Outcazzari

Lessico familiare calcistico

Lessico familiare calcistico

“Fra, ma quando esce il gioco?”

Per mio padre è sempre stato così: il Gioco. Senza rischio che si potesse confondere con le centinaia che escono ogni anno. Da quella massa informe e innominabile, un solo titolo: FIFA.

È così dall’avvento di PlayStation 4: ogni anno, per il mio onomastico (pratica desueta nel resto del mondo ma al sud ancora importantissima), mio padre mi regala FIFA. Nel senso che lo regala a se stesso in occasione del mio onomastico. È uno scherzo tra di noi, quello dei regali interessati. Per anni gli ho regalato libri che mi interessavano per poi leggerli in seconda battuta, come se avessimo bisogno di un’occasione per giustificare la spesa. In realtà no, ma è sempre stato più divertente così.

Associavamo all’uscita del gioco anche una ritualità collaudata da FIFA 15 (il primo uscito esclusivamente sulle console di questa generazione, il 14 me lo mise invece sotto l’albero di Natale). Spedizione al provincialissimo centro commerciale, giro per la Mondadori, l’Apple Store, Harmont & Blaine, Clarks e poi giù da GameStop. Qualche volta, di corsa, abbiamo anche appeso le tappe intermedie per ingerenze lavorative, altre volte per la rottura del Day One un giorno prima, preannunciato dall’arrivo del messaggio di GameStop.

“Pa’, mi è arrivato il messaggio, che faccio, vado da solo?”
”Nono, mo ti accompagno.”

Sono tutte impilate con ordine le une sulle altre, le custodie dal dorso bianco dei giochi di FIFA, svettano nettamente nel buio giallastro illuminato dalla lampada da scrivania. Le piccole imperfezioni mi urtano: una disposizione diversa del logo, il titolo meno centrato rispetto all’anno precedente, piccole, trascurabili, irregolarità.

Quando, un paio d’anni fa, con un video personalizzato, Sony ha permesso di vedere quali fossero i titoli più giocati della collezione, fu con solo relativo stupore che vidi come FIFA nelle sue varie interazioni occupasse tutte e tre le prime posizioni.

Con FIFA, a casa mia, si gioca parecchio e senza nemmeno una volta aprire una bustina di FUT o collegarsi per le stagioni online. Tempi di attesa commutati in sfida. Accendere la Play è il più facile rimedio contro la fame da attesa di un pasto o contro il nervosismo dall’essere i primi pronti per uscire.

FIFA è stato anche il pre-partita, solitamente dell’anticipo del sabato.

Sono le piccole cose che caratterizzano il nostro modo di vivere il gioco. La sua monomania per il Napoli, a dire la verità ormai stemperata con gli anni, in favore delle squadre olandesi prima e inglesi poi, perché “quelli giocano proprio così”, e la mia per le squadre di seconda fascia ma in perfetta forma. Con FIFA 21, per aggiornare la statistica, il suo cavallo vincente è il Bayern Monaco, giustamente. Il rituale scaramantico del non prendere mai il Napoli prima di una partita importante perché “i giocatori si affaticano”. Controllare le statistiche e i giocatori della squadra della suddetta partita importante e magari provarli in partita per vedere cosa aspettarsi. Testare sul campo i giocatori sui quali si rincorrono voci di mercato:

“Chi ti sei preso?”
“Il Lille.”
“E chi ci sta?”
“Mo vedi.”

Non ho mai avuto un rapporto distesissimo con mio padre. Un rapporto schiacciato tra le mie inadeguatezze e quel costante bisogno di approvazione che hanno i figli e del quale non si sa bene quando iniziare a farne a meno. FIFA, negli anni, è sempre stato una livella, una tregua su qualsiasi discussione, un punto d’incontro sportivo nel quale giocarsela alla pari, la maggior parte delle volte.
Quando mettiamo su FIFA, è per porre fine a una questione, per stemperare i toni, deporre le armi per impugnarne altre.

