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Gli anni più belli del calcio (virtuale) | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Oggi sembra impossibile immaginarlo, in un era nella quale siamo abituati a tenere in mano un joypad con otto tasti tra pulsanti e grilletti, due leve analogiche, croce direzionale e sensori di movimento, ma lustri or sono, si avevano a disposizione una levetta e un pulsante, basta. E se questo può sembrare quasi sufficiente per titoli semplici come uno shoot’em up spaziale, o magari anche per un gioco di guida arcade, pensare di giocare ad un titolo sportivo come una simulazione calcistica richiede uno sforzo di fantasia. 

Eppure, prima dell’avvento delle console con più tasti, su computer era la norma, anzi, era l’unico modo di giocare. In realtà, agli albori dei giochi sportivi, in particolare calcistici, tutto era molto semplice e avere un tasto solo era più che adeguato, in quanto non c’erano falli, la palla veniva colpita sempre nella stessa maniera… insomma, tutto molto semplice. Un giorno, però, le cose cambiarono, e molto, e nel giro di tre, quattro anni il videogioco di calcio mutò radicalmente la sua natura, da gioco appunto a simulazione, passo imprescindibile per arrivare ai PES e FIFA dei giorni nostri.

Il periodo storico di cui sto parlando è compreso tra il 1988 e 1992 e vede l’uscita di titoli che sono incisi a fuoco nel cuore dei videogiocatori di quel tempo, ovvero, in ordine cronologico, Microprose Soccer, Kick Off, Player Manager e Sensible Soccer.

Microprose Soccer esce quasi come un fulmine a ciel sereno nel 1988 per Commodore 64, pubblicato da Microprose, sviluppato da Sensible Software, diventa subito il punto di riferimento del genere sul biscottone di casa Commodore. Microprose era un publisher leggendario nel campo delle simulazioni aeree e belliche in generale (e, qualche anno dopo anche in quelle automobilistiche, con la serie Grand Prix di Geoff Crammond) ma alquanto poco addentro ai giochi sportivi e il team di Sensible Software aveva al suo attivo Wizball e una sorta di tool di sviluppo di videogiochi (l’allora famosissimo S.E.U.C.K.). E invece, ecco la bomba: Microprose Soccer è un gioco pazzesco e non solo riporta sugli schermi domestici lo sport più seguito del pianeta, ma lancia nel firmamento degli sviluppatori Sensible Software, che ritroveremo tra poco.

Microprose Soccer è un gioco con un’anima arcade ancora molto forte, non sono infatti presenti i falli, ammonizioni ed espulsioni, ma già apporta delle novità decisive. La visuale di gioco è a volo d’uccello, in verticale dall’alto, in modo da poter creare delle azioni in maniera più semplice; premendo il pulsante del joystick velocemente o in maniera prolungata si cambia la potenza del tiro o del passaggio e dopo aver effettuato il tiro, muovendo in diagonale la levetta del joystick, si imprime un effetto decisivo per “uccellare” il portiere o lanciare il compagno verso un’azione solitaria.

Per altro, il gioco prevedeva sia partite all’aperto (11 contro 11) con tanto di scrolling multidirezionale del campo e varie tipologie di clima (le scivolate sotto la pioggia sono uno spasso), sia partite indoor 6 contro 6, nelle quali lo scrolling è solo verticale. Certo, alcune caratteristiche erano già presenti in altri titoli, soprattutto in sala giochi, come per esempio Tehkan World Cup, uscito nel 1985, ma sui nostri computer casalinghi non eravamo certo abituati a titoli simili.

I computer a 16 bit, però, erano già sul mercato e l’anno dopo, sul mio federe Amiga arrivò Kick Off, gioco sviluppato da Dino Dini e pubblicato da Anco. Kick Off aggiungeva quello che mancava a Microprose Soccer: i falli, le ammonizioni e le espulsioni.

In realtà detta così si sminuisce di parecchio il titolo di casa Anco. Kick Off era un gioco assolutamente pazzesco, velocissimo, con i giocatori che correvano come dei disperati per un campo enorme. La fisica della palla era molto difficile da padroneggiare, cosa che rendeva la curva di apprendimento parecchio ripida, soprattutto per il fatto che la sfera non rimaneva a attaccata al piede del giocatore ma era libera, e noi per controllarla dovevamo fare in modo che il giocatore la toccasse continuamente, in modo da direzionarla dalla parte giusta.

Per il pallonetto era necessario fare un velocissimo movimento avanti e indietro mentre si premeva il tasto del joystick e durante le prime partite ci si chiedeva come fare per riuscire solo a imbastire un’azione decente. 

