Outcazzari

Quackshot mi ha salvato il Natale | Racconti dall'ospizio

Quackshot mi ha salvato il Natale | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Fine dicembre del 1996. Sono passati tanti anni ma lo ricordo ancora bene.

Mancavano una manciata di giorni all’inizio delle festività, ed era l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie. Un giorno lungo, perché dopo le sei ore di lezione al pomeriggio c’era la piscina, che nella prima parte dell’anno scolastico sostituiva la tradizionale ginnastica.

Fare nuoto in inverno non è proprio il massimo della vita. Uscito dalla piscina, avrei dovuto fare un bel pezzo a piedi prima di poter tornare a casa, nel freddo polare, e un paio di giorni prima aveva anche nevicato.

Sulla strada del ritorno, in mezzo a una marea di persone impazzite e piene di sacchetti come se non ci fosse un domani, guardo distrattamente le vetrine, piene di maglioni con le renne e amenità varie in linea con il periodo. L’occhio si ferma su una vetrina in particolare. Si tratta di un negozio di informatica, che vendeva anche console e giochi, impossibile resistere.

In quella piccola vetrina addobbata con palle e lucine natalizie c’era il meglio della produzione videoludica di quel periodo. Da una parte PlayStation (non ancora diventata quello status symbol che tutti ricordiamo) con Crash Bandicoot, Tekken 2, Pandemonium!, Resident Evil e quel Tomb Raider di cui parlavano un po' tutti, dall’altra Saturn (che ancora si difendeva con le unghie e con i denti) con Virtua Fighter 2, Nights, Sega Rally, Virtua Cop e X-Men: Children of the Atom. In un angolino di quella vetrina, trovarono spazio le ultime produzioni a 16 bit. SNES e Mega Drive erano commercialmente morte da un pezzo, ma venivano ancora – seppur limitatamente – supportate. SNES forniva più di un motivo valido alla propria utenza per accendere ancora la console: Donkey Kong County 3 e una miracolosa conversione di Street Fighter Alpha 2, di poco inferiore alle versioni a 32 bit. Purtroppo lo stesso non si può dire per il Mega Drive, che invece vantava una orrenda conversione di Virtua Fighter 2 (di una lentezza seconda solo a quella di Rise of the Robots) e Sonic 3D Flickies Island, che tentava di rinfrescare la formula della saga introducendo una visuale isometrica che regalava un simpatico mal di testa dopo una decina di minuti di gioco. In mezzo, qualche titolo multipiattaforma inutile come Ultimate Mortal Kombat 3, che nessuno si filava più di tanto.

Stavo per andare via, quando vedo un foglio A4 appiccicato sulla porta d’entrata che annunciava una svendita totale-globale di tutti i titoli a 16-bit più vecchi.

Non avevo ancora fatto il salto generazionale verso i 32-bit, quindi mi dovevo accontentare di rispolverare il vecchio Mega Drive ogni tanto in attesa della combo festa + calo di prezzo per poter avere anch’io la console nuova di zecca. Nel periodo da studente, funzionava così. E neanche sempre.

Entro comunque a dare un’occhiata, sicuro del fatto che non avrei comprato nulla, con conseguente sguardo di disappunto dei gestori. D’altronde era un negozietto, mica una di quelle catene multinazionali di oggi con mille reparti diversi.

E invece, succede l’inaspettato. Fra le poche cartucce rimaste, ce n’è una che solletica la mia attenzione. Si tratta di una di quelle cartucce multiple, che contengono più di un gioco. La cartuccia in questione offriva due fra i platform 2D più belli mai realizzati: Castle of Illusion e Quackshot.

Do fondo ai miei magri risparmi e la cartuccia torna a casa con me. E già immaginavo una buona fetta delle vacanze passata su quei titoli, alla faccia dei compiti. Tengo la cartuccia immacolata fino al fatidico giorno, perché tanto sapevo che non avrei ricevuto altri titoli. I maglioni con le renne, invece, non mancavano mai.

