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La mia droga si chiama Zelda

Faccio un lungo respiro. Ne faccio un altro, così per sicurezza. Eccomi qui a scrivere di The Legend of Zelda: Breath of the Wild. Qui, dopo che ne hanno scritto tutti. Tutti! E tutti piuttosto bene, o se non altro tutti o quasi tutti con quel tono lirico, ispirato e iperbolico che tanto mi piace e sempre m’adopero di instillare nelle mie note videoludiche. A una settimana dal lancio del gioco siamo già a quel livello di saturazione mediatica per cui coloro i quali non ci stanno giocando già stanno inveendo sui social, aggiungendo un altro layer di saturazione mediatica (quello dei lamentoni) cui se ne aggiunge immediatamente un altro (quello dei detrattori dei lamentoni, ovvero io in questo momento).

Quindi dovrebbe essere piuttosto chiaro che il gioco è un capolavoro. Oppure che è così ben congegnato da scatenare una psicosi ossessiva in una quantità di persone insospettabile. Insomma, in ogni caso notevole e rilevante. Remarkable, direbbero quelli. Quando sento le polemiche sui “troppi 10” sorrido perché significa in ogni caso che abbiamo già spostato il focus della querelle dal gioco, ormai assurto nell’Olimpo dei tre Zelda migliori di sempre no matter what, alle chiacchiere da bar sport.

Cosa sto dicendo? Non ne sono sicuro. Sto cercando di darmi un tono, ma la verità è che sono su un treno, con una tastiera Bluetooth connessa al mio cellulare, e scrivo questo pezzo sempre sull’orlo del collasso nervoso. Avrei dovuto scriverlo ieri sera, ne non fosse che ieri sera ho fatto tardi sul lavoro, sono arrivato a casa alle 22, ho giocato a Zelda fino alle 24 e poi, allorché mi apprestavo a scrivere questo articolo, ho scoperto di essermi addormentato. Per la precisione l’ho scoperto solo al risveglio DUE ORE DOPO, che mi ero addormentato. Le 2 del mattino! Non potevo certo mettermi a scrivere il pezzo alle due del mattino, soprattutto con un’altra dura giornata lavorativa ad aspettarmi l’indomani, no? Così ho scritto una lettera di scuse alla redazione (sì, insomma, giopep): non avrei consegnato il pezzo in tempo per la pubblicazione, che sarebbe dovuta avvenire oggi (venerdì).

Bene! Fatto ciò, ovvero lavatami la coscienza nei confronti di Outcast.it, mi sono - direte voi - coricato, right?

Macché. Mi sono rimesso a giocare. E ho giocato fino alle 4. Potremmo pertanto affannarci alla ricerca di raffinate circonlocuzioni, ma la verità è una sola: The Legend of Zelda: Breath of the Wild mi ha trasformato in meno di una settimana in un drogato di merda. Sai, la dipendenza è come il vento, così cantava Modugno. Più o meno. Quando sono lontano da Nintendo Swìtch, io non mi sento più Babìch, che volendo fa rima. Mi sento un avatar di Link sconnesso e svuotato dal vero mondo in cui ho diritto e desiderio assoluto di girovagare: la Nuova Hyrule. E visto che Nintendo Switch gode dell’ergonomia del peccato, raramente accade che io non stia giocando. Treni. Metrò. Pause caffé. Pause pranzo. Telefonate alla prole. Tutto si può fare con Switch, così fulmineo nel riattivarsi dallo sleep mode, così istantaneo nel farti ripiombare dove eri rimasto. Sic stantibus rebus, non giocherei su Wii U a Breath of The Wild nemmeno se me lo regalassero. Nintendo doveva proprio cancellarla, la versione Wii U. Questo gioco, ad appena trenta ore di gioco (ora più, ora meno), vale il prezzo suo e il prezzo della console. Lodevole l’eleganza e l’onore nintendiani nel lasciare una chance di giocare subito a BotW anche agli indecisi in merito allo Switch, ma suvvia, è una minchiata, avrebbero dovuto giocare scorretto, usare BotW come esca crudele per vendere ancora più Switch, senza pietà, in culo alla miseria e al portafogli.  

