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La doppia faccia della Yakuza (0)

Le avventure di Kazuma Kiryu, il protagonista della serie di Yakuza, in Giappone conosciuto con un più elegante, ma meno diretto e calzante, dai, Ryu Ga Gotoku (“Come un drago”), hanno da poco compiuto dieci anni per noi europei e undici per il popolo nipponico, per via di quella vecchia storia che lanciare un gioco giapponese worldwide non è ancora oggi una roba facilissima, soprattutto per una casa come Sega.

In questo lasso di tempo sono usciti fra l'altro un numero di giochi parecchio alto, se comparato soprattutto con altre saghe giapponesi che di certo negli ultimi anni non ci hanno abituati a uscite ravvicinate come i cugini occidentali stanno facendo. Stiamo parlando di cinque episodi principali, due spin-off per portatile mai usciti dal Giappone, tre per fissa (due ambientati nell'epoca feudale, anch'essi rimasti confinati nella terra del Sol Levante) e uno con gli zombi, divertente e cazzaro ma andato malino.

Tutta questa masnada di episodi è fra l'altro esclusiva Sony, facendo di Yakuza una fra le serie che più aiutano PlayStation a vendere in Giappone (il recente Yakuza 6, ne parliamo tra poco, ha venduto più di Final Fantasy XV, roba che fino a qualche anno fa era quasi fantascienza).
Nel resto del mondo le cose sono andate un po' diversamente, dopo un primo capitolo PS2 uscito doppiato in Inglese e sottotitolato anche in Italiano da noi, già da Yakuza 2 la prassi è diventata “gioco in Giapponese e sottotitoli in Inglese” in tutto il mondo, almeno fino al quarto capitolo.

Dopo lo spin-off zombi, infatti, uscito in un periodo nel quale i morti viventi stavano in qualsiasi gioco o DLC (pure dentro al western di Rockstar!), e nonostante questo incapace di vendere più di tanto, la saga aveva chiuso le porte all'Occidente, a detta stessa di Toshihiro Nagoshi perché “Troppo distante dalla cultura occidentale, troppo difficile da comprendere."

Una foto del creatore di Yakuza durante un evento stampa, mentre sta pensando che non ci meritiamo la sua creazione.

“Non dire così, Nago!” ha però urlato lo zoccolo duro dei giocatori della serie, e tra una petizione qua e un questionario là (e ovviamente grazie a Sony che ha deciso di sobbarcarsi distribuzione e sottotitoli), Yakuza 5 è arrivato anche da noi. Solo digitale e con tre anni di ritardo, certo (è uscito a fine 2015, mentre l'uscita originale era targata 2012) ma almeno le avventure di Kazuma e soci potevano avere una “conclusione” anche per noi. Le virgolette erano d'obbligo, perché un po' come l'amico Kojima che non riusciva a staccarsi da Metal Gear (poi va beh è finita come è finita), Nagoshi non riesce a dire addio alle storie sulla malavita nipponica e più di una volta ha lasciato intendere che il capitolo in uscita di Yakuza di volta in volta sarebbe stato l'ultimo. Ha deciso quindi di giocare la carta del prequel, ed è qui che arriviamo a Yakuza 0, ambientato diciassette anni prima del capostipite della serie, che ci mostra cose che già sapevamo fossero successe, facendocele vivere in prima persona e al contempo arricchendo il passato del personaggio. Uscito nel 2015 in madrepatria, sempre grazie a mamma Sony, il 24 Gennaio 2017 ci abbiamo finalmente potuto mettere mano (in arrivo quest'anno anche il remake del primo capitolo e, per l'inizio del 2018, pure Yakuza 6)

La serie dal primo al quinto episodio era andata ingrandendosi, sia come territorio esplorabile che come roster di personaggi utilizzabili (fino a cinque nel quinto) ma con questo capitolo zero fa un passo indietro, riducendo sia la vastità del mondo di gioco che i personaggi, i “soli” Kazuma Kiryu e... Goro Majima! Pazzo, sopra le righe, anche un po' rompipalle, Majima ha sempre incarnato il lato più folle della saga, quello più “giapponese fuori di testa”, coi suoi modi di fare e soprattutto il suo abbigliamento, partendo come nemico di Kiryu, arrivando di capitolo in capitolo a diventarne quasi amico fraterno, a ben vedere il suo “opposto”, e conquistandosi un posto nel cuore degli appassionati della saga (e del sottoscritto). Insomma, non amare Majima è impossibile. E dopo averlo avuto tra le mani nello spin-off zombi Dead Souls, dove però sparava col suo fucile mitragliatore, qui possiamo finalmente assaporarne le doti di combattente, che sono sempre andate di pari passo con la sua follia.

