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I fumetti Disney, l'esplosione americana, la scuola italiana e quanto di bello dovreste proprio leggere | Paperback

Paperback è la nostra rubrica in cui parliamo di libri e fumetti non legati al mondo dei videogiochi. Visto che per quelli legati al mondo dei videogiochi c’è quell’altra.

Domanda tipica, risposta tipica. Che vale anche per me, che ho cominciato con Topolino e dopo un anno sono passato a Uomo Ragno e Dylan Dog, e avevo sette anni, quindi forse qualche problema me lo sono portato dietro, ma ci convivo bene. Però non è che ho mollato Topolino, eh, anzi, ho iniziato a comprare di tutto, compresi quelli che nell'underground disneyano vengono chiamati “volumetti vattelapesca”, ovvero quegli albi con dentro sparse varie storie di varie annate, a volte tematici. Natalissimo, Estatissima, Giallissimo, spesso erano “issimi” e ci trovavi un po' di tutto. Oggi ancora, il mercoledì, cascasse il mondo, il Topo entra in casa mia, magari lo sfoglio solo, magari leggo Topolino di due anni fa che mi ricapitano in mano, ma non manca mai.

Prima del Topolino libretto, il tascabile settimanale che tutti conoscete, c’era il Topolino giornale. Questo era il primo numero, con una storia già in copertina, di produzione italiana, senza fumetti e con un look che Disney non ha mai approvato, ma era il 1932, figuriamoci chi poteva controllare.

La mia differenza nella risposta di sopra, infatti, è che non passo subito oltre. “Beh, ovviamente, da bimbo, Topolino. E lo leggo ancora oggi, perché... ” vedete la differenza? Il perché sta nel suo essere sicuramente per tutte le età, più di quel che sembri. Magari non proprio Topolino in sé, chiaro, quello verte sicuramente su una fruizione di stampo famigliare, anche se le riflessioni adulte non mancano mai (soprattutto nelle storie lunghe, sicuramente non le si cerca nelle brevi ripiene di gag, che però a volte intrattengono tanto quanto un corto animato, magari proprio Disney).

Il primo fumetto di sempre con protagonista Topolino. Scritto da Walt Disney e disengato da Ub Iwerks, creatore grafico del Topolino animato. Pubblicata sui quotidiani, presto la serie di strisce divenne appannaggio totale di Floyd Gottfredson.

Che poi, quando io parlo di Disney, per la gran parte, intendo Disney Italia. Perché casomai non lo sapeste, il 90% delle storie che popolano le edicole e le librerie che frequentate è prodotto, pensato, scritto, disegnato in Italia. OK, forse oggi meno del 90%, ché la crisi ha toccato anche il magico mondo dei topi e dei paperi, all'apparenza impossibile da intaccare. E la scuola italiana, lo dico da persona che quando le parlano di patriottismo sente la voglia di bruciare una bandiera italiana (si scherza, mi dissocio da qualsiasi forma di vilipendio della bandiera nazionale, vostro onore) è la migliore al mondo. Perché gli USA, dove Disney è nata, dopo Floyd Gottfredson con il suo Mickey Mouse e Carl Barks che ha letteralmente inventato l'intero universo dei personaggi col becco, hanno tirato il freno a mano, concentrandosi su altro (animazione, parchi a tema, gadget... ) e il resto del mondo ha fagocitato e risputato le loro creazioni, con menzioni d'onore come la Danimarca o il Sud America e il suo “universo a parte”, dove spopola José Carioca, pappagallo brasileiro. Ma, onori a parte, appunto, noi italiani abbiamo costruito un impero fumettistico poi esportato in tutto il mondo, di fatto superando la madrepatria e ottenendo, soprattutto negli anni passati, carta bianca in tutto.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la voglia di evadere degli Italiani è a mille, Mondadori decide di dare nuova linfa alle pubblicazioni Disney e nasce il Topolino libretto, che continua ancora oggi, dopo oltre tremila uscite settimanali.

Oggi, nell'era dei social e delle informazioni che viaggiano più veloci della luce, Disney ha iniziato a tirare la catena un po' di più e forse abbiamo perso qualcosa. Mi sembra di non riuscire più a distinguere gli autori, tranne quelli storici che ancora scrivono o disegnano. Perché il cuore del discorso, prima di questa divagazione, era che non passo mai oltre all'argomento Topolino, quando mi chiedono come ho iniziato, perché mi ha insegnato a leggerlo e comprenderlo, il fumetto. A capire gli autori, a capire gli stili. A riconoscere che dietro a un tratto spigoloso, graffiante, quasi nervoso, con gli occhi disegnati a mezz'asta (non parlo della bandiera italiana, vostro onore) e qualche gocciolina, c'era sempre Luciano Gatto. A capire che se Zio Paperone chiedeva ai nipoti di accompagnarlo in qualche posto lontano, tendenzialmente bizzarro, la storia era scritta da Rodolfo Cimino, soprattutto se per arrivarci si usavano i mezzi più strambi. E riconoscevo sceneggiatori e disegnatori senza leggere i credits, perché molto tardi Disney Italia riconobbe il diritto di riconoscenza nei creatori delle storie, e leggere vecchi albi anni Settanta donati dagli zii di turno faceva sì che i nomi degli autori non ci fossero.

Zio Paperone è afflitto da un problema, una malattia strana che c’entra col denaro. Chiede a un luminare, che lo guida verso un paese lontanissimo e dal nome assurdo, dove si trova la soluzione. Lo zione coinvolge i nipoti in un assurdo viaggio a bordo di un mezzo strano. Se ricordate storie simili, erano scritte sicuramente da Rodolfo Cimino, qui illustrato da Luciano Gatto (che inseriva sempre un gatto in almeno una vignetta).