Ci sarebbe poi da dire quanto alla pari, in realtà, considerando come il nostro stile di gioco si sia sposato meglio o peggio con le modifiche apportate al gameplay nel corso degli anni. Non che abbiamo mai tenuto veramente il conto, ma abbiamo apprezzato il modo in cui il gioco tiene il conto del risultato all’avvio di ogni sessione di gioco. L’edizione 2019 è stata completamente a suo favore, mentre la 20 caratterizzata da un mio dominio quasi incontrastato. FIFA 21 lo vedo tragico, per me, a meno che non mettano una pezza alla difesa.

Le sconfitte non riesco a prenderle così bene, quando Lewandoski da solo segna cinque goal.

Così la PlayStation in salotto è diventata perno della casa, aggiornando la posizione rituale del focolare domestico. Davanti a FIFA si può parlare di tutto, anche se spingere l’altro a parlare è una delle tecniche più apprezzate per distrarre l’avversario. I discorsi sono i più disparati, dalle alterne fortune della squadra di ADL al calciomercato, all’università prima e al lavoro poi. Di donne mai, argomento tabu. Di musica, anche se quella è spesso usata come arma:

“Chi sono, questi?”
“I Joy Division.”
“Fanno cacare.”
“E metti qualcosa tu, allora”
(Ieri, ad esempio, mise Pat Metheny.)

In testa alla classifica dei giochi più giocati sulla mia PlayStation c’era FIFA 18, il FIFA dell’anno in cui sono stato via. La cosa mi stupì relativamente. Essere fuori per cinque mesi significava anche aver lasciato la Play nelle mani del mio augusto genitore 2 che, nel gesto di giocare a FIFA anche in mia assenza, cercava di azzerare la distanza che ci separava. Non siamo gente emotiva, non dimostriamo a parole i sentimenti, facciamo cose. Verso l’esterno può essere un problema, ma nel microcosmo della casa non lo è mai stato.

Quest’anno ammetto di averlo messo in crisi:

“Ma quando esce, il gioco?”
“Pa’, spe, vediamo come si mette la questione PS5”

FIFA 20 è l’ultimo gioco in formato fisico che è entrato in casa, anche l’unico nel corso dell’anno ad essere stato a disposizione, a portata di mano, vicino alla Play. Mentre scrivo, sono ancora molto tentato dalla Play all digital, come naturale evoluzione del percorso di digitalizzazione e anche per rispondere all’esigenza di spazio, ma qualcosa ancora mi frena dal salto. Onde evitare di trovarmi con un disco di un gioco nuovo e non avere dove inserirlo, arriva la “rivoluzione”, prendere anche FIFA digitale, contravvenendo alla ritualità dell’acquisto.

Mettiamoci anche un paio di circostanza sfavorevoli quali il Covid-19 e la rottura del mio legamento crociato anteriore, l’acquisto rituale di FIFA è stato l’ultimo dei miei pensieri. Poi, però, è subentrata la noia, lui che occhieggia la TV durante il weekend, accennando un pezzo con la chitarra mentre sto giocando, e allora una sera ho ceduto.

“Pa’, guarda che è uscito, il gioco.”
”E come lo andiamo a prendere?”
”Lo possiamo prendere digitale, lo metto a scaricare stanotte e domani è pronto.”
”Ma la collezione, tutti gli scatolini impilati uno sopra l’altro… ” (mio padre, l’analogico)
”Ma in realtà è più duraturo un acquisto digitale che uno fisico, guarda, uno va qui, preme e scarica e poi lo ritrovi sempre nella Raccolta.”
”Va bene, allora prendilo e poi ti faccio un bonifico.”
”Okkei!”

Ora come ora, non so se questo bonifico sia stato fatto oppure no, ma poco importa.

Questo articolo fa parte della Cover Story pallonara, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

Ottobre 2010 – Prima parte: Meat Boy esplode, i classici tornano  | Old!

Ottobre 2010 – Prima parte: Meat Boy esplode, i classici tornano | Old!

Un caffè nero con Doji

Un caffè nero con Doji