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Disco Elysium fa quello che GTA non riesce più a fare

Disco Elysium fa quello che GTA non riesce più a fare

Ho da poco finito la seconda partita, run, esperienza esistenziale a Disco Elysium. A un certo punto del percorso, intorno al quinto giorno della mia investigazione, durante un dialogo secondario non ricordo neanche con chi, mentre conversavamo di tutt’altro, ho commentato qualcosa a proposito di qualcosa, e le voci che vivono nel cervello di HDB sono esplose in un coro per una volta unanime.

“MACCOSA!” dicevano. “Un comunista come te che sostiene con tanta veemenza il libero mercato?” chiedevano. Persino Kim Kitsuragi, il mio solitamente morigerato partner, ha mollato lì un commentino acido a riguardo.

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Tutto questo mi ha fatto pensare a due cose.

La prima è: che miracolo di scrittura intrecciata e di personalità emergenti che è Disco Elysium. Ci sono momenti del gioco nei quali quattro/cinque/sei sottotrame e informazioni recuperate in giro per il mondo convergono e danno vita a scambi che sono chiaramente pianificati in anticipo, ma che sembrano scritti esclusivamente per te che stai giocando in quel momento. È contemporaneamente un capolavoro di autorialità e probabilmente il videogioco di ruolo più “di ruolo” e personalizzabile ed esperibile come se fosse tagliato su misura in tempo reale da un algoritmo di sempre.

La seconda cosa che ho pensato quando HDB si è dimostrato un comunista sì – e uno serio, impegnato, uno che non si limita a esserlo ma che sta cercando attivamente di ricostruire il comunismo, alla fine sono riuscito a ricostruirne lo 0.00002% secondo il gioco – ma con insospettabili posizioni liberiste almeno su certe questioni, è che una volta queste cose, queste provocazioni, questi colpi bassi che ti fanno rimettere in discussione il tuo sistema di valori anche al di fuori dell’ambiente di gioco, le faceva Grand Theft Auto, e ha smesso di farle da un po’, purtroppo, diciamo all’incirca dall’uscita del V.

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Non voglio stare a spiegare quali sono le evidenti differenze tra il franchise di Rockstar e il (futuro franchise? Che bello sarebbe) di ZA/UM, in termini di ambientazione, gameplay, genere di appartenenza, scala dell’avventura – anche se sarebbe divertente analizzare altrove le convergenze tra Disco Elysium e un altro gioco Rockstar cioè L.A. Noire. Né il fatto che GTA è un’esplorazione esclusiva di certi ambienti criminali in un mondo nel quale le forze dell’ordine e più in generale l’altra parte della barricata esistono solo come funzioni di gameplay, mentre in Disco Elysium si interpreta un poliziotto, in altre parole una delle cinque stellette di GTA. È chiaro che tra le due opere ci sono tutte le differenze dell’universo, ma almeno una cosa in comune ce l’hanno ed è quest’idea che non solo si possa, ma addirittura si debba prendere in giro qualsiasi cosa, che esista un lato umoristico e pure satirico anche nelle tragedie più nere, e che ridicolizzare qualcosa non serva necessariamente a smitizzarla e disattivarla ma possa anche essere un modo per vederla sotto un’altra luce, reinterpretarla e farla uscire rinforzata da questo tritatutto.

GTA fa satira, o prova a fare satira, più o meno da sempre; il suo bersaglio è l’America in tutte le sue espressioni e manifestazioni, dal consumismo selvaggio alla passione per le armi all’individualismo all’incrollabile fiducia nella meritocrazia e nel fatto che chi si sbatte può farcela e chi non ce l’ha fatta è perché non si è sbattuto abbastanza. E ovviamente la posizione di chi gioca all’interno di questa cornice: le armi vendute come caramelle non sono solo una frecciata agli Stati Uniti ma anche una funzione di gameplay, il che significa che chi gioca è coinvolto nel sistema e bersaglio della satira tanto quanto il mondo di gioco. Dopodiché, è vero che GTA è anche e soprattutto le sue maschere tragicomiche, il vastissimo parco di personaggi che si incontrano durante l’avventura e che spesso trascendono i confini del qui e ora per diventare archetipi; ma diciamoci la verità, per ogni cento ore di gioco a un qualsiasi GTA, settantacinque sono passate a girare a caso per la città di turno e godersi l’esperienza, per cui è impossibile non venire bombardati dalla, chiamiamola così, satira ambientale.

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L’apice di tutto questo è arrivato con GTA IV, che era la stessa roba dei precedenti ma vista dagli occhi di un immigrato, una persona arrivata dall’Europa con nella testa questa idea dell’America come terra promessa delle infinite opportunità, e che nel corso della sua non così idilliaca esperienza riusciva anche qui e là a uscire dalle logiche criminali che stanno dietro a tutti i GTA per farci assaggiare almeno in parte la normalità. La satira di GTA IV, che è la più francamente politica dell’intera saga (anche per via dei film a cui si appoggia), colpiva forte perché oltre ai singoli bersagli prendeva di mira l’intero ecosistema-America come ci viene raccontato dai romanzi e dal teatro e da Hollywood e da chissà cos’altro; e non si limitava a sfottere e ridicolizzare e criticare e colpire duro, ma riusciva anche a trovare del buono nei suoi bersagli. Il consumismo è un inutile eccesso a cui ci abbandoniamo con piacere, ma può anche essere, magari a piccole dosi, simbolo di autoaffermazione e di avercela fatta; il sogno dell’immigrato che arriva con una valigia carica di sogni e riesce a riempirla di progetti concreti è una truffa, sì, ma molto spesso, non sempre, non del tutto, e la parabola di Niko Bellic si conclude con una nota di speranza che affiora tra l’amarezza, il cinismo e il tramonto delle illusioni.

