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Metrico - L'emozione di un'infografica, l'affanno di tutti noi

Tre ragazzi olandesi e un prototipo chiamato FYI, che nel 2012 ha vinto premi su premi, scomodando l’interesse rapace di Sony. L’opera prima di una piccola software house che ha visto il proprio sogno trasformarsi in una esclusiva PlayStation Vita, come a poche indipendenti solitamente accade. Sviluppato dalla olandese Digital Dreams, e presente sin dalla sua uscita nella Instant Game Collection del servizio PlayStation Plus, Metrico è un puzzle-platform d’azione a scorrimento, fresco e unico nel suo genere. Un universo in cui ragionare e misurare le proprie azioni biometriche di base, per superare piattaforme e incedere al livello successivo. O più probabilmente, Metrico è un discorso aperto quanto atmosferico sugli affanni che occorrono per superare l’infografia che subissa la nostra contemporaneità. Il prototipo chiamato FYI, alla Global Game Jam del 2011. Con l’apporto di Sony, tutto poi sarebbe cambiato.

Metrico è una esperienza estetica oltre che concettuale. Ci si immerge nella asetticità dei suoi ambienti come alla ricerca di un calore, di una affettività che i numeri, nella loro fredda misurazione, non potranno garantire mai. L’idea nasce da una sensazione conosciuta praticamente da chiunque. È il momento in cui si osserva disincantati una slide accompagnata da un diagramma colorato, fatto di cromatismi accesi che richiamano l’attenzione per infondere uno slancio di vita. Il momento in cui, visto il barbaglio di emotività generata, ci si chiede se anche un diagramma, alla fine dei giochi, possa essere considerato arte. Metrico mette la firma su questa eventualità, e il risultato è come aprire e poi chiudere definitivamente il discorso lasciato sedimentare negli interrogativi percettivi di tutto questo, superandoli appunto con l’arte.

Non si tratta solo di un platform dai puzzle magistralmente congegnati, ma del bellissimo modo d'infondere anima ai concetti sintetizzati dal numero, grazie i poteri congeniti al videogioco. Per certi versi, si tratta di un processo animistico, tipico degli infanti quando vitalizzano e risultano emotivamente attivati dalla condizione asettica delle geometrie delle forme, dei loro suoni e colori. Esiste una suggestione paraverbale che abbraccia il giocatore di Metrico. Qualcosa che piacerebbe ai digitali Radiohead, o agli stomaci che s’illanguidiscono nel sentire i synth di un vecchio film di Carpenter, tipo. Si tratta di un universo che mira a sinestesie concettuali per i giocatori scafati delle sonorità synth-pop, i quali, attraverso la patina vintage e gli impasti sintetizzati e gameplay-reattivi del compositore Palmbomen, possono provarne una sintesi avvolgente, capace di fondere l'estetica emotiva di grafica e suono.

La sua sensibilità musicale, la nostra suggestione emotiva. Palmbomen è dietro tutte le sonorità synth di Metrico. Un elemento determinante, per la cifra stilistica del gioco.

Metrico è quanto più vicino un videogioco può risultare al suo iniziale processo di prototipazione. Ne riconosce i punti di forza, per accettarli nel gameplay. È quasi possibile vedere il lavoro di level design svolto da Digital Dreams, il passaggio dai concetti su carta alla loro realizzazione bi/tridimensionale. Se il saltare in un punto preciso solleva un parallelepipedo/trampolino, il discorso di “Input morphing”, della trasformazione cioè degli input dei giocatori in qualcosa generante, diventa logico e naturale. PlayStation Vita accoglie Metrico con l'interazione polisemica di tutti i suoi controlli, offrendosi in un modo pressoché totale. Giroscopio, fotocamera, touch screen, touch pad.... non esiste caratteristica del portatile Sony che non abbia avuto riguardo. Il fascino che i puzzle di gioco sanno ingenerare, coadiuvati da una personalità estetica precisa e inappuntabile, trascendono la scompostezza aptica a cui PlayStation Vita talvolta costringe. Per amore della sua cifra stilistica, con Metrico ci si abitua alle articolazioni dolenti, a certe reiterate scomodità. Superare invece un altro dei sei livelli totali, superando la sfida proposta, è sempre foriero di genuina lietezza.

Ma l’ossessivo tornare ai puzzle di Metrico, a dispetto dei ripetuti fallimenti eventuali, è puramente frutto del suo universo conturbante. Esiste il senso di sfida, puro e connaturato alle necessità di gioco, ma si tratta di un trial & error veloce, senza dramma, dinamico e concettuale, ben lontano dallo snervante dover accusare il colpo di altre esperienze appartenenti allo stesso genere. Nulla è bastardo o infame, in Metrico. Nel suo e nel nostro mondo, un diagramma non può essere un nemico, né potrà mai avere anima. Si torna, senza ricusazioni di sorta, alle sfide lanciate dall’opera prima di Digital Dreams. Anche se è qualcosa d’altro, che di Metrico richiama a sé. Concerne la percezione estetico-simbolica che si ha di ogni sua infografica. Concerne la suggestione che il suo mondo striscia nella nostra sensibilità.