Goro Majima è la sobrietà fatta persona.

Quindi eccoci qui, nella Kamurocho degli anni Ottanta, poco meno di vent'anni prima dell'inizio di tutto, a vivere due avventure simili ma diverse, con un Kazuma semplice picchiatore accusato di un omicidio che non ha commesso, per spostarci poi nella regione del Kansai, con Majima a gestire il suo cabaret club dopo l'esilio dal Tojo Clan, famiglia di cui fa parte anche Kiryu. Il primo deve dimostrare la sua innocenza, il secondo deve trovare riscatto, entrambi si troveranno a indagare sul misterioso omicidio. Ma non voglio dirvi altro: ci sarà occasione sia di rivedere cose che già conosciamo (grazie ai flashback dai vecchi capitoli), sia di approfondire passaggi oscuri del passato della serie e di scoprire ombre (più che luci) completamente nuove.

Il resto è il “solito” Yakuza a cui Sega ci ha abituati, coi suoi pregi e i suoi difetti, questi ultimi che scompaiono totalmente se il giocatore riesce a farsi trasportare come un bimbo in questo affascinante e ormai gigantesco universo narrativo (ma tutt'altro che irrecuperabile, col remake del primo alle porte e questo Zero, anche se non ci avete mai giocato, il momento è perfetto per iniziare!). Seppur ridotta rispetto al precedente Yakuza 5, la mappa è comunque grande, permettendoci di esplorare due aree urbane notevoli, arricchite da numerosi interni e da una mole di cose da fare spropositata: tornei di lotta, svariate missioni secondarie che sono vere e proprie sottotrame e poi ancora sale giochi (stavolta coi classici d'epoca giocabili).

Sì c'è anche questo gioco qui in versione arcade integrale. Sentite anche voi Fabio Bortolotti e Andrea Babich ululare in lontananza?

Come sempre, ci sono gli host club che faranno perdere ore ai più decisi rubacuori (il sottoscritto non nega di aver usato disonorevoli guide su internet per portarsele a letto in tempi brevi e con spese minime nel locale... oh, non avete idea di che spesa possa comportare, dopo ore di guadagni più o meno illeciti). E poi ancora ristoranti nei quali gustare i piatti più tipici o più stravaganti, bowling, baseball, pachinko.... una chat-line! Eh sì, il più primitivo dei sistemi virtuali per fare conoscenza. Quindi via a spendere soldi in appositi locali, dove si dovrà parlare con disinibite signorine scegliendo le giuste risposte, che a volte addirittura si sposteranno per lo schermo e con un cursore andranno quasi acchiappate. Prima che pensiate che sia solo un gioco per erotomani filo-nipponici, chiariamo che in Yakuza 0 c'è tanto altro. Ci sono i collezionabili (le immortali chiavi con cui aprire armadietti), il karaoke o anche solo la voglia di farsi una passeggiata in mezzo alla folla intenta a fare shopping o su un tranquillo canale, lontano dai rumori della civiltà.

“Pronto, casa Ceciotti? C'è Ovidio?”

Poi ovviamente si picchia, oh, quanto si picchia. Con le mani, coi piedi, con le armi e soprattutto con qualsiasi cosa valga la pena di sollevare e spaccare su denti di chi ci troviamo davanti, dalle cassette della posta alle insegne luminose dei club. Il sistema di controllo è più o meno lo stesso di sempre, con qualche miglioria nella fluidità e nei caricamenti, che di anno in anno si sono sempre ridotti all'osso: ormai, il passaggio dal vagabondaggio per le strade all'inizio dello scontro col malvivente di turno è quasi impercettibile. Del resto, col ritmo di un capitolo ogni due anni (contando solo la serie principale), le migliorie di Yakuza da un episodio all'altro non sono mai stellari (tolto il passaggio all'HD, con visuale inoltre totalmente libera e controllabile avvenuto tra il secondo e terzo capitolo). Questo, poi, in madrepatria è uscito anche su PS3, mentre da noi esclusivamente sulla attuale console Sony.

Picchiare a suon di neon luminescenti anni Ottanta.

