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OneShot ti hackera il PC

OneShot è un gioco nato oltre due anni fa, una piccola produzione sviluppata nel giro di un mese con RPG Maker 2003 e pubblicata gratuitamente sul web. Oggi, oltre due anni dopo, come spesso accade, quella minuscola sperimentazione si presenta su Steam riveduta e corretta, con un impianto visivo rimesso a nuovo, anche se sempre molto spartano, e con una struttura ampliata, seppur sempre appoggiata sulla traccia del gioco originale. Traccia che è poi quella di un’avventura fortemente improntata sulla narrazione ma che, rispetto magari ad altre avventure “narrative” basate su RPG Maker (una su tutte: To The Moon), propone meccaniche più strettamente “giocose”, con una struttura quasi da avventura grafica all’acqua di rose.

La storia racconta di un bizzarro bambino con l’aspetto da felino antropomorfo, che si ritrova in un mondo morente a lui sconosciuto e ha il compito di ripristinarne il sole, portando una strana lampadina che ha per le mani fino in cima a una torre lontana. Lo scenario è surreale, con un mondo popolato da uomini, robot e strane creature “miste”, per esempio munite di libri o televisori al posto della capoccia, ma ancora più surreale è il setup narrativo, che vede il giocatore utilizzato come parte integrante della narrazione, divinità che controlla il destino del protagonista e con cui il protagonista stesso si trova ogni tanto a parlare.

In questo elemento "meta" sta il fascino principale di un gioco che non si ferma davanti a nulla pur di spingerlo al massimo. Diversi enigmi devono essere risolti direttamente dal giocatore "divino", non dal protagonista, che diventa quindi parte integrante della storia, mentre la storia stessa e il mondo di gioco si riversano nel suo computer. Non voglio entrare nei dettagli, perché è davvero troppo divertente "incontrarli" mano a mano, ma diciamo che OneShot, quando si manifestano questi enigmi, chiede al giocatore di indagare e agire al di fuori della finestra di gioco. Ed è anche per questo che non è possibile utilizzare la visualizzazione a schermo intero: OneShot va giocato in finestra, mentre alle sue spalle, fuori dal mondo in cui è ambientato, il nostro computer continua a vivere per i fatti suoi.

Le trovate di questo tipo sono parecchie e punteggiano l’incedere dell’avventura, dato che tipicamente si legano ad alcuni enigmi topici per il proseguimento del gioco. Sulle prime si rimane piacevolmente perplessi, perché bisogna entrare nell’ordine di idee corretto per risolvere al meglio questo genere di puzzle. Serve un pensiero ancora più laterale del solito, diciamo. Poi, però, una volta assorbita la dinamica, questo aspetto del gioco diventa davvero entusiasmante e si procede attendendo con ansia il prossimo “metapuzzle”. Nel mentre, si esplorano ambienti affascinanti, si segue una storia semplice ma struggente e si affrontano anche enigmi più tradizionalmente da avventura grafica, che richiedono di combinare oggetti fra loro e di applicarli ad elementi dello scenario. Gli enigmi, fra l’altro, non sono mai esageratamente contorti, ma sanno mettere almeno un po’ alla prova e sono tutti molto ben integrati nella narrazione, senza trovate illogiche di sorta.

In tutto questo, c’è la faccenda del titolo: OneShot si chiama così perché offre al giocatore e al protagonista dell’avventura una sola chance di affrontare la missione proposta. Una volta giunti al termine, il finale propone una scelta che, dal punto di vista narrativo, risulta abbastanza straziante e poi è tutto finito. Non è possibile caricare un salvataggio, non è possibile ricominciare: se riavviate OneShot dopo averlo completato, scatta la pernacchia. Nel gioco originale la cosa veniva portata all’estremo, nel senso che bisognava completare l’avventura in una botta sola, dato che chiudere l’applicazione significava rinunciare all’unico salvataggio disponibile, mentre in questa versione ampliata è per fortuna stato inserito un sistema di checkpoint. Ma la sostanza rimane quella: c’è una sola occasione e va sfruttata.

Tutti questi aspetti contribuiscono a rendere OneShot un gioco interessante, coinvolgente, divertente e [aggiungere avverbio positivo a caso], che fra l’altro riesce ad aggiungere alcuni enigmi rispetto alla versione originale, comunque ampiamente sfruttata come base. Non mancano però i (piccoli) problemi. La veste grafica è gradevole ma, a parte alcuni spunti riusciti e delle cutscene deliziose, manca forse un pizzico di personalità. L’impianto di gioco funziona, ma la vastità degli ambienti cozza un po’ con la natura da avventura grafica, che inevitabilmente pone in situazioni nelle quali non sai bene dove andare a sbattere la testa e ti ritrovi a vagare a lungo senza meta. Per fortuna questo aspetto viene un po’ smorzato dall’opzione di fast travel, ma ogni tanto il tedio si manifesta. Infine, e qui magari è un problema mio, mi è capitato talvolta di bloccarmi per qualche minuto perché non mi rendevo conto che nella tal stanza c’era un’uscita di qua o di là. Insomma, una maggior leggibilità avrebbe giovato. Ma sono tutto sommato difetti su cui è facile sorvolare, perché OneShot è un gioco intelligente, divertente, che racconta una bella storia, sa stupire con le sue trovate bizzarre e, oltretutto, contiene anche non poco gameplay tradizionale rispetto alla media delle avventure narrative contemporanee.

Ho giocato a OneShot grazie a un codice Steam ricevuto dallo sviluppatore. Ho completato l’avventura nel giro di quattro ore abbondanti, lasciandomi però abbastanza palesemente alle spalle qualche segreto. Il gioco è disponibile solo su PC.