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Con Air è l’apoteosi del popcorn movie tamarro

Con Air è l’apoteosi del popcorn movie tamarro

Se oggi chiedete a un giovincello della generazione Z qual è la pellicola d’azione per eccellenza, molto probabilmente vi risponderebbe menzionando uno dei capitoli di Fast & Furious. Se lo chiedete a qualcuno con qualche anno in più, la risposta potrebbe spaziare da Bad Boys di Michael Bay a una qualsiasi pellicola degli anni novanta con Stallone e Schwarzenegger, compresa I Mercenari.

Se lo chiedete a me, la pellicola action più tamarra mai prodotta, da guardare con una ciotola di popcorn e una bibita gassata – rigorosamente a cervello spento – è Con Air.

Uscito qui in Italia alla fine di agosto del 1997 (quasi venticinque anni fa!) e un paio di mesi prima nella madre patria, gli Stati Uniti, il film aveva come protagonista Nicolas Cage, in un periodo in cui il buon Nic era ancora un attore libero dal dover recitare in qualunque film per poter pagare i debiti e che, nella versatilità della sua filmografia, era passato dal vincere l’Oscar in Via da Las Vegas adinanellare nel giro di due anni ben tre pellicole action: The Rock, appunto Con Air e il successivo Face /Off.

Diretto da Simon West, Con Air vedeva Cage nel ruolo di Cameron Poe, un ranger che dopo aver fatto ritorno a casa finisce nella più classica delle situazioni da film di genere: tre balordi in un bar infastidiscono la moglie incinta, lui s’arrabbia e finisce che ci scappa involontariamente il morto. Siccome la giustizia premia sempre i criminali e punisce gli onesti che si trovano loro malgrado in mezzo a situazioni del genere, Poe viene condannato a otto anni di prigione, che sconterà senza poter veder nascere la figlioletta.

Otto anni passano velocemente, Poe li sconta senza batter ciglio – “l’unica prigione è quella mentale” – e vede sua figlia crescere attraverso le foto che gli manda la moglie insieme a dei dolci rosa al gusto di cocco che, a suo dire, lo rendono molto popolare fra gli altri detenuti. Arriva finalmente il tanto atteso giorno della scarcerazione – che guarda caso coincide con il compleanno della figlia – ma Poe prima di poter riabbracciare la famiglia dovrà farsi un viaggio in aereo con i peggiori criminali di tutto il paese. Cosa mai potrebbe andare storto?

La platea dei criminali è vasta, e a interpretarli troviamo un cast stellare, fra cui spiccano Danny Trejo, Ving Rhames, Steve Buscemi e John Malkovich.

Proprio il personaggio interpretato dal luciferino Malkovich, Cyrus “The Virus” Grissom (tristemente tradotto come “vaiolo” nel doppiaggio italiano) è l’organizzatore di un piano per prendere il controllo dell’aereo insieme agli altri criminali e volare verso un paese senza estradizione. Ma non hanno ovviamente fatto i conti con Poe, che finge di stare al gioco per poter sabotare il piano e tornare dalla sua famiglia, e per salvaguardare l’amico Bimbo (che solo tempo dopo ho scoperto essere interpretato dallo stesso attore che ha dato il volto al Bubba di Forrest Gump), che necessita urgentemente di un’iniezione di insulina per non morire, e l’agente Sally Bishop, oggetto delle attenzioni di Johnny 23, personaggio altamente disgustoso interpretato da Danny Trejo.

Prima di proseguire, urge sottolineare una cosa importante: il film funziona soprattutto e prima di tutto perché non si prende mai e poi mai sul serio. Non c’è mai drammaticità nelle scene, anche quando qualcuno ci lascia le penne, ma tanta ironia, azione a palate, le solite frasi da duro che diventano subito dei tormentoni, tipo “Ci sono solo due persone di cui mi fido: una sono io, l'altra non sei tu”, personaggi che sono delle caricature ambulanti e stereotipati fino all’inverosimile (alcuni, come il serial killer Garland Greene interpretato da Steve Buscemi, sono anche un filo poco credibili) e il solito cocktail presente nei film di genere, fra esplosioni (in un paio di scene si vede anche Cage correre al rallentatore salvandosi, prevedibilmente, all’ultimo minuto), sparatorie, botte da orbi e esagerazioni di ogni tipo, come una macchina agganciata all’aereo che prende il volo o l’atterraggio dello stesso aereo in pieno centro a Las Vegas.

Il simbolo di quanto poco il film si prenda sul serio è rappresentato dal coniglietto di pelouche che Poe ha preso come regalo di compleanno per la figlia, che diventa un elemento ricorrente dall’inizio alla fine della pellicola.

E poi, fattore fondamentale, il film, dopo la parentesi iniziali che introduce il personaggio di Poe, mantiene un’andatura veloce e costante, non togliendo mai il piede dall’acceleratore fino alla fine, in cui, come di può facilmente prevedere, dopo la resa dei conti con Cyrus, Poe riabbraccia finalmente la famiglia e la libertà.

A Con Air sono affezionato soprattutto perché è un film legato a quel periodo adolescenziale in cui si usciva la domenica in gruppo e si andava al cinema scegliendo un film completamente a caso, l’importante era che fosse il più divertente e spensierato possibile, a maggior ragione in una domenica di fine agosto che vedeva il ritorno a scuola avvicinarsi a grandi passi.

E Con Air – che tra l’altro i suoi venticinque anni se li porta benissimo – non voleva essere nulla di più rispetto a quello che effettivamente era: un film fracassone e divertentissimo, dove il buono che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato e viene punito ingiustamente, ha l’occasione di riscatto facendo la cosa giusta e sgominando i cattivi. Niente di più, niente di meno.

È notizia recente che Cage abbia finito di pagare i debiti e possa finalmente tornare nel giro che conta, e allora spero vivamente che qualcuno gli proponga di girare un Con Air 2 ancora più action e casinista del primo (che tra l’altro all’epoca fu un notevole successo commerciale, incassando il triplo di quant’era costato). Ovviamente indossando ancora lo stesso parrucchino improponibile, sempre sulle note di Sweet Home Alabama.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata alle gioie del volo, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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