Su PS4, però, Yakuza 0 mostra comunque i muscoli, pur avendo già quasi due anni sulle spalle, e la differenza con PS3 si nota, almeno da quello che ho potuto vedere. Ma questo è dovuto alla capacità di Sega di focalizzarsi sui dettagli: vestiti, scorci quasi ricalcati da fotografie, uso di attori giapponesi e addirittura di modelle (o vere e proprie hostess), cibi che sembrano usciti da una guida gourmet... ogni magagna o scarsità di budget (non parliamo certo di una produzione alla GTA o alla Assassin's Creed) viene abilmente mascherata da inquadrature che cambiano al momento giusto, montaggio sapiente e il già citato concentrarsi su dettagli ed espressioni facciali dei personaggi. E poi c'è l'atmosfera, condita da una colonna sonora sempre sul pezzo, che fa venire la pelle d'oca in più di un'occasione, manco davanti avessimo un duello alla Sergio Leone o alla Kurosawa (che poi siam lì). Giocare a Yakuza significa trasferirsi per almeno un mesetto in Giappone, vivendolo da dentro, con in più una storia che ne esplora il lato forse più adulto e disperato.

Ecco, una delle cose che si potrebbe considerare un difetto (non per il sottoscritto ma le cose bisogna dirle) è che la narrazione di Yakuza 0, come il resto della serie, è estremamente verbosa, con magari cut-scenes di mezzora in mezzo alle quali vi viene chiesto di salvare i vostri progressi, perché sai mai che avete una vita vera da vivere ogni tanto. E quando non ci sono i lunghi filmati (recitati e doppiati da Dio, seppur con quella carica “urlata” tipica dei drammoni nipponici e che per alcuni potrebbe stuccare), state pur certi che avrete giganteschi wall of text da leggere, a volte magari un po' ridondanti. Il dono della sintesi, ai giapponesi, manca proprio (giochi muti da otto ore o logorrea da cento ore)

A molti potrebbe urtare anche una certa ripetitività del gameplay, che all'osso si riduce in: picchia, fai exp, potenzia le tue abilità, fai qualche secondaria, guadagna soldi, avanza con la trama (picchiando, perché tutto in Yakuza si risolve a schiaffi). Però, non è quello che si fa in tutti i videogame? Nei ritmi ossessivi, la chiave (no niente riti tribali, caro Battiato). Yakuza 0 lo maschera forse meno, dandogli quel gusto anni Novanta, un po' Shenmue, ma un po' anche tanto River City Ransom, se vogliamo fare quelli che se la tirano citando i giochi vecchi

Come si fa a non fermarsi incantati davanti a un simile tripudio di superficialià e lustrini targati anni Ottanta?

Questi lati negativi potrebbero spaventarvi, ma non mi sento di sconsigliarvi il gioco per quei motivi, dategli una chance, lasciatevi trasportare in Giappone, tra l'altro nei magici anni Ottanta, con luci, colori e musiche che “Di che stiamo parlando?”. Ecco, mi sbilancio col dire che, se non tutta la saga, per un fan dei videogiochi, del Giappone e della storia del medium, almeno Yakuza 0 sia quasi imprescindibile. Oh, se proprio non ce la fate, ignorate la trama (so che alcuni di voi, qui, avranno bisogno di rianimazione) e godetevi le corse tra i vicoli in cerca del prossimo bullo da picchiare o ristorante in cui infilarvi. Allo stesso modo, se vi lasciate incantare dall'intreccio di queste due vite così diverse ma così uguali, quelle di Kazuma e Majima, non resterete delusi. Anche perché, se è vero che col quinto capitolo iniziare a ricordarsi nomi ed eventi (davvero intricati) di dieci anni di storie era diventato un po' difficile, qui si recupera un gusto più diretto e meno arzigogolato (i pipponi filosofoci non mancano, sia chiaro), come gli anni Ottanta ci hanno fatto amare (?).

Insomma, Yakuza 0 è un ottimo capitolo per iniziare e anche per continuare, una pausa dalla main story che proseguirà col sesto episodio il prossimo anno (oh, stavolta finisce davvero, dice Nagoshi, almeno per Kazuma. Gli crediamo?). E dato che sempre quest'anno arriva in occidente il remake del primo, che diventa automaticamente diretto sequel di questo, proprio non avete scuse per non fare le valigie, salire sulla macchina del tempo e tornare per un po' negli anni Ottanta, che il Giappone ha bisogno dei vostri pugni.

Ho giocato a Yakuza 0 tramite un codice fornito direttamente dal distributore italiano, totalizzando una quarantina di ore, nelle quali ho completato la trama principale e dato un'occhiata alle quest secondarie più corpose e ai numerosi svaghi che il gioco propone. Ho ovviamente creato due salvataggi, perché nonostante il gioco permetta di recuperare gran parte della roba in qualsiasi momento anche a gioco concluso, ho intenzione di spolparmelo pian piano e passo passo, così come un uomo d'onore giapponese dovrebbe fare. Siamo solo all'inizio, spero di incontrarvi per le strade di Kamurocho.