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Devilman: grande uomo diavolo quarantenne

Probabilmente i due OAV di Devilman, rispettivamente Devilman: La Genesi (Debiruman:Tanjō hen) e Devilman: L’Arpia Silen (Debiruman: Yōchō shiren hen), sono e restano tra i migliori lavori d'animazione mai realizzati, frutto di un epoca che non si è mai ripetuta e mai si ripeterà. Genesi e culmine di un metodo di lavoro ormai quasi del tutto dimenticato, o almeno drasticamente ridotto: un autentico artigianato dell’animazione nipponica, che ormai troviamo sempre più accorciato e sempre più inabissato tra invadente CGI e nuovi metodi per smaltire, alla svelta, una produzione animata.

L’armonizzazione tra CGI e disegno a mano è ancora materia di scontro, secondo molti. E non trova nel sottoscritto una facile conciliazione.

Riguardandoli, a distanza di anni, non si può non riconoscere a queste due opere animate un valore superiore che semplicemente stacca tutto il resto. Si resta ammutoliti di fronte ad una simile perfezione luciferina, si resta inebetiti di fronte a un simile risultato e non si può non riconoscere che i due OAV Devilman: La genesi e Devilman: L’Arpia Silen non sono invecchiati di una virgola, anzi, sembrano ancora più fulgidi e splendidi di come li avevamo lasciati (sulle VHS di Granata Video). 

E ora... Time Travellers. [1]

Siamo nel 1972 e Go Nagai, che tutti conosciamo grazie ai robot che riempiranno l’immaginazione di una intera generazione (Mazinga-Z, Jeeg robot d'acciaio e Goldrake), crea un manga horror dalle tematiche decisamente forti, orrorifiche ed adulte: si tratta di Devilman. Alla base del manga c’è una fascinazione dell’autore sulla figura del diavolo, la completa sfiducia nel genere umano, un richiamo costante alla Divina Commedia del sommo poeta, una passione per le tematiche d’orrore e le scene sanguinolente e infine un certo retrogusto amaro per far crescere bruscamente un'intera generazione facendola intimamente a pezzi. 

Attraverso un tratto feroce e spietato, che fa a brandelli il lettore, Nagai ci porta in uno tra i finali più drammatici e inaspettati che memoria di lettore manga ricordi. Nagai crea Debiruman.

Niente sarà più come prima.

Sopra ogni cosa, è da ammirare la ferma posizione di Nagai di concludere l’opera quando è il "momento giusto" quando il lettore è sufficientemente affezionato al giovane Akira Fudo e alla dolce Miki Makimura e quando, incredule, sfogliando le pagine dell’edizione Granata Press, pensa incredulo che non possa finire in questo modo.

E invece finisce proprio così.  

Devilman è un cult-manga dal valore assoluto ed insindacabile, considerato un autentico capolavoro in tutto il mondo, osannato da critica e pubblico, fonte inesauribile di progetti ad esso legati. La gestazione della versione anime ha una lunga storia sulle sue ali di pipistrello.

Nel 1972 viene proposta una versione televisiva del manga di Go Nagai da Toei-Doga, che esattamente l’anno prima era rimasta colpita dal precursore spirituale di Devilman, Mao Dante, a quel tempo pubblicato su Bokura Magazine. Mao Dante era una sorta di prova generale per Devilman: ci sono molte tematiche e assonanze con la storia dell’uomo diavolo, anche se l’opera è ancora leggermente acerba. Sull’idea vincente di Mao Dante, Toei-Doga commissiona a Nagai la creazione di un nuovo personaggio demoniaco che deve combattere il male. L’intenzione è di produrre una serie televisiva, una linea di giocattoli e parecchio merchandise legato al personaggio. Come fanno in Giappone, in sostanza. 

Nagai accetta, interrompe Mao Dante (che rimarrà un’opera incompiuta) e si cimenta nella creazione di Devilman. Ma ben presto il suo genio irrompe nell’opera commissionata da Toei e il suo fumetto kodomo (ovvero destinato ad un pubblico di bambini) esplode in un turbine disperato di violenza e ferocia, che si esprime con ondate di schizzi furibondi sulle tavole, un linguaggio crudo che non lesina a richiami e situazioni pesanti e una storia dalle tinte adulte, molto più che kodomo e shonen. Il tratto di Nagai è brutale e non risparmia scene violente; mal di addice all’iniziale richiesta di Toei, che aveva pianificato su questo manga un'attenta trasposizione televisiva. 

La storia cupa e inquietante, nella quale i genitori di Akira vengono mangiati dagli stessi demoni che poi dovrà combattere [2] o innocenti bambine vengono trucidate da uomini più simili a diavoli che umani, non è assolutamente adatta per il pubblico infantile a cui Toei voleva rivolgersi.