Sì, così parla un drogato. Senza pietà e senza riguardo.

Sto saltando le cene, perché portano via playtime.

Ho smesso praticamente di fumare, perché quando sei molto stanco hai bisogno perlomeno di un buon apporto di ossigeno al cervello, e una pressione sempre sotto controllo. Tisane di menta e liquirizia tengono la mente vigile, invece. 

Certo, poi sul lavoro quattro caffè non me li leva nessuno, ma li bevevo anche prima. Solo che prima erano un vizio, ora sono questione di sopravvivenza. Quando dormi quattro ore per notte per una settimana, tutto va misurato con attenzione. È bastato un bicchiere di vino a pranzo, ieri, per mettere in dubbio la mia lucidità lavorativa. Proprio perché la mia condotta umana è marcescente, sul lavoro cerco di impegnarmi al massimo: o mi concentro autoinducendo una secrezione di adrenalina con la pura forza di volontà, o vado giù lungo.
“Vado giù lungo” è un triestinismo.

Ebbene, posso smettere di scrivere ora? Il pezzo mi sembra già abbastanza lungo! Un oculato mix di rava e fava, così, tanto per rimediare alla mancata consegna di ieri, in vista della vera recensione, che arriverà, puntuale, il 30 marzo 2018. Per allora dovrei essere a posto.

Che dite? che praticamente non ho parlato del gioco? Occristo, ma la The Games Machine dei tempi d’oro non vi ha insegnato nulla? Dai, ne hanno già parlato TUTTI, l’ho scritto poc’anzi! 

Mh. Vabbe’. Allora vi racconto una storiella insignificante di un’esperienza piuttosto frustrante che ho avuto in-game. E che, essendo io un drogato, mi ha riempito di soddisfazione. C’è uno spoiler minorissimo sul fatto che con un amiibo specifico è possibile SUMMONARE (che verbo incredibile nella sua bellobruttezza (interessante neologismo bellobruttezza (avete capito che aggiungo parentetiche annidate ricorsivamente per lasciarvi il  tempo di non avere spoiler?))). Dicevo, è possibile summonare nientemeno che Epona, altrimenti assente dal gioco, per quanto ne so, che non è molto, in effetti. Però sì: piazzate l'amiibo in question sullo Switch e ta-dah! Ecco Epona. Dai, è Epona, no? Guardatelo. Ebbene, così ho fatto. Solo che la materializzazione è avvenuta in un luogo poco fausto e molto sleale. I suoni del mio armeggiare hanno attirato l’attenzione di un bel gruppone di nemici, nemmeno forti, ma tutti concentrati contro Link ed Epona in un vicolo cieco. Chiamalo vicolo: è l’orlo di un precipizio a strapiombo sul lago Sciel, giusto sotto i monti Bonuru. Uno di quei muri di roccia scoscesissimi ma non totalmente verticali, con qualche appiglio qua e là. 

Ebbene, succede l’inevitabile: nella concitazione, metto una bomba di troppo e bam, io e Epona voliamo giù dalla scarpata. Link finisce - complice la paravela - in acqua, mentre Epona, mortacci sua, si incastra su un versante dello strapiombo.Il problema grossissimo è che il demente cerca di galoppare in verticale per un po’, poi, in relazione ai movimenti di Link, scivola e si frantuma le ossa giù per il dirupo, arrivando in acqua morto. Ricarico l’autosave e me lo ritrovo sempre lì, pronto a morire. Uno dice: e ricarica l’autosave prima o quello prima ancora, no? Be’, ma se tu resti talmente tanto tempo a fare prove improbabili nello  stesso fazzoletto di spazio, tutti i tuoi autosave sono là, col cavallo sul punto di morire. Se poi non hai MAI salvato la tua partita, vabbe’, lasciamo stare. 

