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Le scemenze fanno bello Watch Dogs 2

Non mi vergogno a dire che il primo Watch Dogs, ai tempi della sua uscita, mi piacque parecchio. Lo spulciai fino in fondo, sviscerandolo in tutti i suoi aspetti, tanto da riuscire addirittura a conquistarne il trofeo di platino nella mia versione per PlayStation 4. Ad invogliarmi in tal senso ci fu sicuramente l’effetto novità: si trattava di uno dei primi giochi "tripla A" per la nuova generazione di console. Pur non accodandomi all’hypetrain che caratterizzò il titolo sin dalla sua presentazione al pubblico all’E3 del 2012 (e forse fu pure un bene, visto che questo mi evitò la possibile delusione, che ne condizionò il parere di diversi giocatori che si aspettavano chissà cosa), le caratteristiche proposte dal gioco Ubisoft, che a loro modo cercavano di inserire qualcosa di realmente nuovo nel mondo dei videogiochi (per esempio la componente dell’hacking) riuscirono a catturarmi.

Si trattava di un bel giochino, molto scorrevole; con i suoi difetti, talvolta anche grossi, certo, ma che comunque aveva il merito di cercare di rinnovare un genere, come quello dei sandbox, che di volta in volta riesce a dire qualcosa di nuovo solo svaccando o affidandosi a quei pesi massimi noti come Rockstar Games. Quel che ho appena scritto non è però una retrospettiva con lo scopo unico di essere un semplice cappello introduttivo, quanto piuttosto un parallelo che può rendere chiaro cosa Ubisoft abbia mantenuto e cosa abbia cambiato in questo Watch Dogs 2.

A balzare all’occhio, sin dalle prime ore di gioco, è il mutamento della componente narrativa, che passa da una robusta trama che si prendeva probabilmente sin troppo sul serio, snodandosi attraverso un unico plot centrale dai toni estremamente gravosi, ad una più sbarazzina, più esile in termini di intrecci rispetto alla precedente, ma paradossalmente più godibile nel suo essere caciarona. In tal senso va fatto un elogio al team di sviluppo, che ha capito gli errori commessi in passato (orsù, passare quaranta ore e oltre dietro ad Aiden Pierce e i suoi patemi d’animo sulla nipotina assassinata è stato davvero insostenibile) e ha deciso di ripartire a proprio modo. E non l'ha fatto seguendo l’andazzo serioso ed autoriale alla Mr. Robot, per dire, serie TV che sta rivoluzionando il modo in cui l’intrattenimento vede il mondo degli hacker, ma anzi cercando di creare ex novo qualcosa di proprio, facilmente digeribile e che non fosse esageratamente ingombrante. Si è optato, in soldoni, per una trama che si snoda raccontando le vicende di alcuni ragazzi abbastanza scemotti, che combinano casini qua e là per San Francisco grazie alla mancanza di buon senso, unita ovviamente alle proprie abilità da hacker. 

"Sto con la mia ballotta / la mia ballotta sta con me / sai che c’è / tutti e sette i giorni della settimana va da sé.”

Una scelta semplice ed efficace, soprattutto per come si ripercuote in termini di progressione. Con un plot principale così esile, il team di sviluppo si è potuto concentrare su un ottimo numero di missioni secondarie; tutte ben realizzate, che esulano dall’inflazionato modello che la stessa Ubisoft ha contribuito a mettere in piedi (sali sulla torre per rivelare la nuova area di gioco, pedina il tizio di turno, libera la base/avamposto/vattelappesca ecc... ), piacevolissime da giocare forse anche più di quelle principali, soprattutto per i loro riferimenti al quotidiano. Per dire, una di queste missioni secondarie riguarda un personaggio che chiaramente si rifà a Martin Shkreli, ribattezzato dall’internet come “l’uomo più cattivo d’America”. Il motivo? Aver speculato sul prezzo di un farmaco anti AIDS, ma anche aver acquistato l’unica copia dell’ultimo disco dei Wu Tang Clan. Ecco, a questo tizio, sotto ovvio pseudonimo, dobbiamo applicare una vendetta semplice ma simpaticissima, che farà sorridere soprattutto tutti coloro i quali coglieranno la citazione. Robe così, insomma, per delle missioni secondarie che in generale si rivelano realizzate più che bene.

