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Dragon's Dogma: ci mancava il Dark Arisen?

Non lasciatevi ingannare dalla apparenze. Questa non è la "Recensione che se la prende comoda" di Dragon's Dogma: Dark Arisen. No. L'espansione Dark Arisen è solo una bieca scusa che ho tirato fuori per accaparrarmi la recensione di Dragon's Dogma stesso (che, guarda caso, è incluso nel disco dell'espansione). Dunque, consideratela la "Recensione che se la piglia davvero tanto, tanto comoda" del gioco base con qualche bella chiosa relativa a Dark Arisen. E poi dite che non ci sono recensori onesti, eh? (Per l'occasione inauguriamo una nuova categoria di articolo che mi tornerà molto comoda. ndgiopep) Dicevamo... Dragon's Dogma. Ovvero un gioco nato dall'innocentissima domanda di un dipendente Capcom al suo boss: "Perché non cacciamo più fuori dei giochi di ruolo?" "E Quando mai li abbiamo cacciati fuori?" "Beh, c'era Breath of Fire...". E il discorso sarebbe finito li. Non fosse che il boss in questione (che desidera rimanere anonimo) ha poi pensato di buttare un'occhiata alle vendite dei giochi di ruolo per console in occidente e ha intravisto gli oltre quindici milioni di copie piazzati da un certo Skyrim. "キャセロール!!!" ha esclamato il boss in questione, richiamando subito il suo sottoposto e dicendogli che sì, sarebbe il caso di pubblicare un nuovo gioco di ruolo ma che no, non sarebbe il caso di metterci ragazzini dai capelli blu e figaccioni con le spade lunghe due metri e mezzo. Al contrario, la regola sarebbe stata "ispirarsi, adattarsi, occidentalizzarsi".

Nacque così Dragon's Dogma, uno dei giochi meno giapponesi pubblicati da Capcom negli ultimi anni, arrivato zitto zitto a maggio dello scorso anno unicamente per PlayStation 3 e Xbox 360 (il suddetto dipendente si era dimenticato di spiegare che su PC 'sto genere di giochi vendicchia bene) e riproposto da qualche settimana con un'edizione espansa intitolata Dark Arisen, che trovate pressapoco recensita qui. Magari tra qualche riga vi spiegherò anche che significa "espansa", intanto voi seguitemi fiduciosi.

Dunque, per creare il suo nuovo campione del fantasy nudo e crudo, Capcom ha innanzitutto sentito la fortissima necessità di caratterizzare il mondo di gioco, vero fulcro di un gioco di ruolo con le palle. Poi l'ha messa da parte perché ci voleva troppo e ha pensato di acchiappare tutti gli stereotipi del fantasy occidentale e schiaffarli brutalmente nel prototipo del mondo fantasy-medievale più classico che c'è. Un processo iniziato nettamente dal bestiario, caratterizzato da singolari creature come goblin ("A goblin!!!"), ciclopi ("A cyclop!!!") e, ovviamente, draghi ("A dragon!!!").

Creato questo singolare universo fantasy, è venuto il momento di pigliare nuovamente la classica storia del bravo ragazzo che per uno strano (e inspiegabile per le prime dodici ore di gioco) motivo vede la sua esistenza mischiata con quella di un drago: i brainstorming nella sala multimediale di Capcom, a base di Eragon, DragonHeart e Drakengard hanno dato i loro frutti. Dunque, breve preambolo giocabile, musica di Resident Evil riciclata per i titoli di testa (davvero, fateci caso), creazione del personaggio (carina, molto "libera" in termini di quanto possiamo farlo brutto), fattaccio e dopo quindici minuti di cutscene caratterizzate da un'interpretazione tutta speciale dei concetti di "sincronia" e "doppiaggio", ci ritroviamo praticamente in mutande nel povero villaggio di pescatori di Cassardis, luogo decisamente particolare, dal momento che alla prova dei fatti gli abitanti che sono effettivamente pescatori saranno due o tre.

E badate bene... tutto questo a me sta benissimo, eh! Ci sguazzo, in queste cose. Datemi un mondo fantasy "banale" da esplorare in lungo e in largo e io son felice come un piccione. Ho all'attivo praticamente tutti i giochi di ruolo occidentali usciti di recente per console, compresi giochi reputati secondari (talvolta ingiustamente) come Dungeon Siege III, Divinity 2: Ego Draconis e Two Worlds II. Insomma, ben venga l'ennesima escursione fantasy (quante volte ho usato quest'aggettivo in questo articolo?), a patto di poter correre liberamente qui e li senza rimanere bloccato dai cespugli (come in Fable) o incappare continuamente in caricamenti anche quando si entra in un WC di quelli di plastica (come in Fable). Dunque, immaginate la mia contentezza quando, iniziando ad esplorare Cassardis, mi sono accorto che non solo potevo attraversare i cespugli, ma anche correre qui e lì a piacimento. Certo, se metto piede in acqua qualcosa mi ammazza, ma ci può stare: per il resto, il motto di Dragon's Dogma è pressapoco "Viva l'esplorazione libera!". Il mio alter ego Bozzo può infatti correre, saltare un po' ovunque, aggrapparsi e arrampicarsi su cigli, muretti ed edifici e andare praticamente dove gli (mi) pare. Proprio per questo, ancora praticamente in mutande, precipito da un muraglione dopo cinque minuti di gioco, schiattando miseramente sulla spiaggia sottostante. Ci sta.

