Outcast

View Original

La truffa dei Logan: rapine accazzodecane

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana, Steven Soderbergh disse di volersi ritirare. Magari ci credeva anche, ma sappiamo com'è andata a finire. In quei giorni bui, gli capitò fra le mani la sceneggiatura di La truffa dei Logan. «Oh, mica puoi consigliarci un regista adatto?», gli dissero. Lui si lesse la sceneggiatura, si divertì come un matto, si rese conto che era un film molto nelle sue corde e, oltretutto, parecchio adatto a quell'idea di produzione e distribuzione cinematografica completamente indipendente nella quale voleva lanciarsi. Rispose «Mi sa che lo faccio io.» Oltre alle ragioni di opportunità, ad attirarlo fu anche il fatto che La truffa dei Logan era (o poteva da lui essere trasformato in) una sorta di Ocean's Eleven del discount. Non solo perché richiedeva valori di produzione ben inferiori, ma anche e soprattutto per una questione tematica.

Del resto, di fondo, La truffa dei Logan è quella cosa lì: un film di rapina, con oltretutto gettato nel mezzo pure un film di evasione dal carcere, che affronta però quella cosa lì in maniera diametralmente opposta rispetto alle avventure di Danny Ocean. I protagonisti non sono una banda di superstar fichissime, elegantissime, "dashing" anche quando si siedono sulla tazza, ma l'esatto opposto. Sono una banda di disadattati, sfigatissimi sconfitti dalla vita, rancidi, puzzolenti, miserabili e, per quanto si tratti per lo più di stelle hollywoodiane altrove esaltate come bellissime, hanno anche quasi tutti un'aria dimessa e bruttarella. A parte Channing Tatum. Lui, comunque, anche impegnandosi, fa un po' fatica a risultare inguardabile. Insieme, organizzano un piano sbarellatissimo, anche piuttosto complesso e articolato, ma con un'adorabile aria da organizzazione accazzodecane, in cui non ci sono manovre epiche e alta tensione ma solo arte dell'arrangiarsi, gente fessa che commette errori stupidi e un taglio smitizzante, che la butta in caciara non con le gag tutte intelligenti e ammiccanti, più con gli sguardi allucinati e il rincoglionimento dei personaggi.

Ne viene fuori un film che magari non ha il ritmo trascinante e l'aria accattivante degli Ocean's Eleven, ma del resto li evita in maniera programmatica e punta altrove, pur non rinunciando a una certa dose di autoconsapevolezza, che si concretizza in maniera esplicita quando un telegiornale all'interno del film scherza sulla banda dei protagonisti apostrofandoli - sto parafrasando - come gli Ocean's Eleven del discount. Fra l'altro, chissà come l'hanno tradotta, quella battuta? Avranno mantenuto il gioco di parole con Seven Eleven? Boh? Ma non divaghiamo: la sostanza è che La truffa dei Logan è un film magari meno immediatamente accattivante di quegli altri, ma è comunque un bel film di rapine, tutto storto e particolare, con personaggi ben caratterizzati, attori che si divertono e fanno divertire, perfino un paio di momenti che suggeriscono la lacrima, o che magari lo fanno solo perché sono papà e mi immedesimo, ma insomma, non sottilizziamo.

Ah, io l'ho visto al cinema, in lingua originale, qua a Parigi, sette mesi fa, ma in Italia ci arriva adesso. Lo sottolineo per puntualizzare che se ho scritto fesserie, oh, sono anziano, la memoria fa brutti scherzi, ma anche che in lingua originale c'è tutto un gustoso giocare con gli accenti che, ehi, volendo, è un peccato perdersi. Nota a margine: mi rendo conto solo ora che nel film c'è Seth MacFarlane ma guardandolo non l'avevo riconosciuto. Però ho riconosciuto Riley Keough, che è sempre un piacere.