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Racconti dall'ospizio #53: Super Ghouls 'n Ghosts e i santi in paradiso

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Sinceramente faccio fatica a ricordare dove vidi per la prima volta il cabinato di Ghosts 'n Goblins, se al PlayTime di Torino (storica sala giochi degli anni Ottanta ora sostituita da un franchising di profumi) o nella mini sala giochi del paesino ligure dove passavo l’estate, ma di sicuro è in quest’ultima location che ho imparato ad amarlo, a odiarlo e ad amarlo ancora.

Ghosts 'n Goblins è stato uno dei titoli che hanno formato maggiormente la mia passione per i videogiochi. La sequenza iniziale, il demone che rapisce la nostra amata, l’armatura che si disintegra al primo contatto, il primo diavoletto al termine del cimitero sono tutte cose che si sono impresse nel mio DNA e credo mai lo lasceranno.

In quegli anni, per giocare a Ghosts 'n Goblins, ho depredato più volte di qualsiasi moneta utile il borsellino di mia madre. Al mare non c’era pomeriggio che non iniziasse con una sana passeggiata agli inferi a suon di duecento lire (forse all'inizio erano cento? Non ricordo), ma la soddisfazione di “arrivare sempre un po’ più avanti” era una ricompensa più che sufficiente per continuare ad inserire monete (per me, ovviamente, non per il portafoglio di mia madre).

Il grandissimo problema che aveva Ghosts 'n Goblins era che non ne esisteva una versione arcade perfect da casa. Certo, quelli erano anni in cui i sistemi casalinghi non potevano competere a livello tecnologico con i cabinati da sala giochi, ma che io ricordi, tutte le conversioni che mi erano passate sotto le mani non avevano quella pulizia, quel feeling che aveva l’originale. Anche l’ottima versione per Amiga si portava dietro molti piccoli problemi tipici della piattaforma Commodore: era meno fluida, meno precisa, meno…. meno, ecco.

Questa venerazione per la versione arcade di Ghosts 'n Goblins sfociò anche in una parziale delusione per il suo seguito ufficiale, Ghouls 'n Ghosts. Non so spiegarlo, non riesco a trovare un motivo razionale per cui mi lasciò un po' così, perché Ghouls 'n Ghosts era visivamente ottimo e introduceva delle modifiche al gameplay che rendevano più moderno il tutto, ma alla fine non mi ha mai preso tanto come il capostipite. Certo, il monetame in sala giochi finiva inevitabilmente anche lì dentro, ma non con la stessa passione che mi coglieva con Ghosts 'n Goblins .

La strepitosa confezione di Chohmakaimura.

Poi arrivò a casa il Super NES, in versione NTSC USA, e il mondo per me non fu più lo stesso. Era la mia prima console (fino ad allora ero un Commodoriano convinto, tra Vic 20, C64 e Amiga), per giunta Nintendo: il pad, l’assenza totale di caricamenti, il Mode 7... insomma, si era aperta una porta su un universo videoludico parallelo.

Ero da poco tempo felice possessore del mio scatolotto grigio tutto spigoloso con i tasti violacei (sì, il Super Nintendo PAL è molto più carino ma io sono affezionato al mio), quando nella vetrina del mio negozietto apparve la confezione giapponese di Super Ghouls 'n Ghosts, anzi di Chohmakaimura, giusto per usare il nome corretto della terra del sol levante.

Il grande vantaggio di avere una console NTSC (per quanto USA) era che potevo usare indistintamente giochi americani o giapponesi. Infatti, l'unica differenza fra le due versioni che le rendeva "incompatibili" stava in due alette nello slot della cartuccia. Rimosse quelle, in maniera anche non del tutto docile, ecco che si apriva la propria softeca anche ai giochi giapponesi. lo svantaggio di questa situazione è che per ogni gioco era necessario vendere organi al mercato nero. Non ricordo quanto pagai Super Ghouls 'n Ghosts, ma sono sicuro che fu una cifra che avrebbe fatto rabbrividire qualsiasi persona sana di mente. Sicuramente eravamo ben sopra le 150 mila lire (ma ricordando il mio simpatico spacciatore di fiducia, si andava vicino alle 200). Però era tutto bellissimo.

Super Ghouls 'n Ghosts era una sorta di chimera: era un gioco inedito in eslcusiva per Super NES, era tecnicamente spaventoso (praticamente l’arcade perfect che desideravo, anche se non esiste alcuna versione arcade) e, come i predecessori, era un sequel di Ghosts 'n Goblins, quindi un metodo per tirare giù santi a caso dal calendario.

Una cosa che mi ha sempre fatto sorridere, quando si parla delle avventure di Athur il cavaliere, è che vengono spesso considerate all’interno dei platform game. Oddio, certo, si salta e ci sono le piattaforme, ma per me si è sempre trattato di confrontarmi con un action/adventure in cui la parte platform era puramente una scelta di gameplay, non l’essenza più profonda. Ad emozionare era proprio l'avventura che partiva dal classico cimitero, passava per l'oceano e ci faceva sprofondare negli inferi, per poi portarci nella torre più alta del castello. Ed era tosto, forse il più tosto di tutti gli episodi.

Super Ghouls 'n Ghosts riperdeva molte novità di Ghouls 'n Ghosts, aggiungendo un aspetto assolutamente inedito per la serie: il doppio salto. Questa nuova funzionalità cambiava in modo abbastanza importante l’approccio del giocatore, che ora poteva evitare alcune situazioni pericolose (come se in questa saga ce ne fossero di non pericolose) balzando più in alto e soprattutto potendo cambiare direzione del salto con il secondo balzo. Ovviamente, anche la conformazione dei livelli era pensata per sfruttare il doppio balzo, assolutamente fondamentale in certi punti per poter proseguire. La morfologia dei vari livelli, infatti, mutava mentre noi l'attraversavamo: terreni che si alzavano, onde che facevano andare su e giù la piattaforma su cui eravamo appollaiati, tanti bei modi per morire nei momenti meno opportuni.

Super Ghouls 'n Ghosts condivideva con i suoi predecessori anche la difficoltà, forse qui ancora più estrema che in passato. E ahimè finalmente, dopo anni e anni, posso fare outing: non ho mai completato il gioco su Super NES con la classica doppia run. Sì, per chi non lo sapesse, la serie delle avventure del buon Arthur ha sempre avuto questa simpaticissima caratteristica: per vedere la fine vera del gioco era necessario completarlo due volte. Di fila. E Super Ghouls 'n Ghosts non faceva certo eccezione. Purtroppo, al tempo ebbi la forza morale di arrivare al termine solo del primo giro. Anni dopo (parecchi, visto che sto parlando di tre o quattro anni fa), ho deciso di chiudere il cerchio, purtroppo non con l’hardware originale, sepolto in qualche cantina, ma con un emulatore, che ovviamente barando mi ha permesso di usare savestate a iosa, per evitare un esaurimento nervoso.

Detto questo, Super Ghouls 'n Ghosts è un titolo imprescindibile nella softeca del Super NES e chiunque pensi che Dark Souls e i suoi seguiti siano dei giochi impegnativi farebbe meglio a dare un’occhiata alla serie Capcom, ancora godibilissima oggi. Certo, con il Mini Super NES giocherò alla versione americana e non a quella giapponese a cui tanto sono affezionato. Ma non posso lamentarmi, almeno fino a che un corvaccio malefico non mi distruggerà l’armatura e i santi ricominceranno a piovere come in un temporale estivo.

Questo articolo fa parte della Cover Story "Aspettando il Nintendo Classic Mini: Super Nintendo Entertainment System", che trovate riepilogata a questo indirizzo.