poi lavorare presso Turtle Rock Studios e inXile, dove firmerà la storia di Wasteland 2.