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Contro i loop temporali nei videogiochi: potere rinunciare alla perfezione

Nel mezzo c'è tutto il resto

E tutto il resto è giorno dopo giorno

E giorno dopo giorno è

Silenziosamente costruire

E costruire è sapere

è potere rinunciare alla perfezione

Quando Andrea Maderna mi ha proposto di parlare di un gioco dal titolo A perfect day ho titubato un po'. La domanda che subito mi è venuta in mente è stata: esiste davvero un giorno perfetto? La risposta migliore mi è venuta da Niccolò Fabi che l'ha messa in musica in quel capolavoro che è Costruire, dove con una melodia in tre/quarti ci svela che per vivere sereni bisogna sapere rinunciare alla perfezione e costruire giorno dopo giorno. E già per il povero gioco in questione le cose partono con il piede sbagliato. Poi come faccio ormai di solito sono andato a sbirciare su How long to beat quante ore fossero necessarie per portarlo a termine. La stima era di 24 ore, guarda caso una giornata intera. Altro punto a sfavore. Chi mi legge da un po' di tempo sa che gioco principalmente a titoli con un forte impianto narrativo e la cui durata non supera quasi mai le dieci ore. È un limite che mi sono imposto e che trovo ragionevolmente sufficiente per riuscire ad intrattenermi senza scivolare nella pesantezza e ripetitività. Se un disco lo “consumiamo” in un'ora, un film in due ore, un libro di 60.000 parole in meno di 4 ore, perché continuiamo a scandalizzarci o ad urlare contro gli sviluppatori se un videogioco dura meno di 20-50-100 ore? Mi piacciono esperienze concentrate, non diluite, ben a fuoco, con pochi personaggi tratteggiati bene. Mi son detto “e che sarà mai, per una volta facciamo uno strappo alla regola, magari scovo un capolavoro dimenticato da tutti”. Poi, dopo neanche un’ora di gioco, arriva come una doccia fredda quello che non avrei mai voluto: la meccanica principale del gioco è un maledetto loop temporale. Ho sbroccato.

Tipo così.

Da un po’ di tempo questa cosa sembra essere sfuggita di mano. Sarà per il successo dei roguelike e rougelite che altro non sono che loop temporali mascherati (ma neanche tanto) in cui si intrappola il giocatore nella ripetizione ossessiva di run su run che valorizzano il fallimento come stile di vita (!) solo per migliorarsi (!) ed essere più preparati la volta successiva (!). D’altronde i primi videogame su cabinato erano essi stessi dei loop dove però per ricominciare bisognava inserire una monetina. Se volete saperlo, ho abbandonato Hades, ancor prima Dead Cells, e in Loop Hero credo di non essere andato oltre i 30 minuti di gioco. Ora, sia chiaro che questo è un mio problema, e che non mi sto scagliando contro tutti i videogiochi che usano questa meccanica, ma a me è davvero venuta a noia, anzi non è mai entrata nelle mie corde, non c’è engagement, per usare una parola figa. Perché mi dovete costringere a rivivere gli stessi scenari, gli stessi dialoghi, incontrare gli stessi personaggi, rifare centinaia se non migliaia di volte la stessa cosa? Non è la vita reale già abbastanza circolare? Alzarsi, andare a lavorare, mangiare, dormire, consumare, ripetere da capo. A questo punto userò il povero e sfortunato A perfect day per fare un discorso più generale sull’uso dei time loop e perché secondo il mio modestissimo parere, hanno rotto i coglioni.

All’ennesima volta che ho visto Zagreus uscire dalla pozza di sangue ho risbroccato.

La trama di A Perfect Day ruota attorno a un bambino delle elementari di nome Chen Liang e al suo desiderio di vivere la giornata perfetta. La scuola termina inaspettatamente presto, così Cheng Liang coglie l'occasione per consegnare a Ke Yun, una ragazza della sua classe, una cartolina di Natale. Ma è l'ultimo giorno del 1999, quindi è decisamente in ritardo. Purtroppo, le cose non andranno come previsto, che si tratti di Ke Yun, dei suoi amici o della sua famiglia. Tutti hanno qualche problema da risolvere, che sia uno pseudo Game Boy rubato, un divorzio imminente, debiti di gioco da saldare. Al giocatore, e quindi a Chen Liang, spetta il compito di far sì che le cose si mettano a posto utilizzando in maniera corretta le informazioni e gli oggetti raccolti nei loop temporali. Il gioco è fastidiosamente ripetitivo (e ti credo è un loop!), legnoso, dalle meccaniche fumose, con una UI che definire imbarazzante è un complimento e come se non bastasse ha crashato diverse volte sulla mia Switch. Ma al di là di questi aspetti puramente tecnici, il setting poco interessante (una nostalgica Cina in bilico tra un passato fatto di povertà e fatica e il nuovo millennio che promette modernità e ricchezza) e una scrittura tutt’altro che raffinata, quello che non mi è andato giù è proprio l’espediente narrativo del loop temporale. 