In pratica: l’America di GTA IV non è ancora priva di speranza, e sfotterla è un modo per provare a farla reagire. In GTA V il disastro è inevitabile, e l’unica salvezza possibile è quella individuale ed egoista. Con GTA V Rockstar abbandona la satira per gettarsi a pesce sul nichilismo più nero; in GTA V fa tutto schifo, e non è un caso che il personaggio più amato sia uno sfasciato completo che ha capito l’ultima grande verità sull’essere umano: siamo arrivati al punto di non ritorno, quindi tanto vale godersela e autodistruggersi.

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HDB, il protagonista di Disco Elysium, è la creatura più autodistruttiva mai creata in un videogioco. Certo, c’è un omicidio, l’investigazione, la scoperta della verità, ma prima di tutto Disco Elysium è la storia di un tizio che si auto-smonta pezzo per pezzo, e dei tentativi di chi gioca di impedire questa decostruzione o al contrario di assecondarla fino alle più estreme conseguenze. È un gioco di politica interiore innanzitutto, un costante tribunale a più voci che ti chiedono poi di esprimere un’opinione e decidere chi abbia ragione in mezzo alla cacofonia; HDB è contemporaneamente tutti gli HDB possibili, un multiverso di possibilità che vengono via via sfrondate, un percorso che assume una forma definitiva solo sul traguardo. Tutte le voci guardano al mondo, ma ogni voce dà del mondo la sua personale interpretazione; e tutte le voci sfottono il mondo, in un modo o nell’altro.

Non c’è nulla in Disco Elysium che sfugga alla mannaia dello sfottò, compresi tutti quei dettagli apparentemente accessori, la satira ambientale di cui parlavo prima per GTA. La serie Rockstar ha Ammu-Nation, Disco Elysium ha Frittte, con tre T, e dentro Frittte c’è un chioschetto che scambia bottiglie usate raccattate dalla spazzatura o da terra per qualche spicciolo, e che diventa il tuo migliore amico quando stai disperatamente cercando qualche dollaro per pagarti la stanza invece di dormire sotto le stelle. In GTA la criminalità è ovunque, non solo dove te la aspetti, perché è l’America a essere corrotta, non solo la sua gente; Disco Elysium ti fa vivere tutto il gioco con il dubbio che HDB sia in realtà un agente corrotto e al servizio della mafia locale, e se provi a chiedere informazioni in giro il tenore delle risposte è “be’, è probabile, in fondo sei un poliziotto”. L’universo vagamente soprannaturale dove è ambientato il gioco, che a tratti sembra uscito dalla penna di China Mieville, permette addirittura di portare la satira a un livello superiore di surrealtà: per quanto GTA possa diventare assurdo, non ha mai avuto un personaggio talmente ricco da modificare le leggi della fisica e piegare lo spazio-tempo.

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Ovviamente tra le due opere c’è la differenza fondamentale che Rockstar parla dell’America, mentre ZA/UM parla dell’Estonia post-sovietica. Per cui, per dire, comunismo e socialismo in GTA sono quasi assenti, mentre sono parte fondamentale del tessuto stesso della città di Revachol e dell’intero mondo, e sono nel mezzo di una guerra esistenziale contro il libero mercato, il fascismo e il c.d. moralismo (i democristiani di turno); guerra che al contrario in GTA è già stata stravinta da una, forse due (c’è chi direbbe tre) delle parti in causa, condannando le altre all’oblio. Ma c’è anche l’altra differenza fondamentale che, per quanto colpisca duro contro tutte queste visioni, Disco Elysium non le condanna – per quanto alcune siano trattate con più cattiveria e altre con più affetto, ma è impossibile che in un gioco così politico non filtri almeno un po’ di visione autoriale.

Quello che voglio dire è che è vero che Disco Elysium sfotte l’ultraliberalismo tanto quanto sfotte il comunismo (il club del libro marxista non smetterà mai di farmi ridere); eppure non si limita a demolirli senza speranza (il protocollo GTA V), ma al contrario propone la tesi che il problema non è mai nelle idee, piuttosto nella gente (a parte il fascismo, il fascismo è sempre una pessima idea e viene trattato in maniera differente, e credo sia stato inserito più per il LOL che altro). Non c’è nulla di irrevocabilmente rotto nel mondo, siamo noi a rompere certe robe perché siamo esseri umani, non perché non ci sia modo di aggiustarle. E questo lascia spazio a un milione di discorsi più interessanti del “fa tutto schifo” che è diventato GTA – o era, prima di soccombere definitivamente a quello che aveva sfottuto fino a quel momento grazie a GTA Online. Se un giorno dovesse mai esistere un GTA VI, il mio consiglio è di abbandonare la strada ultranichilista del V e guardare a Disco Elysium per capire come si a costruire un mondo che fa schifo, sì, ma nel quale la speranza non è ancora del tutto morta.

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Oh, a meno che non abbiate la certezza assoluta che ha ragione Rockstar e che ormai fa tutto così schifo che non c’è più speranza nel mondo, in tal caso ignorate quello che ho scritto finora.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata alla dimensione politica nei videogiochi (e non solo), che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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