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Ludophìlia # 37 – Il Classic Post Mortem di Fotone dalla GDC 2015

Ludophìlia (con l’accento così) non è una malattia venerea, ma un’incomprensibile rubrica di approfondimento videoludico che corrobora mente e joypad, curata da uno che l’avrebbe addirittura voluta intitolare “I Love Naomi Kyle”.

L'itinerario amoroso della GDC di San Francisco sembra seguire tre tappe: prima, istantanea, c'è la cattura, vengo rapito da un'immagine, da un keynote o da un panino succulento. Dopo, c'è un susseguirsi d'incontri, appuntamenti, viaggetti tra gli stand (o interi edifici/alberghi), intervistine, piccole delusioni o grandi rivelazioni, durante le quali esploro con trasporto la perfezione dell'essere amato dai videogiochi, ovvero l'insperato adeguamento di una OMI al mio desiderio (raro). Infine, una lunga sequela di sofferenze, dolori (prevalentemente mal di caviglie e polpaologiacci), fame atavica e sonnolenza violenta. Quindi, il risveglio del martedì e un nuovo inizio.

John & Brenda Romero.

Voler scrivere dell'ammore per la GDC di San Francisco significa affrontare il guazzabuglio del linguaggio: quella zona confusionale in cui ogni linguaggio, frase, parola, mugugno è insieme troppo e troppo poco, eccessivo e povero. La relazione amorosa maturata col Moscone Center ha fatto di me un soggetto atopico, indiviso: io sono il mio stesso classic post-mortem.

Sapere che dalla GDC di San Francisco non si scrive per gli altri, sapere che le cose che ascolto e apprendo non mi faranno mai amare da chi io amo, sapere che la scrittura dei relativi articoli non compensa niente, non sublima niente, è l'inizio della vera comprensione videoludica.

Nel languore amoroso della GDC di San Francisco, qualcosa se ne va ogni volta, senza fine: è come se il desiderio non fosse nient'altro che questa emorragia. La fatica amorosa compiuta tra la West, la North la South Hall del Moscone è questa: una fame che non viene saziata, un amore che rimane aperto. E ancora, tutto il mio io-videoludico è tratto fuori, trasferito all'oggetto videoludico amato, il quale ne prende il posto. Il languore sarebbe quindi quest'estenuante passaggio dalla libido narcisistica alla libido oggettuale, da Mel's ai panini della sala mensa, da Alcatraz a Mafalda.

L'anno prossimo è sì.

Quando l'esaltazione si è spenta e tutto fa ritorno alla realtà teatina, io sono solo più ridotto a fare della filosofia spicciola: la filosofia della sopportazione, fino alla prossima GDC 2016.

Così è la vita: cadere sette volte, rialzarsi otto, e tornare sempre a Frisco, ormai preda di un incontrollabile eppur suadente richiamo.