Outcast

View Original

E se Half-Life 3 fosse il nuovo Electroplankton?

E se Half-Life 3 fosse il nuovo Electroplankton? Ci piacerebbe? O sarebbe una schifezza? Io credo che sarebbe assai sfizioso. Sebbene un simile connubio videoludico non esista ancora, io l'ho recensito lo stesso, e frechete mo'. Vaaa-ì! 

Half-Life 3 è puro intrattenimento audiovisivo, scevro da qualsiasi forma di competizione, agonismo, consapevolezza o smarrimento. Un titolo atipico, distante diecimila leghe dalla definizione classica di videogioco, ma capace di ipnotizzare gli occhi, appagare dito e udito e distendere la mente in un incantato carillon subacqueo. Una miscela unica nel suo genere, destinata ai cultori del bizzarro digitale, ai fanatici delle innovazioni tecnoludiche e a chi desidera creare musica con un piede di porco. 

Interazione perfetta. 

La totale assenza di agonismo fa di Half-Life 3 un videogioco unico nel suo genere, rivelandosi un passatempo improntato al puro rilassamento dei sensi. Un giocattolo infinito, creato da Tetsuya Mizuguchi in collaborazione con Mark Cerny e Saturnino, capace di fondere assieme performance musicali e ipnotiche danze sincronizzate giù a Black Mesa.

L'eventualità di salvare le proprie prestazioni picchiettando delicatamente gli headcrab (fantasiosi aracnoformi che si lamentano con strazianti grida di sofferenza) con il piede di porco è più che remota, impossibile, rendendo unica e pressoché irripetibile ciascuna creazione. Ne deriva che le potenzialità espressive del titolo di Valve tramutano Half-Life 3 in uno strumento musicale tanto intuitivo, quanto complesso da gestire con cognizione di causa.

Seicentossessantasei scenari armonici, ognuno dei quali è caratterizzato da proprie dinamiche fisiche e sonore, consentono l'interazione di Gordon Freeman (il muto direttore d'orchestra) attraverso altrettante modalità di gioco. Campionatori, sintetizzatori e rack programmabili assumono sembianze mostruose, mentre invisibili ottave (più gravi nella parte sinistra dello schermo e più acute in quella destra) modificano la tonalità del brano in esecuzione. Nihilanth, Gargantua e altri esseri claudicanti festeggiano qualsiasi nota, tra griglie sonore da orientare a piacimento, caleidoscopi dai ritmi più improbabili e scie acustiche che serpeggiano fra le simpatiche bollicine degli abissi di City 17.

Chi รจ, se non Paolo Giacci? 

È sufficiente un pattern dotato di un minimo senso musicale (ma anche no, eh): l'approccio a tentoni, spontaneo e pressoché inevitabile muterà ben presto in un'interazione più ragionata, accelerando o diminuendo le battute Lambda per secondo, alla ricerca di precisi incastri audiovisivi. Ravenholm, ad esempio, immerge i padiglioni auricolari in un laghetto di foglie squillanti, da colpire con cadenze più o meno ossessive e angolazioni sperimentali, in una cascata di suoni mutuati da uno xilofono digitale calato dentro un pozzo nero dove alcuni alieni consumano banchetti satanici. Oppure, il disarmante sorriso che caratterizza il plancton di Father Grigori zombificato registra ogni suono trasmesso, per poi vomitarlo fuori con le più improbabili deformazioni. Dolcezza, dolcezza infinita!

Qualora decideste per un immersione sonora nel mondo incantato di Half-Life 3, il consiglio è quello di goderne l'audio in cuffia (una di buona qualità, no le Beat che sono proprio una schifezza), per godere tout court dell'esperienza onirica, ipnotica eppur delicata che solo questo inesistente videocoso sa restituire.

Attenzione: non ho mai giocato ad Half-Life 3. Ho giocato vieppiù, invece, ad Half-Life Uno, Half-Life Due e pure Electroplankton Uno. E no, non mi drogo (più), è solo demenza senile. Oddio, stanno arrivando, stanno arrivando...