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Spriggan, l'Indiana Jones di menare

Spriggan, l'Indiana Jones di menare

C’è stato un periodo, intorno alla metà degli anni Novanta, in cui Spriggan era “figo”.

Questo a mio parere è solo un altro dei tanti modi di definire cosa fossero, nel bene e nel male, gli anni Novanta.

Diventa mangaka anche tu!

Era disegnato mediocremente da un mangaka che in tutta la sua carriera non riuscirà mai a venire a patti con concetti astratti quali “l’anatomia” e sceneggiato sfogliando la “Grande Enciclopedia delle Bufale Archeologiche” con relativo compendio “Dietrologia for Dummies”.

Ma mentre Hiroshi Takashige faceva un frullatone tra Nazisti, Multinazionali dotate di battaglioni d’elite in grado di sbaragliare le truppe speciali delle potenze nucleari, esseri dotati di superpoteri, vampiri, licantropi, inafferrabili ladre adolescenti e stregoni centenari, e Ryoji Minagawa faceva un mischione di arti mozzati, sparatorie, combattimenti all’arma bianca, metropoli, deserti, rovine sotterranee ed astronavi, entrambi, in perfetta armonia, tenevano al centro della loro opera una quantità quasi tossica di “Rule of Cool”. Per gli anni Novanta, questo era il minimo sindacale.

Archeologia di trappole.

Arriveranno poi gli anni dell’autoironia, della decostruzione, degli eroi che non lo sono veramente e, incidentalmente, di disegnatori e sceneggiatori più capaci ed attenti ai dettagli (o, semplicemente, aumenterà la scelta e potremo fare più confronti). Ma negli anni Novanta, bastava che Yuu Ominae “Lo Spriggan” digrignasse i denti e, dopo essere stato suonato come una zampogna a Natale nonostante la sua bio-armatura a base fibre di Mac Guffin, cominciasse a restituire colpo su colpo per renderci contenti.

Ma, se ci si ferma a pensare alla tiepida accoglienza riservata alle altre opere di Takashige e Minagawa, forse questo non sarebbe bastato. Yuu Ominae “Lo Spriggan” era figo anche perchè era, dichiaratamente, figlio di uno dei personaggi più “cool” del decennio precedente: Enry Walton Jones Jr., detto “Indiana”.

Indiana Jonesu.

Sia in maniera sfacciata, visto che con quella mancanza di ritegno che fa sì che quello che altri ora chiamano “appropriazione culturale” (ussignur!) per i giapponesi è “martedì”, al giovane Ominae rimasto orfano (#nonmeloaspettavo) appiopparono come padre adottivo un avventuriero cacciatore di culture dimenticate con la passione per i fedora ed i giubbotti in pelle. Padre adottivo provvidenzialmente sempre assente, nel caso ci fossero dubbi.

E poi in maniera ANCORA più sfacciata, mandandolo un arco narrativo ogni due (l’altro era completamente dedicato al canonico scontro fantapolitico con truppe speciali/ninja governativi/armi senzienti che era parte del mansionario di ogni eroe shonen anni ‘90) a recuperare/scoprire ogni singolo artefatto mitico e mistico faccia parte dell’immaginario archeologico moderno: Arca dell’Alleanza, Arca di Noe, Sacro Graal, Torre di Babele, Teschio di Cristallo. Quattro su cinque in concorrenza con il Dottor Jones.

L’obbligatoria Arca dell’alleanza.

E tutti, chiaramente, reperibili solo dopo aver rintracciato un documento/monile appena fortunosamente riemerso dalle nebbie della storia e ricercato/posseduto da malvagi con tanto di regolare patentino: due volte i nazisti, una volta uno stregone e due volte mercenari al soldo di poteri occulti. Anche qua: una normale giornata di lavoro per il professor Jones.

Persino parte delle motivazioni che spingevano il giovane oriundo giapponese a cacciarsi in situazioni letali affrontando forze apparentemente soverchianti collimavano con quelle dell’archeologo americano: quella mistura di cazzimma di non accettare che i patrimoni dell’umanità finissero in mano agli indegni e dipendenza terminale da adrenalina.

L’inevitabile Nazi

Ovviamente, dove Spriggan si staccò dal suo padre nobile fu nell’uso e abuso di arti marziali, gun-fu e tecnobubbole cibernetiche ad uso Normali Studenti Giapponesi di Menare con l’etica del “non salvo il mondo, salvo quello che per me è importante”. Del resto erano giapponesi degli anni Novanta, mica ammeregani degli anni quaranta.

Poi, chiaro, laddove riletto ora Spriggan fa tenerezza (senza annoiare o addirittura disgustare, beninteso), Indiana Jones rivisto oggi è ancora sovraccarico di fomento.
La differenza tra narrativa e mitologia.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Indiana Jones, che trovate riassunta a questo indirizzo.

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