Ormai, però, il maestro Nagai è troppo coinvolto nella sua opera: davanti alla richiesta esplicita di modificare drasticamente il personaggio e lo svolgersi della storia, Nagai rifiuta categoricamente, continuando la lenta e metodica stesura del suo manga.

Toei Doga si vede quindi costretta ad affidare a Kazuo Komatsubara, un promettente animatore già distintosi, la serie di Nagai. Il compito di Komatsubara è arduo: filtrare l’opera per un pubblico di bambini, senza tradirne lo spirito originale. 

L’8 luglio del 1972 andrà in onda su Asashi TV la prima puntata di Devilman (Debiruman).

Komatsubara, seguendo gli ordini di Toei, assieme a Shingo Araki, trasforma il macellatore di demoni Amon/Akira Fudo in un eroe ne più ne meno tokusastu [3], con tanto di mosse speciali, una precisa moralità, un'etica nei combattimenti e l’immancabile colpo finale, che non può mancare ad un supereroe.

Fondamentalmente viene replicata ad hoc la formula classica nagaiana che già aveva garantito un successo imperituro: in ogni puntata televisiva, i generali dei demoni mandano un avversario contro Devilman, che deve sconfiggerlo, possibilmente prima che compia malefatte. Resta comunque molto pregevole ed azzeccata la scelta di spaventare il pubblico con un'atmosfera tetra e inquietante: la serie TV di Devilman rispetta comunque certi canoni ortodossi del manga. 

La sinossi generale della serie non è molto diversa da quando il dottor Inferno spediva i mostri meccanici contro la fortezza delle scienze, anche se stavolta, la base di Devilman è casa Makimura, un ambiente familiare tranquillo (Akira è stato adottato dalla famiglia Makimura)

Un linguaggio visivo molto innocente colora ogni puntata, rendendo la serie scorrevole e simpatica, anche se non priva di piccoli momenti di brivido. In pratica, una perfetta replica dei canoni anime in voga negli anni Settanta. Viene inoltre aggiunto un elemento umoristico per alleggerire i non pochi momenti di tensione: dopotutto è una serie leggermente velata da una corrente orrorifica, che tratta di mostruosi demoni che vessano il genere umano o, spesso, ne denotano gli aspetti fragili. Questo reiterato aspetto di critica verso il genere umano, unito ad una blanda rilettura (uomo diavolo), probabilmente infastidisce le orde di genitori che distrattamente passano accanto alla TV nelle ore serali, da Telelombardia a Odeon TV, e muove un'autentica sommossa popolare contro Devilman, trasmesso dalle inconsapevoli TV regionali.
C'è chi c'ha visto una concreta analogia con il manga di Nagai, in una assurda e immotivata caccia alle streghe. 

Nelle intenzioni della produzione, c’era anche il lancio di una serie di giocattoli legati al franchise; Debiruman doveva diventare un prodotto per bambini e Komatsubara, pur senza stravolgere il personaggio di Go Nagai, compie il miracolo: riesce a mantenere in equilibrio la visione del Devilman edulcorato che vuole Toei Doga con lo spirito del feroce Amon, massacratore del regno dei demoni.

Va ricordato, a tal proposito, fra i vari cambiamenti tra manga e cartone animato, che nella versione Toei Amon sostituisce quasi completamente l’indole del giovane Akira Fudo, mentre nella versione manga, Akira resta un uomo con i poteri di un demone, più determinato a combattere per il genere umano.

Una differenza significativa, che nei 39 episodi del cartone animato verrà alla luce, facendo sorgere qualche dubbio sull’effettiva bontà del giovane ragazzo ospitato a casa a Makimura. L'Akira della serie Tv mancherà spesso di empatia verso il genere umano che dovrebbe difendere, combattendo quasi per capriccio o spesso per impressionare la giovane Miki, di cui è perdutamente innamorato.

L’opera originale, nuda e cruda, spietata e agghiacciante, lascia il posto a colori sgargianti; le zampe caprine di Amon/Devilman diventano gambe umane; la coda scompare dentro improbabili mutandoni con tanto di fibbia; le ali da pipistrello vengono sostituite da ali gommose e retrattili dalle forme morbide; anche il volto, durante la trasformazione demoniaca, mantiene connotazioni umane. Tutto è stato ripulito per un pubblico giovane, secondo un preciso dettame di Toei Doga.

Passeranno molti anni, prima che Devilman torni. Quindici anni dopo, viene deciso di fornire all'opera una trasposizione animata adeguata. L'epoca è quella giusta, il Giappone animato regna nel mondo, e si opta per una serie di OAV.

Nagai, rimasto impressionato dalla bravura di un Komatsubara che sta mietendo successi in patria, gli propone una collaborazione a un progetto sontuoso: La Dynamic Planning Co. di Go Nagai si fonde con OH! Production di Komatsubara, per creare qualcosa che a distanza di vent'anni è ancora un cult assoluto dell'animazione nipponica.