Le sorprese in Dragon's Dogma non finiscono qui, dal momento che, in un guizzo di creatività che ha del geniale, gli sviluppatori sono riusciti a giustificare l'esistenza dei personaggi non giocanti. Anziché trovare il solito gruppo di tizi che si uniscono a noi anche se magari non hanno la più pallida idea di dove stiamo andando o del perché vogliamo per forza andare ad ammazzare un tizio che ci sta antipatico, in Dragon's Dogma troviamo le Pedine. Ovvero, una vera e propria razza di decerebrati priva della propria volontà e che quindi in modo abbastanza parassitico si appropria delle missioni di vita altrui, diventando così una preziosa fonte di compagni di viaggio. Una volta reclutate le Pedine (fino a tre, di cui una principale che possiamo pure modificare e gestire a piacimento perché evidentemente raccomandata) avranno principalmente due compiti: ci affiancheranno in combattimento e commenteranno qualsiasi cosa passi sotto il loro naso. Qualsiasi. "Che bell'albero!", "Com'è alta questa scogliera!", "I prezzi del pesce devono essere parecchio aumentati in questi momenti di crisi!" (giuro che una delle mie Pedine ha detto una roba simile passeggiando al mercato). Non-stanno-zitti-un-attimo. Al punto che è possibile sedersi di fronte alla propria pedina raccomandata prediletta e, tra le varie impostazioni, dirle QUANTO SPESSO deve aprire bocca. Fortunatamente, oltre a parlare continuamente, le pedine in questione sono ottimi compagni di viaggio, combattono con noi, ci forniscono indizi sulle missioni, commentano tutto e tutti raccolgono autonomamente gli oggetti da terra (tranquilli, poi ce li riprendiamo) e, in generale, sono al centro di un bel sistema di gioco che il buon Francesco Destri ha ben spiegato nella recensione originale del gioco. Ricordate? "Recensioni che se la prendono comoda"? Ecco.

Ho parlato delle pedine perché in effetti rappresentano l'elemento più caratterizzante di Dragon's Dogma. Per il resto, eccovi l'ennesimo gioco di ruolo di stampo occidentale con tante missioni da scovare e portare a termine, una trama principale che tutto sommato possiamo ignorare per ore e ore (senza che questa venga a cercarci) e tanti, tanti cliché del genere. Se scrivessi così sarei però ingeneroso (non badate che l'abbia già scritto), dal momento che almeno un altro elemento di Dragon's Dogma risulta non dico originale, quanto semmai un po' inusuale per questo tipo di giochi: il sistema di combattimento davvero molto, molto arcade. E quando dico "molto" intendo che sembra sbucato da un action-game piuttosto che da un clone di un capitolo di The Elder Scrolls. È tutto molto giocoso, con personaggi che effettuano doppi salti e super mosse a mezz'aria, combo decisamente fantasiose, munizioni infinite per le armi da tiro e via dicendo. Non parlo di un sistema particolarmente rifinito, sia chiaro. Anzi, ha le sue belle magagnette, come le combo che proseguono anche se abbiamo mancato il bersaglio, lasciandoci indifesi per preziosi secondi mentre picchiamo brutalmente l'aria di fronte a noi. E a dire il vero anche la gestione della telecamera non è propriamente delle migliori durante i combattimenti. In ogni caso, però, combattere in Dragon's Dogma è più divertente di quanto avviene in molti giochi simili, per cui segnate questo aspetto tra i lati positivi, subito sotto "Le chimere sono davvero fighe" e "Posso indossare pantaloni e armatura, tutti assieme!".

L'interfaccia di gioco è decisamente completa e abbastanza pratica da utilizzare. Ah, no, scusate: siamo nel 2013. Ritratto: l'interfaccia di gioco è rimasta indietro di qualche annetto. È abbastanza arzigogolata e come complessità fa un po' a gara con quella del già citato Two Worlds II (va' che era bellino, eh! Recuperatelo), priva tra l'altro di funzioni ausiliarie che sarebbero tornate utili, tipo set di equipaggiamento predefiniti o una migliore gestione della mappa. Continuando in modo ondivago, segnalo invece un ottimo punto a favore del gioco rappresentato dalle svariate possibilità di crescita del personaggio (e della sua pedina principale). Tra classi primarie, secondarie e avanzate possiamo davvero sbizzarrirci e una volta tanto eludere la classica tricotomia mago-guerriero-ladro. Certo, ci sono alcune forzature un po' assurde, tipo arcieri che una volta diventati "arcieri più fighi" devono usare archi appositi e NON POSSONO utilizzare più archi normali.

