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L'ultimo ronin è tanto derivativo quanto convincente

L'ultimo ronin è tanto derivativo quanto convincente

Subito dopo aver iniziato la lettura di L’ultimo ronin, volume delle Teenage Mutant Ninja Turtles che avevo intenzione di recuperare da un bel po’, la similitudine con Il ritorno del cavaliere oscuro di Milleriana memoria è stata lampante. 

Entrambe miniserie, entrambe che mostrano un po’ “la fine” dei rispettivi eroi. OK, nel caso di L’ultimo ronin, è la fine di solo uno dei nostri quattro (non vi dico chi, anche se si scopre abbastanza subito), in un futuro alternativo e decisamente distopico dove il Foot Clan e gli eredi di Shredder hanno preso il sopravvento, instaurando una vero e proprio regime autoritario.

Se Miller però non è il progenitore di Batman, l’operazione L’ultimo ronin è basata su una storia scritta Eastman e Laird, i due co-creatori delle Teenage Mutant Ninja Turtles, finita poi successivamente da Tom Waltz insieme al primo del duo appena citato. Una sorta di epilogo - anche se sempre uno dei vari, eh, si tratta di una sorta di “futuro possibile” - per le scorribande della care vecchie tartarughe ninja, che molti di voi probabilmente hanno conosciuto prima in forma di cartone animato e poi successivamente, magari, approfondito recuperando i vecchi comic d’annata.

Le tavole migliori sono palesemente quelle più Milleriane

Ecco, proprio sotto questo punto di vista, L’ultimo ronin è davvero un’opera encomiabile. Basta una semplice infarinatura, anche magari dei labili ricordi delle mattine trascorse col cartoon da bambini, per trovarsi a proprio agio: non c’è bisogno di essere esperti né della lore originale né dei numerosi albi a fumetti ormai usciti preso IDW per conoscere le giuste “coordinate” e orientarsi all’interno del mondo distopico dipinto da L’ultimo ronin, i cui rimandi sono sempre ben mostrati ma mai didascalici. Insomma, se aggiungeva valore al lettore abituale DC Comics che conosceva anche eroi minori come Freccia Verde, qui il fascino - e perché no, il divertimento - di scoprire cosa ha riservato questo strano futuro agli eroi della nostra infanzia è reso ancora più coinvolgente e immediato.

Potrei ancora tirarvela a lungo su come il tratto e certe scelte registiche ricordino, ancora una volta, quella celeberrima opera di Frank Miller, di come anche questo L’ultimo ronin sia allo stesso tempo un “punto finale” e una celebrazione di una serie estremamente longeva, così come altri fortissimi parallelismi nella trama. Uno su tutti che mi piace citare è la realizzazione, per la nostra “Ultima Tartaruga”, di dover abbandonare la solitudine e riscoprire il piacere (e la necessità) di affidarsi a un’aiutante, anche qua - come in Il ritorno del cavaliere oscuro - che è una giovane donna tanto giovane quanto combattiva. E che ovviamente rappresenta la speranza in un futuro quanto mai oscuro e apparentemente disperato, ça va sans dire. Per non parlare del ricorso a continui flashback, qui necessari per comprendere il mutamento di carattere e stile di combattimento della citata tartaruga. 

Il ritmo è serrato, intenso, anche quando si abbandona l’azione più sfrenata.

Ma, se le premesse sono assolutamente derivative, il risultato è comunque convincente. Forse la parte finale trasuda meno ispirazione dell’incipit; forse, archiviata la disperazione per la speranza, L’ultimo ronin perde incisività verso un finale comunque tutto sommato telegrafato. E che nonostante ce la metta tutta, manca dell’epicità - termine che non amo usare ma qui è dovuto - delle tavole finali di Il ritorno del cavaliere oscuro. O forse questa mia impressione è data dal ritmo, sempre e piacevolmente sostenuto, di L’ultimo ronin, che non indugia mai troppo neanche nel descrivere il “mondo futuro” pur di rappresentare con efficacia l’ardore e la voglia della nostra Ultima Tartaruga di farla, finalmente, finita.  

Il finale, che unisce tragedia - o forse meglio dire sollievo? - e, ancora una volta, speranza è abbastanza aperto ma riesce comunque a mantenere l’identità di una “fine” dignitosa, forse un po’ paracula per lasciare la possibilità a dei sequel che, da quel che so, arriveranno proprio in questo mese di marzo. 

L’ultimo ronin troverà forma nuova anche in un videogame che, se da un lato mi incuriosisce - l’ambientazione merita forse di essere approfondita e l’azione proposta è una buona base per un action game quantomeno intrigante - dall’altra mi chiedo come faranno gli sviluppatori a restituire davvero il mood dell’opera a fumetti.

Perché L’ultimo ronin, ancora una volta come Il ritorno del cavaliere oscuro, non è un banale fumetto d’azione. È una storia sì di vendetta, ma raggiunta tra mille intoppi, battute d’arresto, incidenti e ritirate anche rovinose. Una storia sì di speranza, ma che trova questa dimensione solo nelle ultime battute, dopo aver accompagnato il lettore in un racconto fatto di fatica, rancore, dolore e sconfitta. Di lutto, negazione di questo e infine accettazione. Dove la vendetta della nostra ultima tartaruga è una parola “fine” non tanto con il clan del piede, ma con i propri demoni interiori.

Sono moderatamente curioso, anche se un po’ scettico. 

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai ninja, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.

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