Fino a quando è umanamente possibile sopportare il languoroso peso emotivo di tutto questo…

Esiste qualcosa, nella cifra stilistica di Metrico, che riflette una propria, particolare sensibilità. Fra le sue piattaforme semoventi, fra le linee generate da assi cartesiani, qualcosa finisce col rapire la coscienza in un universo di misurazioni ergodiche, imbriglianti. Sin da subito si realizza che si tratta di un universo sensibile, capace cioè di sublimarsi in suggestioni emotive che sciolgono l’ambito puramente concettuale per innalzarlo ad un livello più sensuale. Correre, saltare, misurare, sparare linee, superare ostacoli… azioni che avvengono in una rarefazione atmosferica che, pur sguazzando in una sostanza prettamente ludica e concettuale, vive, respira e palpita immersa in una sorta di estesa calma piatta, emotivamente rapente quanto suggestionante.

Si tratta di una condizione capace di porre l’utente in un particolare stato interiore, definibile a tratti come estraniante. Quando un fondale 3D insorge sullo sfondo, avvolgendo l’incedere bidimensionale dell’avatar, trasformandosi in una piattaforma valicabile (vale a dire in level design), è come essere abbracciati da strutture intelligenti che mirano appunto alla generazione di una particolare istanza di emotività. Gli scenari iniziali di Metrico, aperti e solari, di concerto con le piattaforme in wireframe su sfondo bianco, che lasciano poi il posto ai viola che strisciano il buio degli stage più avanzati, cospirano al suscitamento di uno status che trascende il mero game design. Giocare Metrico finisce col diventare esperienza estetica più che cerebrale, capace di coinvolgere sensualmente il giocatore come mai un freddo diagramma reattivo ci si aspetterebbe capace di fare.

Fra diagrammi e tabelle, senza nome né volti, né alcuna umanità. Qui noi siamo perfetti e sterili. Siamo immacolati.

I personaggi di Metrico, poi. Queste anonime silhouette dalla semplice funzione d’attraversamento scenari, rappresentano il vuoto più assoluto. È quella che chiamano protesi digitale dei personaggi di videogiochi, par excellence. Manichini guidati, senza volto né cuore, pronti a destreggiarsi fra i flutti di piattaforme semoventi, diagrammi a torta, istogrammi responsivi e barre percentuali. Privati di qualsivoglia personalità, Metrico narra attraverso loro di una realtà asettica quanto rorida della propria natura infografica, capace di generare, in chi vi approda, un’affannosa vitalità. Si tratta forse dell’affanno di un vivere che cerca di crearsi uno spazio identitario nella riduzione e nella sintesi operata dalla percezione della contemporaneità, fatta di percentuali, statistiche, misurazioni metriche, diagrammi di flusso. Si tratta forse di riconoscere quella scintilla di colore emotivo durante un noioso meeting aziendale, con le slide proiettate al muro. O dell’irrequieto saliscendi degli indici di borsa che lasciano emergere lo scheletro concettuale e impulsivo che li sorregge, prescindendo dal profitto. O anche l’idea di livelli e misurazioni che la coscienza elabora a causa della verticalità, quando si entra in un ascensore, durante il viaggio.

Alla fine di uno stage, di fronte alla scelta di una porta fra le possibili due da varcare, una torta campeggia sullo schermo, informando sulla percentuale di quanti hanno scelto quale. Ma lo scenario successivo, a prescindere dalla porta scelta, è il medesimo per chiunque. Metrico quindi non è il messaggio. Non esistono statistiche finali o conta-passi, alla fine di ogni sezione. Tutti i reset volontari, i salti, le morti, le distanze percorse... niente, nulla. Nell’opera di Digital Dreams, nulla riassume quanto. Il suo linguaggio più logico, vista la specifica natura del gioco, viene completamente glissato, cassato, ignorato. È piuttosto l’affanno di dover superare tutto questo, si diceva. Del ragionamento che occorre per non risultarne soggiogati. Non a caso, la silhouette scelta, sia maschio o femmina, si concede solo l'emissione di un grugnito di sforzo durante i salti, a simbolizzare il superamento dell'infotainment, della pornografia della informazione infografica, oggi. Oltre questo, in Metrico nessun’altra umanità. Ecco perché, quando la si sente arrivare, la suggestione emotiva è cosa preziosa nell’opera di Digital Dreams. Al solito, se non fosse chiaro, si tratta di Arte.

Ho giocato Metrico sulla mia fida PlayStation Vita scaricandolo senza costi, poiché incluso nella Instant Game Collection di agosto 2014 grazie al servizio PlayStation Plus. Nessun codice, nessun ordine tassativo di recensione, stavolta. Solo l’estenuante desiderio di esprimere una riflessione sulla particolare condizione suggestiva in cui l’esperienza di Digital Dreams può immergere con doviziosa abilità. Metrico è arte. E il suo puzzle-solving la maschera dietro la quale non farsi notare. Statisticamente consigliato.

Voto: 8,5