L’idea è di realizzare una serie di OAV ad alto budget, fedele all'opera originale e curata da uno staff di tutto rispetto, tra cui lo stesso Nagai alla sceneggiatura e Kazuo Komatsubara al character design. Ma non solo. Tsutomu Lida alla regia, Kenji Kawai alle musiche, Takamura Mokuo per gli stupendi fondali e molti altri grandissimi artisti.

Uno staff con credenziali artistiche a dir poco pazzesche.

Basta controllare qualsiasi nome che ho menzionato di sfuggita e troverete un’autentica trafila di capolavori dell’animazione nipponica a cui ha lavorato. Praticamente c’è una linea quasi continuativa di masterpiece a cui questi autori hanno partecipato oppure contribuito, i poli massimi dell’animazione. Si va, rigorosamente in ordine sparso, da Nausicaä della Valle del vento a Maison Ikkoku, da L'uomo tigre ad Astroboy.

La lista è enorme.

Purtroppo, a causa delle difficoltà nel reperire fondi per la produzione degli episodi, costosissimi, lunghi ma anche stupendi, la serie di Nagai e Komatsubara viene interrotta. La morte di quest’ultimo, avvenuta nel 2000, mette definitivamente fine all’impulso di continuare e concludere una serie OAV (Original Anime Video) destinata ad essere riconosciuta come uno tra i massimi capolavori dell’animazione nipponica. L’opera resterà incompiuta per molti anni, fino a quando, con una discutibile operazione commerciale, viene portata a termine, sempre nel 2000, con Amon: L’apocalisse di Devilman, che poco o nulla ha a che vedere con la qualità eccelsa dei primi due OAV.

Entrambi i mediometraggi di Komatsubara seguono fedelmente gli avvenimenti narrati nel manga, eliminando saggiamente alcune fra le parti invecchiate peggio ed effettuando delle aggiunte intelligenti, che si amalgamano perfettamente con il materiale originale. Come per esempio il prologo iniziale che, grazie alla toccante colonna sonora di Kenji Kawai, spiega perfettamente la storia primitiva del popolo dei demoni, senza dover far uso di dialoghi, lasciando tratteggiare ad una meravigliosa colonna sonora ogni singolo passaggio. Oppure alcuni scambi di battute tra Amon e i suoi nemici/fratelli, che fanno percepire chiaramente come la tribù dei demoni sia molto simile ad una società umana, dopotutto. Con le sue regole.

La qualità tecnica di entrambi gli anime è a dir poco straordinaria e decisamente all'avanguardia, superiore ad ogni opera dell’epoca (e forse anche odierna). Con disegni curatissimi e animazioni così fluide, naturali e dettagliate, che lasciano a bocca aperta. Non si è mai vista, in una produzione home video, una simile cura. Una dedizione cinematografica certosina paragonabile alla perfezione delle migliori opere di Mad-House o Studio Ghibli, anche se il tratto pulito del character design di Komatsubara è significativamente fra gli aspetti più godibili dell’intera opera. Uno stile che non tradisce l’opera originale ma la rende ancora più bella: gli anime sono ambientati negli anni che vanno dal 1987 al 1990, differentemente dalla serie Toei, che invece sfruttava un'ambientazione anni Settanta.

Da segnalare, inoltre, il doppiaggio italiano veramente notevole, con un Ivo de Palma perfettamente calato nella parte di Akira/Devilman e un Claudio Moneta che rende omaggio alla turbolenta indole di Ryo Asuka. Ma poi, come dimenticare Caterina Rochira (Silen) o Flavio Arras (Jimmen)... tutto il cast è spettacolarmente giapponese nell’inflessione, e si percepisce chiaramente trasporto per l’opera, merito di una direzione del doppiaggio consapevole e molto attenta.

Concludendo, i due OAV sono autentici gioielli dell’animazione giapponese, praticamente imparagonabili ad ogni serie animata recente. Sono OAV in grado di lasciare una profonda cicatrice, se si ripensa agli standard dell'animazione contemporanea.

Se Devilman Crybaby vi è piaciuto, è caldamente consigliato recuperare questi due spettacolari OAV e Amon: L'Apocalisse di Devilman, tenendo conto dei valori di produzioni netti e diversi.


[1] Time Travellers è un manga di Nagai postumo alla serie originale, in cui Devilman viaggia attraverso varie epoche, assieme a Ryo, per combattere i demoni che tentano di soggiogare il genere umano e alcuni importanti personaggi storici (Maria Antonietta, Giovanna D'Arco, Adolf Hitler... )

[2] Nel manga, i genitori di Akira non vengono mangiati dai demoni ma nel 1996 Nagai riprenderà queste idee facendole diventare “canon” e inserendole ufficialmente nella storia.

[3] Tokusatsu - Genere di film e produzioni tv con supereroi come Ultraman, Kamen Raider, Megaloman... Indica anche altre specifiche del genere.