Fatto sta che leggo un po’ su Internet e scopro che Epona è un regalo one-shot: quell’amiibo specifico non me lo ridarà MAI. Se muore, muore. Permadeath. E io Epona non l’ho ancora portato a registrare in una stalla, quindi se muore nessuno manco sa che è mai esistito. Non puoi riprendere alla stalla un cavallo che è morto se non l’hai mai registrato. Non entro in dettagli sempre per evitare la paranoia degli spoiler, ma insomma, ecco qua. Sono a tanto così dal perdere Epona per sempre finché, miracolo, in uno dei reload degli autosave, Epona cade in modo leggermente differente. Si fa probabilmente un male bestia, rotola malamente, ma atterra VIVO su una nuova, piccola porzione di terra, e da lì su una poco più in basso, fino al livello dello specchio d’acqua. Una nuova speranza! C’è pure una zattera a portata di mano! 

Il problema è che sulla zattera Epona non ci vuole salire. Peccato, no? Era perfetto. Ma se provo a portarcela, Epona si rifiuta categoricamente. Tipo muro invisibile. Porto Link sulla zattera e gli faccio mollare giù una Carota Sprint di cui i cavalli sono giustamente golosissimi. Niente da fare. 

Poco male, i cavalli seguono il loro padrone, no? Prendo la zattera e parto, chiamandola fischiando. Niente. Resta là, come un'ebete.

A fatica riporto, a colpi di Ventaglio Korogu, la zattera alla sponda. Risalgo su Epona e stavolta la forzo a entrare in acqua. Ci riesco, ma tende poi a non seguirmi, preferisce tornare in questo piccolo appezzamento senza sbocco alcuno, per morire d’inedia là. Scema. All’ennesimo tentativo riesco a forzarla a colpi di zattera in fronte a seguire il corso del fiume (sì, si chiama lago ma è un fottuto fiume). Le sponde sono altissime e non c’è verso per Epona di risalirle, ci facciamo un bel pezzo, lei a nuoto, io sulla zattera. Apprezzate la disinvoltura con cui a volte parlo di Link in terza persona e poi lo faccio diventare la prima persona, segno della profonda confusione mentale che vivo a causa del gioco.

Ecco il Ponte Calbarico in vista! Superato il ponte, sulla sinistra c’è una sponda abbastanza bassa da consentire a Epona di salire a terra e a me di condurla a una stalla e registrarla. Ma i piloni del ponte poggiano su dei pietroni e, indovinate un po’, Epona preferisce non seguire me sulla zattera, ma piazzarsi là. Lascio andare la zattera alla deriva e la raggiungo. Stronza.

E non c’è verso di farla scendere. Di nuovo. 

Brigo, faccio di tutto, la chiamo fischiando dalla sponda, ma sembra che la nuova casa sotto il ponte di Verona le piaccia assai. 

Dopo aver provato con gli Octopalloni (che farebbero volare perfino la zattera ma NON i cavalli, apparentemente) sperimento qualcos’altro - magari un ponte di blocchi di ghiaccio? Indovinate un po’: non ci va. 

Riesco a spingerla in acqua, ma metodicamente, invece di seguirmi a riva, Epona dopo il tuffo, fa dietro front e torna al pietrone. 

Alfine, la soluzione! Visto che Epona torna sempre al pietrone di partenza, occorre bloccarle l’accesso di ritorno. Creo un pattern di blocchi di ghiaccio che non le consente di risalire.

E in più, in acqua, la spingo col corpo oltre il ponte, nel senso della corrente. 

Tutto è bene ciò che finisce bene! Raggiungo la stalla e registro la cavalla. Ripromettendomi di non usarla MAI PIU’ fino a gioco ultimato, perché mi sembra di barare, a usare in partenza un cavallo così possente e docile. 

Credo che, al di là della mia dipendenza, la storiella qui sopra abbia in realtà una funzione importante, perché si tratta di uno dei tanti stress test della sistematicità di un gioco così open world, sandbox o chiamatelo come volete. Se un giocatore maldestro riesce, insistendo, a mettere in atto il suo piano, anche attraverso frustrazioni e tribolazioni, vuol dire che il sistema regge, e la sospensione d’incredulità decolla. Oggi, molte ore di gioco dopo, risolverei la questione del cavallo menoso con molta più rapidità ed eleganza, ma anche andando quasi “brute force” ho portato la missione che mi ero inventato a termine. E ora scusate tanto ma basta giocare, devo tornare al mondo reale. Hyrule.