La mia espressione facciale quando scopro che c’è un loop temporale nel gioco.

In 12 Minutes (ne abbiamo parlato qui) mi sono ritrovato intrappolato in un appartamento claustrofobico e venivo ucciso appunto ogni 12 minuti. Che stress, lasciatemi morire una volta e basta, non voglio svegliarmi solo per ritrovarmi nello stesso posto e rivivere le stesse cose. Gli orizzonti si allargano a Blackreef ma la fine in Deathloop (ne abbiamo parlato qua) è la stessa. Morire per rinascere, imparando ogni volta qualcosa di nuovo. Di minuti ne servivano 22 in Outer Wilds prima che l’intero universo collassasse, rewind veloce e oplà pronti per scandagliare per l'ennesima volta  in lungo e largo un intero sistema solare. Clamorosamente non ho terminato nessuno di questi giochi e non me ne vergogno. Ho solo un piccolo rimorso per Outer Wilds, ma credo che il messaggio ultimo mi sia arrivato comunque: meglio sdraiarsi su un’amaca, arrostire qualche marshmallow e godersi lo spettacolo finchè si può. (Per chi volesse approfondire il tema della morte nei videogiochi vi rimando a un mio articolo su Ludica). Sarà forse per la brevità del loop di solo 60 secondi, il gameplay delizioso e la grafica a 1 bit che sono riuscito invece a portare a termine Minit. Alcune congiunzioni astrali favorevoli, l’ambientazione storica interessante e i dialoghi scritti davvero bene mi hanno permesso di arrivare ai titoli di coda anche di The Forgotten City. Per una volta non ero io a morire e quindi anche in Overboard! sono riuscito a farla franca. Con A Perfect day non ce l’ho proprio fatta. Non mi interessa assolutamente risolvere le paturnie di un ragazzino delle elementari che crede che tutto si può aggiustare. Non lo trovo educativo e francamente questa continua tendenza alla perfezione, alla performance, che solo fallendo si può crescere e migliorarsi, mi risulta stucchevole. A volte il fallimento c’è e te lo tieni. Il game over arriva e puoi anche smettere di giocare. Non comprendo chi insegue con ostinazione run perfette, chi platina i giochi, chi speedrunna. A una società sempre più performante e veloce, che cerca di mascherare la morte anche attraverso i respawn continui nei videogiochi, io preferisco ancora la linearità, da A a B con i miei tempi, senza pressioni e senza trofei. Non devo dimostrare niente a nessuno. Byung-Chul Han ne La società della stanchezza scrive “per poter funzionare meglio, ci ottimizziamo fino alla morte.” È questa la terribile verità. La continua ricerca della perfezione non fa altro che portarci verso il burnout e la morte. Rompere il loop vuol dire riuscire a mettere tutto a posto, rendere tutto perfetto e ottimizzato ma non è altro che un terribile inganno, un’illusione. Inoltre trovo la meccanica del loop temporale un espediente narrativo per sviluppatori pigri, un escamotage per riciclare ambientazioni e dialoghi allungando un brodo che potrebbe essere finito in molto meno tempo. Non è un caso che i miei videogiochi preferiti di quest’anno siano quasi tutti visual novel e puzzle game. Sto invecchiando e anche questo è un chiaro segnale.

Gabbro miglior NPC di sempre.

In conclusione, A Perfect Day è un'esperienza di gioco affascinante e memorabile che unisce con successo nostalgia, strategia e una narrazione commovente. È una testimonianza della creatività e dell'ingegno degli sviluppatori di giochi nel creare storie uniche e coinvolgenti. Che tu sia un appassionato di giochi a loop temporale o semplicemente ami una storia commovente, A Perfect Day è un must-play che ti lascerà con un sorriso sul viso e una sensazione calorosa nel cuore.

Non sono impazzito, leggi sotto.

Il paragrafo qua sopra l’ho fatto scrivere a ChatGPT che ha un’idea completamente diversa dalla mia. Pazienza. Bisogna saper rinunciare alla perfezione.