Tra gli autori più conosciuti, c'è sicuramente Romano Scarpa, che ha portato avanti nel modo di narrare (scriveva e disegnava) i discorsi iniziati da Gottfredson e Barks.

Il primo, dicevamo, aveva dato a Topolino una identità ben definita, staccandosi dai corti classici di Walt Disney, scrivendo e disegnando per quarantacinque anni le strisce che apparivano sui quotidiani. Aveva pian piano trasformato Topolino nel cittadino avventuroso che conosciamo oggi, seppur mantenendo nel personaggio un tono a volte egoista, testardo, facendolo sbagliare, cosa che nel tempo, con gli autori moderni, è andata scomparendo. Era lontano anche dal Mickey Mouse di Disney, ma nemmeno l'apparente perfettino che spesso lo fa perdere nei sondaggi di popolarità, dove tutti preferiscono Paperino.

Il tratto di Romano Scarpa fa parte dell’infanzia di chiunque abbia dai venti ai settant’anni; letteralmente, coi suoi cinquant’anni di carriera, è stato presente dai primi anni di Topolino a metà degli anni 2000. Qui alcuni personaggi creati dall’autore, come Brigitta, l’innamorata di Paperone, Trudy, la moglie di Gambadilegno, FIlo Sganga, l’affarista truffatore. Scarpa realizzò anche prove di animazione per la storica serie DuckTales, ma la qualità prevedeva costi troppo alti e si decise ovviamente di farla animare in Asia.

Il papero era territorio di Barks, che per cinquant’anni ne ha narrato le storie su magazine a fumetti come il celebre Walt Disney Comics & Stories. Dopo qualche avventura breve, ha inventato il personaggio di Zio Paperone, creando il suo deposito, la città di Paperopoli (Duckburg in originale), Archimede, i Bassotti, Amelia, le Giovani Marmotte... diciamo che pressoché tutto quello che leggiamo sui fumetti oggi e che riguarda l'universo papero è figlio dell'inventiva di Barks.

Romano Scarpa ha unito i due mondi e, dagli anni Cinquanta alla sua scomparsa, verso metà degli anni 2000, ha letteralmente proseguito alcune fra le trame imbastite dai due autori americani. Ha riportato in auge personaggi che erano spesso stati utilizzati per una sola storia, trasformandoli in presenze ricorrenti, che oggi chi legge fumetti da per scontato. Gottfredson creò Macchia Nera, un nemico fatto e finito per un'unica avventura. Trent'anni dopo, Scarpa gli ridiede vita e oggi le sue apparizioni come nemico di Topolino non si contano. Eta Beta divenne un comprimario stabile di molte avventure, Rockerduck, che Barks usò in una sola storia, è oggi, grazie a Scarpa, e agli altri autori dopo di lui, il nemico principale dello Zione, dato che in Italia l'internazionale Cuordipietra Famedoro è tornato solo in anni recenti (grazie a Francesco Artibani) e solo per le occasioni speciali.

Omaggio disegnato di Carl Barks, con tutti i personaggi da lui creati. Gastone, i Bassotti, Amelia, Archimede, le Giovani Marmotte, Cuordipietra Famedoro… Zio Paperone!

Negli anni Ottanta/Novanta, fuori dall'Italia, uno di quelli che hanno saputo far tornare la Disney meritevole di essere letta è stato Don Rosa: grande fan di Barks, anzi, fan unicamente del lavoro di Barks, ne ha portato avanti l'eredità, ignorando tutto il resto. Una visione da cavallo col paraocchi, ma in fondo chi se ne frega, perché l'importante è che ci abbia regalato La saga di Paperon de Paperoni (Life and Times of Scrooge McDuck). Rosa ha raccolto ogni indizio lasciato da Barks in cinquant’anni di carriera, ci ha aggiunto un po' di ricerche storiche, un misto di buon senso e inventiva, ed ecco il risultato: la biografia “ufficiale” di Zio Paperone, dalla nascita in Scozia all'incontro coi nipoti narrato nella sua prima apparizione. Un lavoro certosino (come il tratto di Don Rosa), da alcuni giudicato forse inutile, forse troppo nerd, forse troppo serioso nei confronti di un mondo che vive benissimo senza continuity, ma che di sicuro è un piacere leggere e che senz'altro denota un'amore senza pari verso Carl Barks.

Don Rosa e il suo tratto maniacale, pieno di dettagli a volte quasi invisibili. Ha realizzato “solo” 88 storie (generalmente, la produzione Disney di un autore che ci lavora una vita supera abbondantemente le 500 storie, a stare bassi), proprio a causa di questa sua maniacalità, che gli ha compromesso la vista. Recuperare almeno la Saga di Paperon de Paperoni è d’obbligo!

Non so bene cosa volessi raccontarvi con questo delirio di autori e ricordi, scritto praticamente come un flusso di coscienza, se non che, anche da adulti, c’è roba Disney che può ancora emozionarvi e intrattenervi, sia che decidiate di darvi alla nostalgia (“C’è questa storia che ricordo… ”), sia che vogliate addirittura buttarvi per la prima volta in questo universo. Sappiate che una fra le community più vive è quella del Forum del Papersera (dove potete trovare anche il sottoscritto e dove chiedere titoli di vecchie storie o consigli per gli acquisti è la norma) e che c’è un gigantesco database made in Italy (ma con contributi internazionali) che contiene praticamente tutta la produzione Disney esistente, l’INDUCKS.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata all’escapismo, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.