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Inno alla VR

Non spetta a noi dire se la VR sarà un flop o un successo. Non adesso, almeno. La storia raccoglierà i pezzi di questi anni sgrammaticati e ci darà, oltre ogni ragionevole dubbio, le sue risposte. Vero è che una grossa fetta dell’intellighenzia videoludica ha già tratto le sue conclusioni: superato qualche timido entusiasmo iniziale, infatti, il giocatore duro e puro ha già archiviato caschetti e terza dimensione come tecnologia “vorrei ma non posso”.

E si sbaglia, io mi sbagliavo, perché solo la realtà virtuale ha la forza di riportare il videogioco alla sua natura stupefacente e sognatrice. Non parliamo di bei videogiochi, di quelli è pieno il mondo, ma di quel brivido forte che solo la novità più inaspettata può regalarti. La buona VR, perché ne esiste di cattiva, ovviamente, è una secchiata d’acqua gelida in faccia che non dimentichi al gioco successivo ma che corri a raccontare ai tuoi amici, che vuoi far provare a tua madre. È un’esperienza che si guadagna un piccolo spazio nel tuo cervello vicino ai giochi che ti hanno cresciuto e quelli che ti hanno segnato.

I limiti ci sono, i dubbi son legittimi e di certo non è stata una buona idea aprirsi al mercato in questa veste ancora goffa e sperimentale, ma dimenticate per un momento i bilanci, i cavi e le basse risoluzioni e limitatevi a giudicare quella porzione di gioco tra la scomoda preparazione e la spesa esagerata: davvero non provate niente? Davvero non vi emoziona schivare i proiettili come in Matrix? Davvero guardare lo spazio negli occhi non è tutto quello che avete sempre sognato? Davvero non passereste tutta la giornata a coccolare topini e piccoli, teneri robot?

Siamo tutti vecchi e stanchi, abbiamo visto il buon senso morire davanti i nostri occhi e, peggio ancora, il Wii trionfare sulla base di una rivoluzione inesistente, ma sarebbe stupido smettere di guardare avanti per paura di rimanere indietro. E avanti io vedo tanta VR, ancora di fianco ai videogiochi che amiamo, certo, forse anche insieme, perché nessuno ha mai rimpianto la merda di cavallo dopo aver accelerato sulla sua prima auto. E sì, forse oggi siamo ancora lenti, ma stiamo prendendo velocità e tutto, poi, sarà diverso.