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Quando trasformai un anno di stipendi in giochi assurdi per PS2 | Racconti dall'ospizio

Quando trasformai un anno di stipendi in giochi assurdi per PS2 | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Avete presente quando da ragazzini si era costretti a scegliere un gioco, fare all-in a carte coperte su un solo titolo tra quelli recensiti sulle pagine della rivista appena presa in edicola, osservando fino a diventare strabici le immagini e pesando al bilancino le parole dei redattori, per poi masturbarcisi mentalmente, manco fosse un giornaletto erotico d’antan rinvenuto in qualche cassetto della casa dei nonni? È una roba che mette una fame addosso incredibile, un buco allo stomaco colmabile solo finendo le superiori (magari nei tempi giusti, ché io due anni extra per cattiva condotta me li sono beccati) e trovandosi un lavoro, con uno stipendio da buttare per sfogare pulsioni nerd represse da anni. Il rischio però è di fare la fine di quello che, dopo una vita senza squilli, fa 6 al Superenalotto e si compra otto Ferrari più un container di eroina purissima, per poi ritrovarsi in un burrone dopo dieci chilometri sulla 458, con una siringa infilata nel braccio. Che è praticamente quello che è successo al sottoscritto, ma con 1.000 € e una pila di vecchi PSM di fianco al cesso a ispirarmi in una spirale di follia durata circa un anno.

Mmm, interessante questo, me lo ricordo… Chi ha scritto la recensione? Ah, giopep… Mi fido? Vai a sapere…

Bisogna dire, prima di tutto, che PlayStation 2 è stata la mia console dell’adolescenza, quella che ti ritrovi in mano tra gli undici e i sedici anni (insieme a un’altra roba e tanta fantasia), quella che ami alla follia e, se ti prende bene, ti condiziona il tempo libero per il resto della vita. Ed è anche, va da sé, la console che dipende dalle finanze dei genitori e dai voti a scuola (e qui cascavo proprio nella merda di faccia). Potete immaginare, quindi, quanti sassolini avessi nelle scarpe, pronto ad esplodere come Michael Douglas in Un giorno di ordinaria follia, armato di account Amazon e prepagata che eseguiva transazioni ad un ritmo che neanche un AK-47. Disilluso da quello che percepivo come un certo immobilismo di metà settima generazione (prima di scoprire il favoloso mondo di amelINDIE), mi sono lanciato in un’operazione di archeologia videoludica a tappeto, scavando in ordine cronologico tra siti, classifiche, “most underrated PS2 games” e pagine su pagine di carta impolverata. Era diventata un’ossessione, dovevo trovare tutto, TUTTO ciò a cui avevo desiderato giocare da ragazzino, tutto ciò che avevo dovuto scartare in una battle royale mentale. Avevo bisogno di spararmi nella retina quelle idee che, letteralmente sulla carta, avrebbero potuto farmi impazzire, ravvivare il mio interesse, ritorno al passato per rimettere in prospettiva il presente.

Un litro di “idee” in endovena, prepara il laccio emostatico va.

Qualche offerta sulle aste di eBay, carrello pieno su Amazon UK (madonna quanta roba si trova in Inghilterra), e la fregatura suprema di prezzi tendenzialmente contenuti (diciamo 20/30€ di media? Ma anche 10, a volte), data la popolarità incredibile della console, con tirature dei giochi tutt’altro che limitate, anche i più infami. La libreria che comincia a riempirsi di roba senza senso che, ad oggi, non ho ancora avuto il coraggio di toccare e una portinaia che ancora, dopo anni dalla rehab, mi guarda con quegli occhi da *bestemmia a piacere*. E più era roba strana e bislacca, fuori dai radar, démodé, hipster, più godevo nell’averla, atteggiandomi a grande esperto videoludico con la bocca a forma di oliera, sbrodolando conoscenza, come quelli che si prendono i vinili e li appendono alle pareti solo per fare i fighi con gli ospiti. È così che adesso ho in casa roba come Downhill Domination (incrocio tutto matto tra una corsa in mountain bike e SSX), SOS The Final Escape (survival programmato in ferro battuto, in cui la minaccia più grave erano i controlli), Auto Modellista (racing più stiloso della storia ma agghiacciante da guidare), Gregory Horror Show (un po’ il Luigi’s Mansion grottesco di Capcom), Darkwatch (FPS western-gotico-steampunk-CON UN VAMPIRO come protagonista) e MR. MOSKEETO (che è l’antenato di Katamari Damacy nel genere della droga)!

