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Lo stridente ritorno di Strider

Io a Strider ci voglio bene. In effetti fu subito amore da quando, proprio durante i Mondiali di calcio del '90, me lo trovai nel cabinato dello stabilimento balneare, pronto a chiedermi duecento lire per una sessione di fighissima azione tecno-ninja. Che poi, in effetti, a lui come un ninja non pensai mai. Era semplicemente Strider, il tizio coi capelli a punta che affettava gente a destra e a manca, saltava come mai nessuno aveva saltato prima nei videogame, si arrampicava ovunque e scivolava senza neppure sbucciarsi le ginocchia. Un mito d'infanzia, in pratica, che mi portò a comprare persino la deludente versione per Amiga 500, comunque apprezzata e finita decine di volte. Per pudore non citerò l'apocrifo Strider II di US Gold e strizzerò appena l'occhiolino al vero Strider II di Capcom, così bellino con la sua veste poligonale. A parte un paio di comparsate in qualche picchiaduro, però, di Strider non ne ebbi più traccia e di tanto in tanto temevo che sbucasse in pessime riproposizioni tridimensionali, come avvenuto per Altered Beast, Golden Axe o Shinobi. Fui dunque piuttosto sorpreso di ritrovarmelo di fronte, l'anno scorso, piuttosto in salute nella sua bella bidimensionalità. Dopo avermi effettivamente stupito con la rinascita di Killer Instinct infatti, ecco che il team di Double Helix, reclutato da Capcom, mi ripropone uno Strider Hiryu molto fedele a quello che conoscevo, altrettanto agile e pronto ad affettare nuovamente qualsiasi cosa gli si pari davanti. Compro dunque il gioco al lancio su Xbox One e mi lancio nuovamente col deltaplano futuristico di Strider verso il regno (reame? Nazione? Circondariato?) di Kafazu, con lo scopo di trovare e tagliuzzare il GrandMaster Meio, reo di essere particolarmente stronzo.

Il gioco si presenta come un action-game bidimensionale realizzato interamente in grafica 3D, come Shadow Complex o il recente Castlevania: Lords of Shadow - Mirror of Fate. Senza una vera e propria premessa, iniziata la partita, ecco Strider che si catapulta dal cielo verso la parte più remota di una grossa città (in effetti, lasciarsi cadere direttamente verso l'obiettivo sarebbe stato troppo facile): due secondi più tardi sono pronto per la cruciale prova dei controlli, elemento fondamentale per questo "remake". E fortunatamente, pad alla mano, ritrovo lo Strider che conoscevo: salta, scivola, si arrampica e soprattutto taglia che è un piacere, un'azione accompagnata da quel convinto versetto che apprezzavo molto nel coin-op. Certo, è tutto molto più veloce e certe operazioni mi sarei sognato di farle nel gioco originale, ma son comunque passati circa venticinque anni e i videogame nel frattempo sono un tantino cambiati.

Ecco, questo spirito di cambiamento si percepisce innanzitutto nella struttura del gioco: laddove lo Strider originale propone un piccolo set di livelli, ciascuno di limitata estensione, questa nuova edizione ci lascia esplorare una vasta area senza effettivamente imporci una direzione da seguire. O, per lo meno, senza farlo in modo tanto palese, perché in effetti il percorso predefinito c'è eccome ed è innanzitutto identificato dall'insistente freccetta che ci fornisce un indizio riguardante la nostra prossima destinazione, ma soprattutto dalla distribuzione dei vari potenziamenti che il nostro eroe va a raccogliere nel corso dell'avventura. La nostra dotazione iniziale è infatti composta da agilità, una piccola spada e tanta buona volontà: un po' pochino per sventrare un intero esercito di cyborg bolscevichi e tornare a casa a raccontarlo agli amici del bar.

Per qualche motivo, in giro per l'area di gioco ci sono dei provvidenziali potenziamenti che vanno a... eh... potenziare le abilità e la dotazione di Strider. Si inizia ad esempio con la possibilità di caricare i colpi della nostra spada, così da passare le difese dei nemici corazzati e attivare determinati interruttori sparsi per i livelli. Poi apprenderemo mosse aggiuntive utili per raggiungere ulteriori aree o per aprire determinati passaggi, in una struttura che può ricordare un po' quella dei giochi catalogati orribilmente come "metroidvania". L'aumentare delle capacità di Strider corrisponde generalmente all'ampliamento delle sua possibilità di movimento, così da procedere via via sino al raggiungimento dell'obiettivo finale del gioco, in un viavai fra zone inesplorate e altre che diventeranno forse un po' troppo familiari, specie a causa di un design grafico dei livelli non particolarmente vario. Questo non vuol dire che il buon Hiryu non apprenderà nuove mosse squisitamente aggiuntive: anzi, il suo arsenale andrà via via ampliandosi con attacchi extra e interessanti abilità difensive, trasformandolo progressivamente in una vera e propria macchina da guerra.

