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Barry Seal - Una storia americana con Tom Cruise che vola per davvero

Un film come Barry Seal - Una storia americana (in originale American Made, che volendo, nella sostanza, è moderatamente ben ripreso dal nostro sottotitolo) nasce per tanti motivi. Nasce perché oggi fa tendenza cavalcare l'onda lunga di Wolf of Wall Street, e chi è Doug Liman per dire di no. Fra l'altro un giorno dobbiamo parlare un attimo dell'amore di Liman per i videogiochi e del modo trasversale tramite cui li infila nei propri film. In tutti, eh, mica solo in Edge of Tomorrow. Ad ogni modo, dicevo, un film come Barry Seal - Una storia americana, nasce anche perché, dato il successo di Narcos, che fai, non vuoi girare un film in cui appaiono Pablo Escobar e i suoi superamici? Dedicandolo fra l'altro a un personaggio minore di Narcos, che magari ha incuriosito la gente. Perfetto, no? Praticamente è uno spin-off. Poi, certo, ti serve la star, ma tanto, per convincerlo a firmare, basta dire a Tom Cruise che la scena in cui pilota l'aereo, mette il pilota automatico e va nel retro per lanciare pacchi di droga la si gira facendoglielo fare davvero. A quel punto, sei a cavallo.

Barry "El Gordo" Seal e Tom Cruise. Due gocce d'acqua.

La storia è quella che ci si aspetta da questo genere di film, senza particolari varianti. C'è un tizio che si ritrova per le mani l'occasione di guadagnare una valanga di soldi facendo cose moralmente discutibili, coglie l'occasione, guadagna una valanga di soldi e poi finisce nei guai grossi. Nello specifico, si parla di un pilota di linea che arrotonda contrabbandando sigari, viene contattato dalla CIA con la proposta di volare per loro facendo foto in zone calde dell'America latina e finisce per arrotondare trasportando droga per i trafficanti più in voga. Succedono anche altre cose, ma la sostanza, bene o male, è tutta lì: ascesa e crollo rovinoso di una persona manipolata da governo e organizzazioni criminali ma che, di fondo, decide con la propria testa di lasciarsi manipolare perché non sa resistere alla tentazione del dolcetto.

Tutto questo viene raccontato da Doug Liman col previsto taglio a metà fra commedia e thriller, senza esagerare coi vezzi stilistici, appunto, da post Wolf of Wall Street ma infilando comunque la dose sindacale di omaggi musicali, giochetti in sovrimpressione e iperboli comiche. Il ritmo non molla mai e il film va giù che un piacere dall'inizio alla fine, riuscendo tutto sommato a dire in maniera efficace quel che ha da dire, anche se, come è sempre facile che accada, l'equilibrio nel tono non funziona nel migliore dei modi. Ci si diverte, non c'è un momento che non funzioni davvero e i lati meno solari della vicenda emergono, però manca la capacità, o forse la voglia, di colpire davvero allo stomaco e di approfondire un minimo qualunque personaggio non sia Barry Seal. Ma d'altra parte è il classico film tutto incentrato sul suo protagonista, tanto sul piano narrativo quanto su quello stilistico e di tono. Ed è quindi anche tutto sulle spalle di Tom Cruise, che funziona, si diverte e fa divertire, anche se forse non ti leva mai addosso la sensazione di, beh, stare guardando Tom Cruise.

Il film esce questa settimana in Italia. In lingua originale è tutto un tripudio di accenti della Louisiana e bandiere sudiste, lo segnalo.