Si finiva in un pomeriggio, da guidare era una merda, ma solo da guardare valeva tutte le sterline che ho sganciato a quell’inglese.

Anche se le spese più grosse erano riservate ai grandi JRPG di nicchia dell’epoca, che costano sempre uno sproposito (picchi di 60€, anche). Roba a cui per gran parte non ho comunque giocato (e che sicuramente non ho mai finito) ma di cui vado più orgoglioso della media, come Suikoden V, Star Ocean: Till the End of Time, Valkyrie Profile 2: Silmeria, Ephemeral Phantasia (TU NO!), la tripletta di Shadow Hearts (che sono delle chicche clamorose) e Breath of Fire: Dragon Quarter.

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO: Sto facendo nomi e cognomi perché chiunque voglia far un’offerta è ben accetto, eh! Anzi, se cercate qualcosa che pensate essere rarissimo, sparate il titolo che al 99% ce l’ho.

Ma ne avrò presi, boh, un centinaio, senza contare due PS2 usate in buone condizioni (una delle due non lo era) e un paio di pad, ché i primi erano arrivati a fine adolescenza tutti marci, stravolti, drenati della voglia di vivere. Devo però ammettere una cosa, per quanto condanni il mio stesso comportamento compulsivo e bulimico: bisogna dire che ho scoperto robe veramente assurde. Quella PlayStation 2, è stata un’era di sperimentazione assoluta, forse ancora più che sullo scatolotto grigio, dove magari gli esperimenti si facevano ma uscivano talmente scassati da essere abbandonati nei cestoni degli Autogrill a mille lire. Dalle major agli studi più piccoli, si provava a tirare fuori la bomba, l’opera che uscisse dagli schemi. La formula del successo era più incerta e ognuno buttava là una teoria, un gameplay, un’idea, che fossero le sparatorie in real time all’interno di uno strategico a turni in Ring of Red, mettersi nella pelliccia di un cane in Dog’s Life (con tanto di olfatto simulato!) o la follia sinestesica di Frequency, inno all’acid house e alla club culture dei primi duemila che diventerà poi la base del rock virtuale in Guitar Hero.

Minchia il gioco del cane! MI SERVE! (avviato: mai)

Ma gli esempi si sprecano, soprattutto guardando al panorama underground, humus che decomponeva gli scarti delle major per poi tornare a nutrirle con idee nuove o riciclate. E tutto sommato, le migliaia di Euro che ho bruciato, alla velocità della Borsa in pieno panico da Coronavirus, si sono trasformate in uno strato mentale di preziosa cultura videoludica. È un po’ come la laurea presa “all’Università della Strada”, che in molti vantano di avere durante l’ora d’aria a San Vittore, solo in un’altra facoltà, quella di “nerd-senza-il-senso-della-misurologia”. Oh, l’importante è vedere il bicchiere mezzo pieno, e soprattutto sperare che PlayStation 5 sia totalmente retrocompatibile con la Storia di Sony, ché qui non ho spazio né televisori adatti per attaccare di nuovo il monolito nero. Quindi pochi cazzi, upscaling senza dio in HD e nuova vita a una collezione che non posso che guardare con affetto e occhi lucidi. Un cerchio chiuso, un ideale abbraccio d’addio tra il fanciullo e l’adulto, il passato e il presente videoludico, passaggio di testimone che vale tranquillamente la spesa (spacciata per investimento). L’ultimo capriccio da accontentare prima di diventare grande, preciso, responsabile quel tanto che basta da convincere qualcuno a pagarmi per scrivere di videogiochi dopo lavoro, cercando di ripianare il debito un articolo alla volta.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai vent'anni di PlayStation 2, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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