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Moss, poco onore e tanta gloria in VR

Queste sono le parole che spinsero David Petersen a scrivere e illustrare la saga a fumetti Guardie d’onore, pubblicata anche in Italia da DeAgostini, che ha per protagonisti intraprendenti roditori in un mondo fantasy in cui, di base, sono le uniche creature razionali.

Sfogliando quelle pagine e ammirando i disegni dettagliati, è chiaro che gli stessi volumi devono essere finiti nelle librerie degli artisti di Polyarc, nuovo team di sviluppo che raccoglie alcuni profughi di Bungie, gente che nel proprio curriculum vanta produzioni come Halo 3: ODST, Halo: Reach e Destiny.

Sebbene Moss non sfrutti la licenza di Guardie d’onore, è impossibile non notare la somiglianza. Al limite del plagio. Essendo un’esclusiva di PlayStation VR, è come se le tavole di Petersen fossero state trasformate in un libro pop-up che prende vita dentro al visore per la realtà virtuale di Sony.

La caratteristica principale di Moss, infatti, è quella di presentare il mondo di gioco sotto forma di sipari a 360° dove si svolge l’azione, immortalati da un’inquadratura fissa. È solo orientando lo sguardo, chinandosi e sporgendosi dalla propria seduta che è possibile ammirare tutti i dettagli della scena, come da una balconata a teatro. In alcuni casi è addirittura indispensabile allontanarsi dalla propria posizione comoda, per riuscire a esplorare la zona alla ricerca delle pergamene segrete, che si rivelano solo sbirciando in ogni anfratto.

L’ingresso e l’uscita da ogni sipario sono accompagnati dal fruscio delle pagine, come, appunto un enorme volume dalle pagine pop-up, fatte non di strisce di carta ma di poligoni. E l’avventura comincia proprio dalle pagine di un tomo illustrato. La differenza principale rispetto alla saga di Guardie d’onore sta nella presenza di tre istanze che portano avanti il racconto: la voce narrante, che commenta l’accaduto; Quill, la tenerissima protagonista, controllata dal giocatore tramite i comandi analogici del DualShock 4; il giocatore stesso, nei panni di una sorta di divinità del mondo virtuale, che interagisce con gli oggetti dello scenario usando i sensori di movimento del controller Sony.

Il risultato finale è un puzzle game che richiede capacità di osservazione, destrezza e pensiero laterale, in grado di affascinare durante tutto il tragitto per inventiva e, soprattutto, cura per i dettagli. L’universo di gioco è ricco e vibrante di vita e, purtroppo, le immagini bidimensionali non possono rendere giustizia allo spettacolo che avviene davanti ai nostri occhi.

Bisogna ammettere che, per buona parte del gioco, Moss avrebbe anche potuto essere un titolo tradizionale, ma il fatto di trovarsi immersi nella sua lussureggiante vegetazione o tra le rovine di antiche fortezze topesche lo rende un’esperienza magica, che riempie lo sguardo di meraviglia.

Come melodia armoniosa, che tiene insieme tutta la sinfonia, c’è Quill: la protagonista più semplicemente A-D-O-R-A-B-I-L-E che abbiate mai incontrato in un videogioco. Che poi, parlare di topolina adorabile fa pure un po’ strano, ma non ci sono altri aggettivi che riescano a descrivere meglio il personaggio con cui vi troverete ad avere a che fare. Il lavoro svolto dal team grafico in termini di animazioni è semplicemente straordinario, non solo in relazione ai movimenti che accompagnano le meccaniche di gioco, anche per merito delle tantissime animazioni di raccordo e commento, che rendono Quill uno fra i personaggi meglio definiti di questa sorta di intrattenimento (sebbene, dispiace rimarcarlo ancora una volta, lo spunto non sia del tutto originale).

Il gioco è quindi una meraviglia per gli occhi, ma lo è anche in termini di divertimento? Di base, le meccaniche sono molto semplici: Quill salta, corre, si nasconde e usa lo spadino. Muore se finisce in acqua e la sua energia può essere drenata da spine e nemici (per lo più meccanici). Nemici di cui il giocatore può prendere il controllo, tramite il sensore di movimento, congelandoli per farli a pezzetti con la spada di Quill oppure orientandone i colpi in modo da sgomberare il percorso da altri ostacoli e così via. Sono proprio le procedure di controllo dell’ambiente che spesso risentono del posizionamento dell’occhio della telecamera Sony in relazione alla nostra posizione, generando un po’ di frustrazione di fronte ai tentativi non andati a buon fine, che terminano di frequente con l’uscita del controller dal range della PlayStation Camera.

Va detto, poi, che nonostante il level design sia appagante, la curva di difficoltà è scostante, dato che il gioco non prende per mano, anzi, obbliga a procedere per tentativi ed errori. E le scoperte migliori si fanno, di solito, quando si comincia a fare le cose più impensate perché non si capisce come andare avanti. D’altra parte, questo è anche il fascino del design minimalista dell’interfaccia di gioco, pensata per stupire piuttosto che per essere funzionale. E questo è il bello e il brutto dello stato dell’arte in tema di VR. C’è da dire che, grazie al sistema di inquadrature fisse, non si avverte alcuna sensazione di motion sickness e, a differenza di  quanto avviene in giochi come Farpoint o DiRT Rally, con Moss è possibile giocare per periodi prolungati, accusando eventualmente un po’ di torcicollo, ma mai sudori freddi (e ve lo dice uno che, prima di giocare, riempie lo stomaco di infusi allo zenzero per evitare il torcibudella). Fra l'altro, anche in termini di longevità, ci troviamo di fronte ad un gioco vero e proprio (sei ore circa, la durata di molti indie) e non a una semplice demo tecnica.

Se non avete mai sentito parlare prima d’oggi di Guardie d’onore e avete un visore PlayStatio VR, questo gioco è semplicemente indispensabile, anche se forse non è la killer app del formato Sony che molti stavano aspettando, ma ci si avvicina pericolosamente. Per chi, invece, avesse già i riferimenti cartacei, il senso di WTF permane in sottofondo anche di fronte allo spettacolo che prende vita davanti ai propri occhi. Di sicuro, voglio Polyarc di nuovo all’opera: bravissimi!

Moss è uno di quei casi rarissimi, se non addirittura unici, in cui “Viva la topa!” non è un commento fuori luogo.

Ho ricevuto un codice per il download dallo sviluppatore e ho vissuto l’intera esperienza su un sistema PlayStation 4 standard, senza notare particolari rallentamenti. Ho portato a termine l’avventura principale in un paio di sessioni, per la durata complessiva di poco più di sei ore, compreso il ritorno per cercare alcune pergamene sfuggite all’inizio del gioco (quando ancora ne ignoravo l’esistenza). È un esclusiva PSVR e non è richiesto l’uso di periferiche accessorie come i PlayStation Move o PS Aim, ma il sistema di controllo di default si appoggia sul DualShock 4.