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Galaxy Quest: le invasioni aliene non possono essere peggio di una convention

E SICURAMENTE sono meno traumatizzanti di una qualsiasi coda all’ultimo LuccaComics.

Ma di cosa stiamo parlando, esattamente? Grazie per averlo chiesto, mio immaginario lettore dagli ottimi gusti nella scelta dei recensori.

Stiamo parlando di Galaxy Quest, misconosciuta commedia fantascientifica della Dreamworks diretta dall’altrettanto misconosciuto direttore di film “Direct to TV” Dean Parisot, che senza troppe cerimonie si pone la domanda: “Come si comporterebbe il cast di Star Trek se si trovasse trasferito dalle sue ville di Beverly Hills in mezzo ad un conflitto intergalattico?” e si risponde “Neanche troppo male, dai!”.

Quindi Tim Allen, che interpreta Jason Nesmith, che interpretava il Capitano Peter Quincy Taggart (mmm… tre nomi, chi mi ricorderà mai?); Alan Rickman, che interpreta Sir Alexander Dane (mmm… un titolo nobiliare, chi mi ricorderà mai?), che interpretava l’ufficiale scientifico alieno Dottor Lazarus; Sigourney Weaver, che interpreta Gwen DeMarco, che interpretava l’addetta alle comunicazioni Tawni Madison; Tony Shaloub, che interpreta Fred Kwan, che interpretava l’ingegnere capo Chen e Daryl Mitchell, che interpreta Tommy Webber, che interpretava il primo pilota Laredo nella una volta fortunata serie televisiva Galaxy Quest si stanno godendo, diciamo così, il precoce pensionamento dalle scene con un tran tran di comparsate minori, interviste in talk show per nostalgici e periodiche convention a tema, quando vengono invitati a riprendere in mano i loro ruoli…

… su una finta/vera replica della NSEA Protector (l’astronave che non ricorda un’altra astronave famosa) armata di tutto punto dai superstiti della razza Thermiana come estremo tentativo di difesa dall’esercito del rettiliforme Sarris. Nonostante la loro tecnologia avanzatissima, infatti, i Thermiani non sono esattamente dei “fulmini di guerra” e nel dover affrontare una minaccia soverchiante hanno pensato di rivolgersi agli eroi cantati nei “Documenti storici” arrivati a loro dalla lontana Terra.

Non esattamente dei fulmini di guerra, come dicevo.

Sia come sia, pur essendo un film di pochissime pretese e dalla regia banalotta, Galaxy Quest riesce nell’impresa non facile di essere contemporaneamente parodia, satira e comunque grato omaggio alla fantascienza televisiva seriale degli anni d’oro e, soprattutto alla sua ingombrante eredità. I personaggi sono poco più che stereotipi del mondo dello spettacolo: il mestierante piacione che sguazza nella notorietà di riflesso fingendo a sé stesso che prima o poi non ci sarà più nulla da spremere; l’attore di elevata estrazione che disprezza l’aver legato indissolubilmente il suo nome ed il suo volto ad un personaggio monocorde caratterizzato da un motto pomposo (“Per il Martello di Grabth’ar”); la bella donna scelta più per quanto il suo corpo aderiva ad una uniforme militare scollata che non per la sua reale capacità; quello che non si è perfettamente integrato nella quotidianità; il caratterista etnico e la comparsa (Sam Rockwell) che si è riciclata come manager/autista; tutti uniti dalla necessità di spremere più quattrini possibili dai fan sperando in un revival che non arriva, tutti divisi dalle diverse opinioni e dai piccoli screzi successi sul set o fuori.

Ma sono stereotipi divertenti e interpretati con gran divertimento dagli attori (dall’affetto con cui ne parlano nelle interviste pare quasi raccontino una gita scolastica) e quando c’è da montare persino un po’ di tensione, al momento dell’inevitabile resa dei conti, non si può dire che non riescano a portare a casa un dignitoso risultato. Così Rickman che interpreta “Assolutamente Non Alec Guinness” appare tanto sofferente ed insofferente all’inizio quanto egli stesso sconvolto dalla realizzazione di cosa alla fine significa, e quale peso abbia, essere una figura che, per quanto “cheap”, ha ispirato valori di integrità morale e coraggio nelle giovani generazioni; Tim Allen nei panni di “Assolutamente Non William Shatner” ci mette veramente del suo ad essere non solo il comic relief piacione ma anche quello che alla fine deve “portare a casa il risultato” e Sigourney Weaver… no, vabbeh, stiamo parlando di Sigourney Weaver: devo davvero spiegarvi quanto le riesca bene fare la “insospettabile action woman” e farlo con ironia?

Anche i fan sono sia perculati che trattati con affetto, divenendo addirittura il Deus ex Machina che salva la situazione e avvia la narrazione al lieto fine che verrà, come ovvia tradizione, sigillato dalla determinazione indomita e dalla prontezza di spirito del Capitano Taggart.

“Mai darsi per vinti, mai arrendersi!”

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata allo spazio, che trovate riassunta a questo indirizzo.