Outcast

View Original

La Mensola di Shin X #36 - The Final Station: quando i treni NON arrivavano in orario

Da sempre sostenitore di titoli bistrattati dalla critica, Shin X è passato da “difensore dei poveri” a “masochista”, da “acquirente compulsivo” a “bastian contrario”. La verità è che a suo parere ogni titolo può dire qualcosa: c’è chi sbraita, chi sussurra e chi lo recita in versi. L’importante è avere lo spirito di voler ascoltare. E l’antro in cui riposano questi brutti anatroccoli è la sua mensola: l’unico luogo dove possono diventare cigni.

Titoli come The Last Station rischiano di perdersi nell'oceano degli indie, un panorama ludico sempre più competitivo e affollato. Tuttavia, basta davvero poco per comprenderne la potenza comunicativa e l’intelligenza con cui è stato sviluppato. In un mondo pseudo-distopico di cui non sappiamo praticamente nulla, un capostazione è intento a svolgere il proprio lavoro, e come tutti i giorni lo vediamo snocciolare una serie di azioni metodiche e compassate. Nei suoi panni dovremo far partire un grosso treno che - come da nuove direttive - avrà bisogno di un codice a quattro cifre per essere avviato.

I "pendolari" possono essere bellamente ignorati, ma lo spirito da crocerossina avrà spesso la meglio.

L’incipit della storia, che si sposa fin troppo facilmente con la metafora del viaggio iniziatico, viene portato avanti con rara maestria, dosando le informazioni e incastrando la formula ludica coi diversi elementi narrativi sparsi per il gioco. Il mondo di The Last Station si sta gradualmente spegnendo: nessuno ne conosce le ragioni, e saranno proprio i numerosi viaggi a donarci preziosi indizi al riguardo.

Il gioco si struttura fondamentalmente in due fasi: il tragitto in treno, nel quale occuparsi della manutenzione del mezzo e dell’incolumità dei passeggeri, e l’esplorazione delle città, le varie tappe del nostro interminabile itinerario. L' avvicendamento di queste due sezioni contribuisce a plasmare un'esperienza fascinosa e coinvolgente, che ci parla attraverso le memorie di un mondo che sta svanendo. Ritagli di giornale, e-mail e messaggi telefonici delineano gradualmente un gigantesco puzzle, i cui pezzi più importanti giungono dai dialoghi coi superstiti. 

Il design è assolutamente minimale, ma perfetto per l'atmosfera.

Qualcosa ha intaccato la sanità mentale del genere umano e molte città, ormai deserte, sono teatro di feroci scontri con questi “reietti”. Continuando il nostro viaggio, ci ritroveremo in luoghi sempre più pericolosi e decadenti, nei quali combattere con armi da fuoco (rarissime) e oggetti di ogni sorta. La natura bidimensionale del gioco si sposa benissimo con le sue dinamiche esplorative, portandoci per mano attraverso appartamenti, alberghi, negozi e cunicoli, in un budello di scorciatoie e itinerari allestiti a dovere. Nessun algoritmo procedurale concorre alla creazione degli stage: il level design è pensato e pesato in un modo ben preciso, spingendo il giocatore a scegliere tra esplorazioni rischiose o ritirate di misura.

A dispetto di molti paesaggi solari, il gioco rimane profondamente drammatico.

Aiutare i superstiti e condurli sul nostro treno è parte integrante del gameplay. Lo stesso mezzo di trasporto funge anche da hub, nel quale darsi al crafting ossessivo con i vari materiali trovati in giro. Lo scopo ultimo è cercare di aiutare le persone incontrate lungo il tragitto, curandole, nutrendole, e ascoltando le loro vicende. In questa ritmica alternanza, tra esplorazioni al cardiopalma e ripartenze liberatorie, vedremo il mondo farsi sempre più oscuro e abbandonato sé stesso.

Creato con un motore grafico stilizzato ed essenziale, The Last Station ci offre scorci dalla fotografia livida, squadrata e con pochi tratti, riesce a dar vita a paesaggi ricchi di fascino e decadenza. La colonna sonora interviene laddove necessario, con melodie pronte ad accompagnare i momenti più importanti con inappuntabile puntualità. 

Un manipolo di poveri diavoli, in viaggio tra le montagne.

Il gioco dei tinyBuild Games non presenta veri e propri enigmi, né azioni particolarmente concitate. Si tratta perlopiù di una sapiente mescolanza di generi, portata avanti con invidiabile senso del ritmo. Camminare circospetti circondati dal silenzio, esplorare, lanciare suppellettili come ultima chance di sopravvivenza, ricostruire un universo in disfacimento attraverso gli ultimi istanti di chi lo ha descritto: ogni singolo elemento di gioco concorre ad allestire una potentissima e agghiacciante messa in scena.

Per quanto apparentemente banale, il viaggio quasi dantesco di The Last Station è un'esperienza delicata e al tempo stesso atroce, di un mondo allo sbando molto simile al nostro. Nella sua perfetta essenzialità, il titolo si dimostra davvero eccellente: una preziosissima perla in un mare di ostriche vuote.