E invece, dopo diverse ore di allenamento, eccoci lì a orchestrare trame velocissime, calciare verso la porta da distanze siderali e stendere gli avversari mentre si involavano solitari verso l’aera di rigore. E l’aggiunta dei falli, e soprattutto delle sanzioni arbitrali, cambiava completamente il modo di giocare. Era finita l’epoca di provare ad andare continuamente in scivolata per prendere la palla, in Kick Off bisognava essere chirurgici, perché se si sbagliava il tempismo, o l’avversario ci sorpassava ridendo o lo stendevamo come “corpo morto cade”. Certo, a volte questo era l’obiettivo, ma poi la speranza era di non venir sanzionati dall’arbitro con il leggendario “artellino gaillo” nella traduzione italiana, un errore rimasto stampato nel cervello di chi in quegli anni passava pomeriggi interi con gli amici a calciare palloni virtuali.

Al contrario di Microprose Soccer, Kick Off ebbe alcune espansioni (una dedicata a Franco Baresi) e due seguiti (ignoravo l’esistenza di Kick Off 3, ma dopo aver visto le immagini ho capito il perché: non c’entra nulla con il lavoro originale).

Un titolo però del “perimetro” Kick Off che voglio citare è Player Manager. Uscito nel 1990, fondeva l’azione di Kick Off con un’infrastruttura manageriale al tempo strabiliante, con calciomercato, invecchiamento dei giocatori anno per anno, infortuni, statistiche e altre opzioni che per il tempo erano una primizia assoluta. Player Manager di Anco (ovviamente sviluppato da Dino Dini) è l’unico manageriale calcistico che ho amato davvero e a cui ho giocato letteralmente per anni, roba che alla fine il mio giocatore-avatar era ormai un vecchietto.

Questo excursus sui titoli calcistici dei primi anni Novanta si conclude con un’altra pietra miliare del genere, Sensibile Soccer. Attenzione, non Sensible World of Soccer, la versione “riveduta e corretta”, ma proprio la prima uscita, quella che mi ha accompagnato in lunghissimi pomeriggi con gli amici, tra tiri a effetto e colpi di testa al volo da tuffi olimpionici.

Sensible Soccer, guarda caso sviluppato dallo stesso gruppo autore di Microprose Soccer, cambia in maniera radicale l’approccio tenuto da quest’ultimo e poi da Kick Off. Sì, la visuale è sempre dall’alto, anche se non proprio perpendicolare al terreno di gioco, ma tutto il gameplay è rivoluzionato. La palla, prima di tutto, rimane “attaccata” al giocatore, non sempre (nei cambi di direzione improvvisi, ogni tanto, se ne va per i fatti suoi) e tutto il gameplay diventa, se possibile, ancora più veloce e frenetico. I giocatori schizzano da una parte all’altra del campo, l’effetto diventa un pilastro dei comandi che si devono padroneggiare e non saperlo usare condanna inevitabilmente alla sconfitta. Anzi, proprio in questa prima versione del gioco era presente un bug straordinario: se si riusciva ad andare sul fondo, bastava effettuare un tiro parallelo alla linea di porta e poi infilare la palla usando l’effetto. Il portiere si tuffava sempre dalla parte opposta. Ahimè, questo piccolo trucco è stato risolto nelle versioni successive.

Vedere oggi una partita a Sensible Soccer è una cosa a cui non siamo più abituati: sembra impossibile pensare che si potesse giocare in quella maniera, a quella velocità, padroneggiando tutti i colpi a disposizione con una sola levetta e un solo tasto. Eppure era divertentissimo e sì, anche falciare l’avversario partendo quasi dall’altra parte del campo aveva un suo perché. 

Essendo un gioco che ovviamente non aveva licenze ufficiali delle squadre (ma a quel tempo non le aveva nessuno), tutti i nomi dei giocatori erano storpiati in maniera buffissima. Inoltre, erano presenti delle squadre “di fantasia” a tema: c’era la squadra degli strumenti musicali, quella dei grandi filosofi e quella dei dittatori sanguinari.

Mentre scrivo queste righe ripensando a quei giochi, a quei giorni, un po’ di nostalgia (tanta, tantissima) viene a galla, ma sono anche sicuro che oggi come oggi, nonostante le centinaia di ore passate su quei campi verdi con gli ometti piccoli piccoli, non sarei più in grado neanche di riuscire a raggiungere la porta.

Questo articolo fa parte della Cover Story pallonara, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.