Ecco, forse proprio sulla potenza del protagonista bisogna che spenda due paroline aggiuntive, perché in effetti, una volta raccolti determinati potenziamenti e aumentata un po' la barra dell'energia vitale, si ha l'impressione che l'intero esercito di Kafazu possa ben poco contro 'sto pazzo scatenato coi capelli ingelatinati. Ho scritto "si ha l'impressione" perché poi, di tanto in tanto, si capita di fronte ad un passaggio o uno scontro - generalmente contro un boss - in cui veniamo brutalmente malmenati. Sembra insomma che il bilanciamento della difficoltà non sia stato proprio una delle priorità di Double Helix nello sviluppo del gioco. Il consiglio è comunque quello di affrontare Strider al livello di difficoltà normale ed eventualmente dedicargli un secondo passaggio "hardcore" con un'impostazione più impegnativa. Tanto, a conti fatti, in cinque/sei ore di gioco si riesce tranquillamente a vedere la scena finale: può sembrare poco, in effetti, ma se pensiamo che lo Strider originale si poteva finire tranquillamente in una quindicina di minuti...

Struttura di gioco e sistema di controllo a parte, che cosa c'è del vecchio Strider in questo nuovo Strider? Innanzitutto praticamente tutti gli elementi presenti nel coin-op tornano, sebbene spesso in forma pesantemente modificata. C'è il boss-serpentone, l'astronave gigante, il cyborg-svolazzante che in sala durava 2 secondi (qui invece picchia come un matto) e via dicendo: sul fronte del "riproporre" direi che Double Helix ha svolto bene il suo compitino. A parte questo, c'è un gameplay simile ma tutto sommato disciolto in molta più esplorazione. Il che non sarebbe male se tale esplorazione fosse anche oggetto di stimoli, così come lo è, per dire, in Super Metroid o in Shadow Complex. Purtroppo non è sempre così in Strider: dando un'occhiata alla mappa, si capisce praticamente sempre in quali punti conviene fare due passi per raccogliere un bonus segreto o un potenziamento opzionale e il gusto della scoperta viene decisamente indebolito.

Non ci sono punti-esperienza o denaro da accumulare e neppure "loot" che viene lasciato dagli avversari morenti, per cui anche tornare sui propri passi per massacrare di nuovo qualche nemico non ha molto senso: ecco che dunque la struttura "aperta" dei livelli si rivela un guscio più vuoto di quanto avrei sperato, quasi a denotare l'assenza di un'identità precisa decisa dallo sviluppatore. Fortunatamente, in fase avanzata di gioco vengono abilitate alcune abilità che permettono di spostarsi rapidamente nelle vaste mappe, una specie di "via libera" per chi vuole tornare sui suoi passi per raccogliere quel costume mancante (si, Strider ha una manciata di simpatici costumi extra) o quel power-up che era irraggiungibile. Insomma, al di la di una struttura "metroidvaniosa" (aaaaaargh!) che non crede troppo in se stessa, i completisti avranno comunque la loro manciata di orette extra per sbloccare tutto lo sbloccabile e gongolarsi all'ombra di un solido 100%.

Al di là dell'esplorazione, le due cose che ho maggiormente apprezzato del nuovo Strider sono la versatilità del sistema di controllo/combattimento e gli scontri coi boss. Per il primo punto basta aspettare di ottenere quelle 2/3 abilità che ora non sto a spoilerarvi per poi scatenarsi saltellando, deviando, ri-saltellando e soprattutto affettando. Una buona intuizione di Double Helix è stata quella di semplicemente aumentare il numero di colpi necessari per eliminare anche il nemico più stupido, che nell'originale di solito schiattava con una singola spadata: dare due o tre colpi fornisce una buona sensazione di combattimento/tagliuzzamento, che in effetti appaga. Per quanto riguarda i boss... beh, diciamo che come feeling ricordano bene quelli dei vecchi giochi Capcom, coi loro pattern di attacco scioccamente ottusi e spesso inesplicabilmente inefficaci: incontrare un boss nel nuovo Strider e cercare di sconfiggerlo è un'esperienza divertente e squisitamente "arcade", al punto che sotto sotto fa rimpiangere che tutto il gioco non sia impostato esattamente come l'originale.

Insomma, mi è piaciuto, 'sto Strider. Mi ha fornito le giuste sensazioni, ha ammiccato la dove doveva ammiccare, mi ha tutto sommato impegnato e soprattutto divertito: Double Helix è riuscita a stupirmi per la seconda volta, riuscendo laddove altri team hanno brutalmente fallito (qualcuno ha provato Rush'n Attack?). Il gioco merita i 15 euro richiesti per il suo download? Sì, direi proprio di sì. E casomai abbiate dubbi circa il rapporto qualità/prezzo... quanto avete pagato all'epoca per la cartuccia del gioco su MegaDrive?

Ho scaricato Strider su Xbox One dopo averlo pagato con una personalissima quindicina di euro. L'ho giocato a livello di difficoltà normale, sbloccando parecchie cosine senza completarlo al 100% (ci sto lavorando, eh!).

Voto: 7