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Librodrome #2: The Making of Prince of Persia

Attenzione. In questa rubrica si parla di cultura. Niente di strepitoso, o che ci farà mai vincere il Pulitzer, ma sappiamo che siete persone impressionabili. E tratteremo anche dei libri. Sì, quelle cose che all’Ikea utilizzano per rendere più accattivanti le Billy. E anche le Expedit.

[Questo articolo contiene spoiler sul finale del libro e de Il Sesto Senso]

Leggendo il libro scoprirete chi ha composto le musiche di Prince of Persia.

È capitato a tutti, nel corso della vita, un momento in cui si son prese delle decisioni che hanno segnato una svolta determinante e dato il via a una sequenza di avvenimenti fondamentali per il futuro. E se leggendo queste righe avete pensato “Mboh, a me non è mai capitato”, tranquilli: accadrà oppure vi sta accadendo e non ve ne state rendendo conto, come è giusto che sia. Lo comprenderete solo tra un po', quando raccoglierete i risultati. Ecco, magari adesso non starete sviluppando Karateka o filmando vostro fratello per il prossimo videogioco che avete in mente, ma ci siamo capiti. Leggere The Making of Prince of Persia, scritto da Jordan Mechner, è come guardare Il Sesto Senso sapendo che Bruce Willis in realtà è morto. È come leggere per la seconda volta L'assassinio di Roger Ackroyd di Agatha Christie. O Il nome della rosa di Umberto Eco dopo aver visto il film. Sai già come si concluderanno e quindi sei libero di concentrarti sui particolari. Se leggi il diario di sviluppo di Prince of Persia, sai già com’è finito: quel gioco è un fottuto capolavoro. UN FOTTUTO CAPOLAVORO.

Jordan Mechner, nel suo diario, parla anche dello scheletro. E del topo. E dello specchio.

Io me lo ricordo ancora, il principe, alla sua prima corsa sul mio PC. Io fortunatamente c'ero. Quanto era fluido, agile, scattante. Mai vista una cosa del genere. E i capelli della principessa: in quei pochi pixel la grazia del loro movimento, così femminile, come la gonna che indossava. E il “PerfidoJafar” (Parola unica. Tutti i Jafar sono perfidi), con un unico gesto, le braccia tese verso l’alto, malediceva me, il Principe di Persia. Ma cosa ne poteva sapere un ragazzo di New York che, nel 1986 a ventidue anni, dopo aver sviluppato Karateka (Karateka!!!), prende le sue cose e si trasferisce a San Francisco per creare UN FOTTUTO CAPOLAVORO in cui un biondino in tuta bianca deve salvare la principessa dal malvagio sultano? Non ne sapeva proprio nulla, ed è stato giusto così: perché nel frattempo ha potuto coltivare altri sogni, mentre i mesi e gli anni passavano.

The Making of Prince of Persia è scritto con un linguaggio semplice, esprime concetti facili. Mechner è un creativo ma è anche un tecnico, conosce la sintesi, la vive sulla sua pelle ogni giorno, nel tentativo di far stare le sue idee nei 280x192 pixel dello schermo dell’Apple II, mentre questo computer è già morto, Broderbund stringe i cordoni della borsa e il marketing non capisce che davanti ai suoi occhi ha (ora ditelo assieme a me) UN FOTTUTO CAPOLAVORO. E intanto Jordan sogna carriere diverse, gira il mondo, impara cose nuove, conosce persone nuove, vive l’incertezza del futuro, come tutti quanti.

La celebre scatola di Prince of Persia. Non è la mia, io avevo la versione per PC.

Insomma, il diario di Jordan Mechner è il racconto di una persona che ha un talento per le mani ma è giovane, non sa come monetizzarlo se non per la propria sussistenza. E intanto sogna di diventare sceneggiatore, regista e poi... i vari finali li sappiamo, vero? Non ha molto senso leggere questo libro senza conoscerne i vari finali accaduti dopo. Perché sì, ne viene fatto cenno, ma solo nel prologo e nell’epilogo. Il resto sono appunti, anche banali nella loro ingenuità, ma a loro modo interessanti nel potenziale. Oltre al fatto che si scoprono tante curiosità dietro la nascita di un...

Veloce da leggere, semplice. Se siete appassionati di videogiochi non perdete The Making of Prince of Persia.

A margine, una nota sull’edizione per Kindle: all’inizio di ogni capitolo ci sono dei disegni di Mechner, gli schizzi dei livelli con gli appunti a margine, gli studi per i movimenti, i frame delle animazioni. Sullo schermo del mio Kindle 4 (6 pollici) non si vedono per nulla bene. È la prima volta che mi capitano delle illustrazioni in un ebook ed è davvero un gran peccato non potersele godere degnamente. Se potete, prendetelo cartaceo o in PDF (anche se, osservando le pagine gratuite messe a disposizione a questo indirizzo, pur essendo a colori e più leggibili che nella versione Mobi per Kindle, sono comunque in bassa risoluzione).