Robe d’attualità.

Per quanto riguarda il gameplay, che era l’aspetto che forse più di tutti funzionava nel primo Watch Dogs, gli sviluppatori hanno cercato di ampliarlo nelle possibilità di hacking fornite al giocatore, complicandole giusto quel po’ che serviva. Appena preso il pad fra le mani, l’impaccio nei movimenti è molto probabile anche per chi ha giocato al primo capitolo, e tocca fare un po’ di pratica per assimilare le nuove meccaniche. Basta però solo qualche ora prima di entrare in confidenza con la componente hacking di questo Watch Dogs 2, che si affronta principalmente tenendo premuto i tasti dorsali del pad. Poi, ovviamente, col progredire nel gioco, avremo a disposizione una serie di upgrade che ci faciliteranno la vita. 

Ah, a tal proposito, va segnalata una serie di interessanti gadget che fanno il loro debutto in questa nuova iterazione della serie. I droni, per esempio, che spezzano il ritmo del gioco, alternandosi fasi simil-platform ad altre, ben riuscite, più da puzzle game. Un cambiamento interessante è poi quello che riguarda il protagonista: se Aiden Pierce era un buzzurro bravo soprattutto a menare le mani, Marcus Holloway, il personaggio che controlliamo in questo Watch Dogs 2, è un ragazzotto snello, un po’ una pippa nel corpo a corpo, ma comunque molto bravo nel parkour, cosa che gli permette di scaraventarsi da una parete all’altra senza troppi problemi, semplicemente tenendo premuto il grilletto destro. Sì, proprio come in Assassin’s Creed, ma scordatevi l’agilità di un Ezio Auditore qualsiasi. Questo si traduce in un approccio diverso al gioco, soprattutto quando bisogna affrontare un vasto numero di nemici, dato che siamo incentivati ad aggirarli, oppure a neutralizzarli, in modo stealth, stordendoli con una pistola elettrica o colpendoli con una palla da biliardo attaccata ad un laccio elastico sempre riposto nella nostra cintura. Sul serio!

Il colpo da biliardo: la mossa segreta del nostro protagonista.

Altra netta differenza rispetto al primo Watch Dogs è nell’impatto visivo. Oltre all’ovvio upgrade grafico, figlio dei due anni di differenza che intercorrono tra un capitolo e l’altro, e che si fanno sentire soprattutto in un colpo d’occhio splendido, questa volta sia nelle fasi diurne che in quelle notturne, la San Francisco che fa da sfondo alle vicende è decisamente più colorata rispetto alla cupa Chicago del primo episodio. Bene, ma non benissimo, dato che basta osservare con un po’ di attenzione per notare tanti dettagli raffazzonati, ma tant’è.

A dispetto di possibili snobismi di sorta, comunque, Watch Dogs 2 è un gioco piacevolissimo, con un gameplay fresco e che riesce a risultare immediato dopo solo qualche ora di gioco. Al riguardo, svolge un ruolo importante il nuovo modo che Watch Dogs 2 ha, rispetto al capitolo precedente, di interpretare l’impianto narrativo, con un plot principale snello e brioso, che lascia spazio a una vasta gamma di sidequest ottimamente realizzate e divertentissime da affrontare, soprattutto per i loro risvolti narrativi.

Ho giocato a Watch Dogs 2 grazie ad una copia promo per PlayStation 4 inviatami da Ubisoft. Ho portato a termine tutte le missioni principali in circa una ventina di ore, per poi dedicarmi a una vasta gamma di attività che mi hanno preso una quindicina di ore. Sono addirittura vicino al trofeo di platino. Dico "addirittura" perché, solitamente, raccattare tutti i trofei mi annoia un po’. E invece c’ho ancora voglia di stare a San Francisco. Incredibile, vero? Ah, come al solito, se acquistate il gioco su Amazon passando dai nostri link ci fate ricevere una piccola percentuale di quanto spendete, senza sovrapprezzi per voi. Potete farlo su Amazon Italia a questo indirizzo qui o su Amazon UK a quest'altro indirizzo qua. Se invece lo acquistate su Epic Games Store tramite questo link, il 5% di quello che spendete va a noi, senza sovrapprezzi per noi.