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I dieci diritti del videogiocatore

Quando ho scoperto i dieci diritti del lettore di Pennac (scritti non so dove per non so cosa… ma scusate se sono troppo tecnico), ho subito pensato che fosse un giochino divertente quello di capire quanto fossero applicabili al mondo dei videogiochi. Non sarò il primo, non sarò l’ultimo, ma perché non farlo insieme?

1) Il diritto di non giocare
Quando non ci va, quando i videogiochi sembrano un muro di fronte a noi. A volte non è neppure questione di tempo, non serve neanche che la vita si sia messa di traverso, ci sono momenti della vita in cui vuoi semplicemente tenere il cervello a pochi giri al minuto. E i videogiochi non sono adatti. Devi imparare nuovi controlli, nuove interfacce e, nel mentre, seguire trame confuse e molto diluite. Evitarli non dovrebbe essere un problema ma il mondo dei videogiochi va avanti, i backlog pure, e ci sentiamo tremendamente in colpa quando non saltiamo sull’onda dell’entusiasmo. Ma costringersi è un peccato, ve lo avranno detto in molti, quindi fate altro e fregatevene. La voglia tornerà… se deve tornare.

2) Il diritto di non completare al 100%
Pennac parlava di saltare le pagine, che non è proprio la stessa cosa. Saltare le subquest o le attività secondarie non è proprio come perdersi parte della trama principale ma, aò, scrivetelo voi se pensate di poter fare meglio. Che poi io mi distraggo un sacco mentre videogioco, quello ci va molto più vicino, ma non credo che capiti a molti. Comunque giocate quello che vi va, inseguire gli obiettivi o le percentuali non porterà nulla di buono alle vostre vite. Anche se sono sicuro crediate il contrario. Ve lo giuro.

3) Il diritto di non finire un videogioco.
Eh, questa per me è molto difficile. Non importa quanto mi stia annoiando, arrivare ai titoli di coda è un imperativo che mi ha aiutato a non arrendermi alle prime difficoltà. Qualche volta, non sempre, il meglio di un videogioco è nascosto dopo le prime venticinque ore di tutorial (eh!) ma dovrei seguire di più il mio cuore. Solo, io sono anche un grandissimo professionista del settore e la gente ti rompe meno il cazzo se gli dici che lo hai finito, il gioco. Anche perché, spesso, loro non lo hanno fatto.

4) Il diritto di rigiocare
Di solito ho troppa roba nuova da giocare e troppa voglia di farlo per dedicarmi al retrogaming ma, invecchiando (e con una pandemia di mezzo), ammetto che è diventata una componente della mia vita di videogiocatore. Sto smanettando con gli emulatori, rigiocando titoli che avevo abbandonato su Xbox 360 grazie alla retrocompatibilità e, una volta l’anno, metto su Out Run 2006 perché sì, è giusto così.

5) Il diritto di giocare qualsiasi cosa
Sperimentate, date una possibilità a genere a voi sconosciuti, provate il gioco di cui parlano tutti ma che vi sembra orribile alla vista, non avete idea di quanto abbiate di che guadagnarci. Lo so che vi piacciono i Souls, ce le avete fatte a pezzettini a forza di ricordarcelo, ma esiste altro nell’universo e potrebbe piacervi. Magari di più, magari di meno, ma smettetela di giocare sempre e solo la stessa cosa e i cloni della stessa, per l’amor di Dio.

6) Il diritto al bovarismo
Ah Pennac, te posso toccà sulla spalla? Il bovarismo, che tanto non lo sapete nemmeno voi, è tipo la voglia di voler evadere dalla realtà. Tipo io che me le bombo tutte mentre mi masturbo. Chiedo scusa se non si può parlare di masturbazione… o di bombarsele tutte. Una volta capito il significato del termine, è comunque complesso intendere cosa avesse per la testa Pennac. I videogiochi sono adattissimi a fuggire della realtà, è uno dei motivi più importanti per cui lo faccio. Se leggo un libro o guardo un film, il mio cervello non smetterà di pensare al lavoro, ai problemi, alla polvere sui LEGO, ma quando gioco, tutto svanisce. Dunque, se di questo si parla, perché mai uno non dovrebbe averne il diritto?

7) Il diritto di giocare ovunque
C’era un me più giovane che si vergognava di farsi vedere con un Game Boy in pubblico, su un treno o su un autobus. Dopo una certa ha smesso di essere importante. In treno, in metro o pure nella sala d’attesa del mio commercialista, oggi posso mettermi a giocare con Animal Crossing senza preoccuparmi di quello che pensano di me. E infatti ho preso Steam Deck, Playdate e adoro Switch. Poi non esco mai di casa e tutte le mie sicurezze posso anche darmele in faccia. Ma, potendo, lo farei senza problemi.

8) Il diritto di spizzicare
Questa sembra pensata proprio per il pass o per i duemila giochi in omaggio che riceviamo costantemente (almeno su PC). Per qualcuno è proprio un modo sbagliato di approcciarsi ai videogiochi, cominci tante cose ma non approfondisci niente. Tipo zapping compulsivo. Nonostante io ci veda molti aspetti positivi, però, ricordo che tutto questo potere all’epoca della prima PlayStation o del DS mi quasi allontanarono dalla mia passione preferita. Ti senti sazio, troppo appagato, hai una libreria piena di contenuti e passi quasi tutto il tempo per scegliere a cosa dedicare il tuo tempo. Fino a non averne per dedicarlo a qualcosa. Quindi, boh io lo consiglio solo con moderazione, non come stile di vita. Stuzzicate per scoprire cosa vi interessa, ma poi giocate a fondo.

9) Il diritto di giocare ad alta voce
Paragone anche qui non proprio semplicissimo, premesso che anche “leggere” ad alta voce per me è pratica da barbari. Io pensavo al multiplayer, al gioco online, ma qualcuno mi ha suggerito il gioco in streaming che è, senza dubbio, molto più attinente. Giocare non solo per noi, ma anche per un ipotetico pubblico è davvero molto diverso dal farlo normalmente. Io personalmente mi sono innamorato di Twitch quando l’ho scoperto, poi ho finito col detestarlo e poi abbiamo fatto pace. Giocare ad alta voce è anche condividere le proprie impressioni con gli altri, scrivere della gioia e della delusione per un gioco. Per quanto mi riguarda, i videogiochi non sarebbero stati altrettanto interessanti senza tutto quello che c’è intorno.

10) Il diritto di giocare a bassa voce
Offline, senza rumore intorno, con una cuffia nelle orecchie. Per il piacere di farlo.