Un aspetto che diventa sempre più evidente mano a mano che si procede nel gioco è l'ottima resa della deficienza artificiale dei personaggi che ci circondano. Gli sviluppatori si sono davvero impegnati per renderli dei decerebrati credibili e i risultati si notano davvero, tra compagni che si lanciano alla carica di sotto da una scogliera (tranquilli, tornano qualche istante dopo, perplessi, giusto in tempo per buttarsi nuovamente di sotto), nemici che corrono in cerchio prima di colpire e creature giganti che riescono a incastrarsi anche contro un bonsai: chi scrive (io) ha ammazzato un ciclope alto sei metri rimanendogli a qualche passo di distanza e tempestandolo di frecce per venti minuti (son coriacei, i ciclopi), mentre lui cercava di aggirare un albero al cui lato correva un pratico sentiero largo tre metri.

Sul fronte tecnologico, Dragon's Dogma alterna con una certa disinvoltura aspetti convincenti ad altri decisamente mediocri. Ad esempio, l'illuminazione e il ciclo giorno/notte sono resi assai bene, mentre la fluidità presta spesso il fianco a qualche possente mannaiata. Il difetto più evidente resta comunque il tearing abbastanza marcato, ormai marchio di fabbrica del motore MT Framework e che in determinate circostanze riesce a spaccare in due l'immagine anche per un paio di secondi di fila, dandovi la temporanea illusione di stare giocando in split-screen (OK, OK, sto esagerando, ma almeno così ho reso l'idea). Mi ha abbastanza convinto invece l'accompagnamento sonoro, adeguato all'ambientazione (tranne la succitata musica iniziale di Resident Evil) e con un paio di passaggi cantati che si integrano benissimo con l'ambientazione: sviluppatori occidentali, prendere nota, grazie.

Molto probabilmente ora quelli di voi che ancora non hanno lasciato la pagina si chiederanno che cosa diavolo sia 'sto Dark Arisen. Allora: non si tratta dell'espansione di Dragon's Dogma. O meglio, non proprio. Possiamo considerarlo sotto certi aspetti il vero Dragon's Dogma, la Director's Cut, la versione riveduta e corretta. Nel disco del gioco c'è infatti TUTTO il Dragon's Dogma originale, leggermente ottimizzato e con qualche bug in meno. Ascoltando i feedback di chi ha giocato la versione originale, gli sviluppatori hanno introdotto alcune migliorie, come ad esempio un sistema di viaggio rapido nel mondo di gioco molto più facile da usare (una manna dal cielo, credetemi). In Dark Arisen troviamo inoltre tanta roba extra, come oggetti, abilità, un nuovo livello di rarità che va oltre il DragonForged per l'equipaggiamento, un sacco di nemici nuovi (anche belli arrabbiati) e qualche miglioria al sistema dei menu (pensate un po' come poteva essere prima... ).

A tutto questo si aggiunge un'intera nuova zona dotata di una trama propria, nemici dedicati e un sacco di oggetti speciali da trovare. L'importante, in caso non abbiate già giocato l'avventura originale (importando così il vostro personaggio e le vostre pedine), è non farsi prendere la mano e "mollare l'osso" in quelle missioni che ci sembrano apparentemente insormontabili: credetemi, lo sono. Visitare BitterBlack Island senza avere un personaggio debitamente potenziato significa morire, morire e ri-morire senza appello. Dunque, anche il livello massimo di sfida nel gioco aumenta visitando i luoghi introdotti da Dark Arisen: questo significa che, casomai il gioco "vi pigli", avrete di fronte a voi un centinaio di orette di avventura e sano grinding. La domanda è: vale la pena comprare Dragon's Dogma: Dark Arisen se non avete mai giocato Dragon's Dogma? Beh, sì. Se amate il genere (parliamo di RPG di stampo occidentale, direi) è una valida e impegnativa aggiunta alla ludoteca. Ha i suoi problemini e pecca forse un po' di ingenuità, ma al tempo stesso si rivela un buon passatempo e il livello di difficoltà superiore alla media lo rende anche abbastanza appagante. E se invece avete già giocato Dragon's Dogma? Vale la pena di pigliare Dark Arisen solo per l'espansione? Beh, considerando che si trova facilmente nei negozi a circa 20/25 euro e che i contenuti extra garantiscono comunque la loro bella manciata di orette, direi che il rapporto qualità/prezzo è altino. Se avete apprezzato l'originale e ne volete ancora, non c'è molto altro da dire: pigliate 'sto Dark Arisen e cercate di capire che cosa voglia quella mezza disperata sul molo.

Ho giocato un po' il primo Dragon's Dogma senza finirlo, salvo poi metterlo da parte per aspettare Dark Arisen, comprarlo e ricominciare il tutto daccapo, prima con un guerriero e poi con un interessante arciere. Ah, ho giocato su Xbox 360, anche se ho pure intravisto la versione per PlayStation 3 e mi è parsa praticamente identica.

Voto: 7.5