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Wolfenstein: Cyberpilot, nazisti senza gloria

Wolfenstein: Cyberpilot, nazisti senza gloria

Sicuramente Bethesda ci ha provato, con la VR. A volte con buoni risultati, altre volte con risultati più discutibili, ma sicuramente è uno fra i pochi grandi publisher ad aver fatto indossare il caschetto a praticamente tutte le sue IP di maggior rilievo. Wolfenstein: Cyberpilot ha più problemi che rose e fiori ma ammetto di essermi preparato a molto peggio.

Innanzitutto, tecnicamente ci siamo. Qualche sbavatura, qualche ambiente più povero di altri, ma nel complesso vengono messi in campo uno scenario sopra la media e una verticalità importante, che ristringe il giocatore e lo getta in qualcosa molto più grande di lui. Parliamo di pochi ambienti, molto controllati, per di più, ma il gioco riesce persino a sbalordire ed è cosa difficile da dire per la maggior parte dei giochi VR.

Meno convincenti le meccaniche di gioco, con delle piccole missioni di puzzle banali e tutorial a fare da apripista a quelle vere e proprie, in cui caos, fiamme e nazisti spiaccicati dovrebbero farla da padrone. Dovrebbero, dico, perché questi nazisti proprio non c’hanno voglia. Di tanto in tanto, ci regalano la gioia di riempire una piazzola ma poi se ne stanno immobili, apatici, quasi depressi. I controlli per fare qualcosa in più ci sarebbero pure, ma sparare non è quasi mai divertente, perché nessuno può emozionarsi davvero, contro delle sagome di cartone. Paradossalmente, quindi, funzionano molto meglio le missioni stealth (o quasi) in cui bisogna aggirare i nemici per colpirli freddamente alle spalle.

Tutta l’avventura, breve, si riduce allora a corridoi da seguire senza alcuna possibilità di scelta, da alternare a queste fiacche sparatorie, nelle quali armi e bagagli, tutto sommato, non è che servano a granché. Sul finale di gioco, si intravede dell’altro (nel finale più fiacco che la storia dei videogiochi ricordi, aggiungo), altro che avrebbe potuto funzionare a meraviglia ma che probabilmente non si è avuto il tempo e la voglia di sviluppare.

Resta la bella sensazione di guidare mech e macchine enormi, resta la bellezza degli scenari e un’attenzione poco virtuale ai dettagli, ma resta anche e sopratutto l’amaro in bocca per un gioco che aveva tutto quanto gli serviva per ergersi sopra la media della VR e che, invece, addormenta ogni entusiasmo con un ritmo bradipico (termine appena coniato, ma non voglio mi si dica grazie) e un gunplay che neanche si alza la mattina.

Sicuramente Bethesda ci ha provato, con la VR, ma forse non ha più l’entusiasmo di un tempo.

Ho giocato a Wolfenstein: Cyberpilot grazie a un codice Steam ricevuto dallo sviluppatore. Ho terminato l’avventura principale in circa due ore, passando qualche brutto momento con il motion sickness. Wolfenstein: Cyberpilot è disponibile su PC e su PlayStation 4. Come al solito, se acquistate il gioco (o qualsiasi altra cosa) su Amazon passando dai seguenti link, una piccola percentuale di quello che spendete andrà a noi, senza alcun sovrapprezzo per voi. Se volete procedere su Amazon Italia dirigetevi qui, se preferite Amazon UK puntate qui.

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