Il giorno di Natale, succede quello che non avresti mai immaginato. Alle sei del mattino, squilla il telefono. Una parente stretta è deceduta durante la notte, per cause naturali. Così, all’improvviso. Una di quelle cose di cui ancora non ti capaciti. Quella tragedia inaspettata aveva, logicamente, cancellato qualsiasi voglia di festeggiare e tutti i “piani” natalizi, a partire dal pranzo, erano saltati. I regali rimasero impacchettati sotto l’albero per tre giorni, dovunque mi girassi vedevo lacrime e tristezza. Era normale. Così, il pomeriggio di Natale, rimasi da solo e non trovai altro modo di esorcizzare la tristezza se non quella di giocare a Quackshot.

Quackshot faceva parte di un’ideale trilogia di platform Disney che comprendeva il già citato Castle of Illusion e World of Illusion, con protagonisti Topolino e Paperino, che si “riunivano” dopo aver affrontato da separati le avventure negli altri due titoli. Quackshot aveva appunto come protagonista Paperino, il quale, mentre spolvera la biblioteca di Zio Paperone, trova una mappa del tesoro. Decide così di partire insieme a Qui, Quo e Qua alla ricerca del tesoro, ignaro che Gambadilegno ne è al corrente e cercherà di ostacolarlo.

Vestito come un novello Indiana Jones, Paperino viaggerà in giro per il mondo: partendo da Paperopoli, si sposterà poi in Messico, Transilvania, India, Polo Sud ed Egitto. Il prode papero ha a disposizione una pistola capace di sparare degli sturalavandini (quelli gialli erano delle comuni munizioni, mentre quelli rossi potevano stordire i nemici e quelli verdi permettevano di agganciarsi ai volatili per superare determinate sezioni) e un’altra capace di sparare pop corn e delle strane bolle (credevo fossero di sapone, invece erano di chewing gum). Poi, dopo aver raccolto una certa percentuale di power up a forma di peperoncini, Paperino si arrabbiava di brutto e correva per il livello asfaltando tutti i nemici. Nathan Drake, non sei nessuno.

Quando poco sopra lo definivo uno dei migliori platform 2D mai realizzati, non esageravo. Il titolo era curatissimo sotto ogni punto di vista: dalla grafica, con colori vividi e brillanti e animazioni molto buone (ad esempio quella in cui Paperino veniva colpito dai nemici), alle musiche ritmate e piacevolissime (quella dello stage del Messico mi è rimasta in testa per un bel po') finendo con i controlli, efficaci e molto poco legnosi.

A differenza degli altri platform, i livelli di Quackshot non erano lineari né nella struttura né nella progressione: gli stage erano fondamentalmente composti da due aree, una aperta e una chiusa (in stile dungeon) dove si poteva accedere solo dopo aver guadagnato determinati oggetti. All’inizio del gioco erano disponibili solo tre livelli, completati i quali era possibile accedere alle aree successive.

E, soprattutto, era un gioco divertente. Impegnativo ma mai troppo difficile o frustrante (a parte un paio di momenti da imprecazione), Quackshot era pura magia Disney. Più in generale, quasi tutti i platform targati Disney erano garanzia di qualità. Poi, certo, non tutto era perfetto: alcuni stage erano un filo meno ispirati di altri e alcune sezioni forse erano un po' troppo simili, ma si trattava di un gran bel titolo, con alcuni momenti memorabili (la boss fight con Dracula!).

Un gran bel titolo che riuscì a farmi dimenticare per qualche ora quella triste situazione, salvando, almeno parzialmente, il Natale e i giorni immediatamente successivi. Quell’aria pesante che si respirava a causa del lutto veniva mitigata dal fatto che potevo accendere il 16-bit Sega attaccato ad un piccolo tubo catodico e far partire le avventure di Paperino. Erano ancora i tempi in cui, se volevi finire un gioco di quella generazione, dovevi farlo tutto di filato, imparando i livelli quasi a memoria cercando di perdere meno punti energia possibili e non morire, dovendo rifare il livello dall’inizio.

A Quackshot sono affezionato anche per il fatto che fu l’ultimo titolo per Mega Drive che giocai prima dell’arrivo del bussolotto grigio Sony, insieme al simpatico peramele australiano. Ma questa è un’altra storia.

La mia compagnia dell'Anello

La mia compagnia dell'Anello

Dicembre 2001: Auto pericolose e il figlio di Sparda | Old!

Dicembre 2001: Auto pericolose e il figlio di Sparda | Old!