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Hellboy: perlomeno non mi è stato antipatico

Nel nono episodio della prima stagione di How I Met Your Mother, a un certo punto, la madre di Marshall serve ai suoi ospiti la famosa “insalata a sette strati”. Si tratta di una variante dell’insalata russa, o qualcosa del genere, preparata assemblando strato dopo strato patatine da busta, orsetti gommosi e degli snack ad anelli. E ancora: del cavolo, del formaggio, del bacon e del guacamole (o della lattuga, a seconda dei casi), assieme a sedici barattoli di maionese.

La recensione di Hellboy per chi non ha tempo da perdere.

In termini narrativi, al di là della gag, la pietanza è un’iperbole per condensare in mezzo secondo tutta la carica di ruspante provincialismo della famiglia Eriksen, ed eventualmente corroborare qualche luogo comune sulle abitudini ipercaloriche del Minnesota, vai a sapere. Detto questo, sfido chiunque a trovarla anche solo vagamente desiderabile.

Persino io, cultore del cibo spazzatura e del nonsense gastronomico, che sono solito innestare sulla Big Americans Supreme una porzione di Insalatissima messicana al tonno, dando vita così alla “Double Supreme”, e che vado fiero dei miei “Sofficini con contorno di Sofficini”, troverei quella roba immangiabile. Simpatica, proprio come la famiglia che rappresenta, ma immangiabile.

Ecco, il nuovo Hellboy di Neil Marshall, che esce oggi nelle sale, è esattamente quella cosa lì. Una “insalata a sei strati”, un pasticcio esagerato e indigeribile. Un mix di ingredienti senza senso che prova a comprimere in un paio d’ore il materiale narrativo di dieci. Però simpatico.

Simpatico perché, nel suo essere così tremendamente sguaiato, non se la mena. Nonostante sia sbagliato quanto un Venom, il nuovo Hellboy non ne raggiunge la sgradevolezza, e la sensazione è che Marshall ci sia sempre, e non ci faccia. Detto questo, purtroppo, con un film, uno non è che possa uscire a farsi due chiacchiere e una birra. Un film tocca guardarlo, e in questo caso è un bel problema, perché dalla simpatia al consigliarvi di pagare il biglietto ne passa.

Ora, capisco il peso dei due Hellboy di del Toro, interpretati dal carisma di Ron Perlman, ma pure un tamarro come Neil Marshall avrebbe potuto fare bene, soprattutto perché David Harbour è davvero un buon rimpiazzo e, insomma, Ian McShane e Milla Jovovich dove li mettiamo, eh? E in effetti, il film inizia pure benino, con tutta la parte in Messico che fa tanto Rodriguez, con lucha libre, vampiri, ma soprattutto un botto di sangue e violenza e un po’ di azione chiara e proposta decentemente.

Consiglio a tutti di farsi un giro sulla pagina di IMDB dedicata a Ian McShane e di notare da quanto cacchio è in giro.

Il problema è che, passato il primo quarto d’ora, la vicenda inizia a saltare di palo in frasca e a buttare roba sul fuoco senza lasciarla cuocere nemmeno mezzo secondo. La sensazione è che Mike Magnola, l'autore del fumetto originale, e lo sceneggiatore Andrew Cosby (Eureka) abbiano deciso di fare come con il suo suino, Gruagach, ossia di non buttare via niente, col risultato che nel film c’è davvero di tutto: cavalieri a metà tra quelli della tavola rotonda e il Ku Klux Klan, giganti, Artù, Merlino e compagnia cantante. L’Apocalisse, nazisti e ammazzanazisti, veggenti e chi più ne ha, più ne metta. 

A partire da un certo punto, diventa tutto uno zapping selvaggio, e forse me lo sono sognato, ma in quella specie di Blob, giurerei di aver intravisto pure Jin di Lost interpretare il remake di Predator, o qualcosa del genere.

Teste di giganti imbalsamate: non sai le serate che m'han risolto.

Erano anni che non mi imbattevo in un’impalcatura narrativa così inutilmente fitta e strapazzata, piena di sottotrame tirate giù a casaccio e altrettanti personaggi inutilmente accennati, o buttati lì giusto per dire “celo!”. E il bello è che il film, sulle prime, sembrerebbe andare proprio nella direzione opposta, in via che incomincia in media res, sorvolando su questo e su quello. Il problema è che non lo fa per alleggerire il discorso o giocare con la consecutio temporum, ma per poter appesantire tutto più avanti, con calma.

Erano pure anni, va detto, che non mi imbattevo in una computer grafica tanto dozzinale, capace di svilire la mano di Marshall, buona soprattutto a far menare i personaggi, e un design del bestiario che, in fondo, qualcosa da dire ce lo avrebbe anche, solo che finisce col dirlo nel peggiore dei modi. Prendiamo tutta la sequenza di devasto a Londra: è imbarazzante, e pare uscita da un film a medio budget di venticinque anni fa.

«'Zzo ti guardi?».

Peccato, ripeto, perché il gore pataccoso ci stava, così come la Jovovich nel ruolo di cattiva. Tra l’altro, dopo aver tirato scemo lo spettatore per un’ora e passa ed essersi doppiato da solo, sul finale il film parrebbe sul punto di ritrovare il fiato e i buoni propositi dei primi venti minuti. Solo che è troppo tardi.

Ho guardato Hellboy in anteprima grazie a una proiezione stampa alla quale siamo stati gentilmente invitati. Grazie al cielo in lingua originale, così ho potuto sentire il profumo di David Harbour, Ian McShane e Milla Jovovich.